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L’ormone gioca brutti scherzi anche se non siamo in primavera.
E se è Benedict Cumberbatch la causa di tutto questo, beh, in questo periodo non c’è altra scelta che seguire il primordiale impulso e recarsi al cinema.
"Qualcuno chiami un Dottore!" devo aver pensato dopo i primi quattro minuti di visione di "Doctor Strange", ultima pellicola Marvel Cinematic Universe in sala dal 4 novembre, che vede appunto come protagonista il bello e capace Cumberbatch (ok, basta con i complimenti).
Non sono una fan sfegatata di supereroi salvamondo, paladini delle galassie e guardiani di universi paralleli, ma il loro fascino finisce puntualmente per farmi rispondere “perché no?” quando qualcuno mi invita al cinema a guardare uno di questi film – vi posso garantire che, di base, è un ottimo antidepressivo.
Non leggo nemmeno fumetti e per questo motivo, forse, vi starete chiedendo “perché dannazione scrivi una recensione sul Doctor Stange?”, ma sono qui per difendere la categoria di tutti quelli che non ne sanno niente e “ci provano lo stesso.”
Ma partiamo dal principio.
Il Dr. Stephen Vincent Strange, o solo Doctor Strange, è un personaggio dei fumetti creato da Steve Ditko pubblicato da Marvel Comics negli anni ‘60 (sì, va bene, qualche informazione me la sono fatta dare dall’amico nerd di fiducia).
Dicevo.
Stephen Strange è un famoso neurochirurgo, superbo e arrogante, che in seguito a un terribile incidente d’auto è costretto a dire addio alla sua carriera. Chi legge i fumetti Marvel o anche solo guarda i film tratti da questi, sa benissimo che il mondo di cui si parla è un mondo in pericolo che ha bisogno di supereroi, dove i cattivi sono cattivissimi e vogliono quasi sempre conquistare o dominare tutto e tutti. Anche "Doctor Strange" non è da meno.
Ok, insomma, la storia è forse simile a tante altre. Un protagonista un po’ sbruffone che prima è un dio, poi per "Xmila" motivi di sfiga intergalattica precipita nell’oblio, incontra il saggio di turno (in questo caso a Katmandu), “oddio allora non ho capito niente della mia vita”, la rivelazione, i poteri, la consapevolezza e poi la trasformazione nel salvatore dell’universo.
Tutto da copione. Quale allora la sostanziale differenza?
Magia!
Proprio così.
Incantesimi e pietre dai poteri cosmici. Perché di maghi e stregoni non si è mai sazi. Se uniti ad arti marziali, mistiche e spirituali, il risultato arriva a esser più che sorprendente, soprattutto sul grande schermo.
“Harry Potter fatti da parte!”
Per farla breve, non è tanto la trama a fare di questo film una grandiosa riuscita cinematografica, quanto gli effetti speciali e il mondo “magico” che il regista Scott Derrickson è riuscito a riprodurre.
Psichedelia allo stato puro. Ambientazioni uscite direttamente dalla mente di Escher. Scale infinite, trip mentali (NON assumete droghe PRIMA DELLA VISIONE IN 3D) e colori schizzati fuori direttamente dagli anni ’60. Il tutto introdotto dalle superbe schitarrate di "Interstellar Overdrive" (dall’album ‘The Piper at the Gates of Dawn’) dei Pink Floyd all’epoca ancora capitanati da Syd Barrett.
Non vi serve sapere molto altro per precipitarvi subito al cinema.
Volete sapere chi interpreta chi?
Di Benedict Cumberbatch ve ne ho già parlato all’inizio (non continuate a far parlare il mio ormone, di grazia).
Non vi ho però detto di Tilda Swinton nella parte dell’Antico (il saggio di cui sopra che fa diventare un super stregone Stephen Strange), di Benedict Wong nella parte di Wong (dieci cuori per questo adorabile personaggio) e Mads Mikkelsen nei panni del cattivone.
E poi altri stregoni, guardiani e simpatiche Cappe della Levitazione… ah, non sapete che cosa sono? Quindi nemmeno l’Occhio di Agamotto… (chi ha letto i fumetti, non faccia il saputello e taccia a questa domanda).
Smetto di giocare con la vostra curiosità e concludo dicendo che sì, vale davvero la pena andare a vedere questo film.
Anche solo per indovinare che cosa sta leggendo sull’autobus Stan Lee…
Ma vi sto raccontando anche troppo!
Lasciatevi stregare e se avete bisogno di un Dottore, chiedete di Stephen Strange.
Buona visione!
Ps: mi raccomando, aspettate la fine dei titoli di coda… TUTTI QUANTI! (sì, ok, anche questa cosa me l’ha spiegata il mio amico nerd).
© Mara Munerati