E così il Natale è arrivato anche quest’anno.
Gli alberi addobbati, le luci colorate, i biscotti caldi nel forno. Ci sono anche le canzoni alla radio, la lista dei regali da chiedere a Babbo Natale e i lunghi pranzi con amici e parenti. Gioie per alcuni, dramma per molti altri.
Ma se c’è una cosa che ogni anno mette d’accordo proprio tutti - belli e brutti, buoni e cattivi - è la cosiddetta Settimana Santa.
Lo so che l’originale è quella che precede la Pasqua, ma fidatevi di me, non sto facendo confusione.
La Settimana Santa è la settimana che abbraccia le festività natalizie, i bellissimi giorni dove oltre che a sfondarsi di cibo e canditi, si è anche dolcemente costretti a cedere alla potente magia Disney. Quando lo spirito del buon vecchio Walt fa ritorno tra i vivi per sguinzagliare i suoi più grandi classici animati e far salire la glicemia a grandi e piccini.
Chi sono io dunque per non cedere a questa massiccia dose di delicati ricordi d’infanzia?
La strega cattiva, ecco chi sono!
La volete una bella mela rossa?
Se è vero però che a Natale si è tutti più buoni, perché Walt ci fa questo?
Perché oltre che a liberare Biancaneve, la Bella Addormentata e Mary Poppins, ci spedisce puntuale i fantasmi dei Natali passati, presenti e futuri?
Ogni anno lo stesso ritornello.
Dire Buon Natale
Dire Buon Natale
Un Canto!
Già, "Il Canto di Natale di Topolino".
Ebbene sì.
La storia la conosciamo tutti.
L’ha raccontata Charles Dickens nel 1843, e per quante favole o storie o romanzi siano stati scritti da allora sul Natale, "A Christmas Carol " resta senza dubbio la più bella e commovente di tutte.
C’è un vecchio di nome Ebenezer Scrooge, attaccato ai soldi e a poco altro.
Ed è proprio la sua conversione a benefattore la vera protagonista - che avviene proprio la notte della vigilia di Natale - grazie alla visita di tre spiriti “rivelatori”: lo Spirito del Natale passato, presente e futuro.
Come poteva quindi la Disney perdersi un’occasione del genere per far piangere, generazione dopo generazione, l’intera popolazione mondiale?
"Il Canto di Natale di Topolino" esce nel Regno Unito nel 1983 e da allora non ha ancora smesso di mietere vittime e spremere i cuori anche dei più impavidi spettatori.
Esce come cortometraggio animato della serie di Mickey Mouse e, ancora oggi, guardarlo è come incontrare cari amici di giochi.
C’è Paperon de’ Paperoni nei panni del vecchio e tirchio Scrooge, Topolino in quelli del povero contabile Bob Cratchit e il sempre buffo Pippo nel ruolo del defunto Jacob Marley, ex socio in affari di Scrooge.
C’è Paperino, il Grillo Parlante, Paperina e perfino Gambadilegno.
Ed è come sfogliare un vecchio numero di Topolino, solo con più lacrime e voglia di veder scendere la neve dal cielo.
Non è Natale senza "il Canto di Natale di Topolino".
Senza il povero Timmy che, assieme alla famigliola in miseria, scende le scale con la sua piccola stampella di legno.
Non è Natale senza Paperon Scrooge che assieme allo Spirito del Natale Futuro vede sempre il piccolo Timmy morire di stenti.
Non è Natale senza Paperon Scrooge che si ravvede e alla fine dei commoventi - quasi allegramente strazianti - trenta minuti, dà un aumento a Topolino Cratchit, regalando gioia e speranza a tutti quanti.
Non è Natale senza tutto questo.
E lo dico col fazzoletto in mano mentre mi riguardo, per la seconda volta in una settimana, questo piccolo capolavoro animato. Curato nei minimi dettagli, dai dialoghi alla potenza disarmante di una storia così semplice che parla da sola. Sono trenta minuti di delicata bellezza che meritano di esser guardati e adorati almeno una volta all’anno.
Forse non è il Natale a far tutti più buoni, ma la stessa Disney.
Perché tornare bambini in questo modo è un po' diventare degli adulti migliori.
Ma questo ce lo dice Dickens da quasi duecento anni, no?
Non so se tutto questo faccia un magico effetto solo su di me, ma sta di fatto che "il Canto di Natale di Topolino" è un abbraccio caldo, un bicchiere di latte prima di andare a dormire.
È il continuare a credere nelle favole, anche quando non si è più piccini.
Rifaccio allora la domanda.
Chi sono io dunque per non cedere a questa massiccia dose di delicati ricordi d’infanzia?
Una bambina.
Una bambina felice che si addormenta canticchiando una canzone…
"Oggi il natale porterà gioia e serenità
senti un lieto scampanare simbolo di felicità
Senti nell'aria la magia l'ottimismo l'allegria
e felici con gli amici siamo in festosa compagnia
se la neve fiocca già ed i tetti coprirà
nelle case unita sia la famiglia e l'armonia
oggi il ricco porterà cibo e doni a chi non ha
se puoi toglierti di più vai e portali anche tu
sempre più sempre più
ad ogni dono che farai più felice tu sarai
quanta gioia ti darà dire buon natale
dire buon natale
dire buon natale
un buon natale ognun avrà! "
E adesso, portatemi degli altri fazzoletti!
© Mara Munerati