"No trouble no mind in my mind 'Cause you're kind Sometimes you make me cry” - Jennifer Gentle
Ciao Andrea, benvenuto tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie e ci piacerebbe conoscere la tua. Quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo?
Fino a poco tempo fa la mia risposta a questa domanda indicava il momento in cui ho iniziato il primo progetto personale di illustrazione: ho illustrato delle vecchie poesie che avevo scritto da ragazzino, circa 4 anni fa. Mi è capitato spesso di pensare da dove questa mia passione sia nata, più ci penso e più ricordi ritornano. Mi sono reso conto che sono sempre stato attratto dalle immagini, cercando di produrne di mie. Alcuni di questi disegni li ricordo ancora bene e mi stanno aiutando tutt’ora a capire meglio me stesso e il modo in cui voglio raccontare con i miei disegni.
Ti va di spiegarci cosa ti ha portato a scegliere questa citazione da illustrare?
La citazione è circa metà del testo di una canzone dei Jennifer Gentle, non vuol dire molto, ma è una di quelle canzoni che ho conosciuto anni fa e che ogni tanto mi torna in mente, la riascolto ed è come ritrovarsi con un amico lontano. La trovo una canzone molto semplice, prodotta magistralmente, ma comunque una sorta di ritornello rotante. Questa semplicità la trovo perfetta per descrivere la leggerezza, il non pensare a nulla per qualche istante, trovarsi a galleggiare in mare guardando il cielo.
Ho provato le stesse sensazioni leggendo "Tre uomini in barca" (per non parlare del cane) di Jerome K. Jerome, un romanzo che mi ha fatto morire dal ridere e che esattamente come la canzone è un vecchio amico che ogni tanto vado a ritrovare.
Diciamo che c’è stata questa grande sinestesia dietro, chissà se qualcuno che conosce entrambi senta le stesse cose.
I tuoi soggetti sono delimitati dagli stessi colori che li compongono. Hanno contorni fluidi e sono caratterizzati da contrasti vividi e inconfondibili. Il tuo stile è sempre stato su questi binari o hai provato diverse strade prima di stabilirti su questa?
Ho cercato di evitare di disegnare i contorni per tantissimo tempo. Inizialmente perché trovavo più interessanti le forme che mi suggeriva la tecnica stessa mentre disegnavo. Sapevo cosa volevo disegnare e cominciavo da una macchia omogenea per poi seguire quello che “vedevo”. Il problema era che spesso gli ingombri e la composizione dell’illustrazione ne risentivano, anche pesantemente, ancora adesso a volte mi trovo a metà del lavoro e capisco che qualcosa non torna nella disposizione degli elementi, oppure che vorrei aggiungere un dettaglio, quindi riparto dal principio. Una volta che ottengo la composizione che voglio ricalco la bozza e comincio a riempire con il colore o con le matite. Sono partito con il bianco e nero, poi mi sono scontrato con il colore che ha regole completamente diverse.
La penso come una sfida continua, dopo ogni passo avanti che faccio con una palette la cambio, per capire come interagiscono tra di loro le tinte e per lavorare sui contrasti che le loro relazioni creano. Il non disegnare un contorno rende tutto più difficile, ma non ci riesco, non mi piace quello che ne esce altrimenti.
Del resto quello che vediamo con i nostri occhi non ha veri contorni.
C’è un autore in particolare che ha illuminato o che ancora illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
Ce ne sono veramente tanti e ce ne sono stati ancora di più. Ogni tanto qualcosa mi si attacca addosso e lo seguo, vedo dove mi porta, poi cerco di separarmene per vedere cosa rimane. Ognuno di loro aggiunge qualcosa, come un ingrediente nel mio disegno. Essendo molto critico sui miei lavori trovo di aver avuto per troppo tempo pochi ingredienti, ora sto sperimentando tanto e finalmente riesco a concentrarmi solo sul mio segno. Per quanto riguarda invece la narrazione, il mio cuore appartiene a Buzzati, Borges, Gorey, Poe e Mark Danielewski, ma anche qui potrei fare un elenco infinito.
Nei tuoi lavori si alternano molteplici figure antropomorfe e animali più o meno consueti. Fanno parte di una dimensione parallela o vivono in mezzo a noi? Cosa puoi raccontarci di loro?
Uno degli aspetti che trovo più affascinanti della tecnica a matita è quella di riuscire tramite i chiaroscuri a descrivere i volumi che rendono alcune parti del disegno “reali” e di come si possa giocare con questo effetto. Il motivo per cui mi piace utilizzare questa tecnica per soggetti angusti, inquietanti è perché questa possibilità di farli sembrare organici e reali aumenta l’empatia che si crea con chi lo guarda, esaltano il terrore. Questo potere è un lato che trovo interessantissimo del disegno. Perché la serenità è data dalla semplicità e il terrore dalla complessità del segno?
Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?
Non riesco a stare senza musica, non perché mi dia fastidio il silenzio, ma perché se non c’è finisco per cantarmela in testa.
Un esempio perfetto per capire come funziona il rapporto tra le mie illustrazioni e la musica è proprio il disegno che ho fatto per voi.
Ogni immagine per me ha una sua colonna sonora, generalmente non serve mai esplicitarla per i lavori che faccio, ma per me è qualcosa di automatico. Credo che nasca dalla mia passione per le copertine dei dischi dove un’immagine è il volto dei brani al suo interno e viceversa se ascolto una canzone la immagino con i colori della sua copertina.
Chiudiamo con un classicone e, intanto, ti ringraziamo per la disponibilità: progetti futuri? A cos’altro stai lavorando?
Sto cercando di approfondire la tecnica dell’acrilico, del disegno di grande dimensione. Fa evolvere il mio modo di disegnare e lo trovo molto liberatorio. Per quanto riguarda i progetti, oltre a commissioni di vario genere, sto cercando di ottenere più occasioni possibili per fare murales, aspetto che vorrei diventasse parte integrante del mio lavoro. Incrocio le dita e vi saluto!
Grazie Andrea e in bocca al lupo per i tuoi progetti!
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