Negli anni ‘80, il maggior vanto di cui uno poteva lodarsi non era la quantità di sbronze o il numero di ragazze rimorchiate. Ancora meno lo era il voto scolastico, la prestanza fisica e l’appartenenza a qualche squadra di calcio.
No, a quel tempo il prestigio si valutava dal numero di volte che avevi visto “The Blues Brothers”. Perché, sempre in quegli anni, funzionava così: il film lo vedevi al cinema. E basta.
Per rivederlo dovevi chiuderti in bagno e aspettare la seconda proiezione oppure tornare il giorno dopo ed eventualmente attendere che finisse in seconda visione, in qualche cinema di periferia. Più avanti sarebbero arrivati i VHS e poi i DVD e poi internet e poi…adesso.
È davvero necessario parlarne? Non credo, basti dire che il film occupa un posto di rilievo nella storia del cinema grazie ai due protagonisti, Belushi e Aykroyd e ai numerosi cantanti e musicisti che ne fanno parte.
I due interpretano rispettivamente i fratelli Jake "Joliet" Blues e Elwood Blues, personaggi che erano già apparsi nel celebre show televisivo statunitense Saturday Night Live.
Nel film organizzano una riunione del loro gruppo blues per fare concerti e salvare dalla chiusura l’orfanotrofio nel quale entrambi erano cresciuti. Fu un successo strepitoso e la pellicola conquistò il Guinness dei primati per la scena con il maggior numero di incidenti d'auto.
I due interpretano rispettivamente i fratelli Jake "Joliet" Blues e Elwood Blues, personaggi che erano già apparsi nel celebre show televisivo statunitense Saturday Night Live.
Nel film organizzano una riunione del loro gruppo blues per fare concerti e salvare dalla chiusura l’orfanotrofio nel quale entrambi erano cresciuti. Fu un successo strepitoso e la pellicola conquistò il Guinness dei primati per la scena con il maggior numero di incidenti d'auto.
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Ora, io ricordo bene quando potevo vantarmi di averlo visto per nove volte. Poi arrivai a tredici, ed ero quasi imbattibile. Però un giorno incontrai un tizio che si diceva l’avesse visto per trentatre volte e secondo me per farlo doveva essersi fermato in tutte le proiezioni e per più giorni. Quando nel 1992 Cab Calloway venne a cantare al Teatro Romano di Verona e intonò “Minnie the Moocher”, un tipo accanto a me si alzò gridando: “Caaab! Cinquantasette volte l’ho visto quel film”.
Accidenti…cinquantasette volte, capite?
“Vaffanculo” dissi sottovoce.
Comunque il record glielo lasciai volentieri, a lui e a tutti gli altri. Per molto tempo me ne dimenticai, e fu solo nei primi anni del duemila che tornai ad affezionarmene, introducendo i miei figli alla visione.
Infine, anche se pare essere un classico film di Natale, l’ultima volta che l’ho visto è stata una sera d’estate di due anni fa, insieme a mio figlio e ai miei genitori di 80 e 90 anni, che non l’avevano mai visto.
Comunque il record glielo lasciai volentieri, a lui e a tutti gli altri. Per molto tempo me ne dimenticai, e fu solo nei primi anni del duemila che tornai ad affezionarmene, introducendo i miei figli alla visione.
Infine, anche se pare essere un classico film di Natale, l’ultima volta che l’ho visto è stata una sera d’estate di due anni fa, insieme a mio figlio e ai miei genitori di 80 e 90 anni, che non l’avevano mai visto.
Si sono divertiti un mondo, e per me questo record non me lo frega nessuno.
© Paolo Perlini