"No trouble no mind in my mind 'Cause you're kind Sometimes you make me cry” - Jennifer Gentle
Ciao Gabriele e benvenuto tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie e ci piacerebbe conoscere la tua. Quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo?
Intanto vi ringrazio per questo invito, amo molto il modo in cui pescate bellezza in questo grande mare e la restituite dandogli ancora più valore. Mi domando se conoscere la mia storia possa avere una qualche utilità per chi ci legge, ma accetto la sfida, metto da parte la timidezza che mi contraddistingue e provo a saziare la vostra curiosità!
Nei miei ricordi disegno da sempre e non credo di aver mai smesso, ma in questo non mi distinguo da tantissimi altri che come me, da bambino, mangiavano più carta e colori che merendine e caramelle.
Ricordo che i miei genitori erano abituati a portare sempre con loro tutto l’occorrente, in qualsiasi momento o luogo in cui ci trovavamo sapevano davvero come farmi stare buono per delle ore!
Ero un classico bambino riservato che amava molto passare del tempo da solo. Non mi annoiavo mai e più disegnavo, più mi rendevo conto che disegnavo, sopratutto, per capire il mondo che avevo attorno. Il foglio di carta non era solo un luogo dove sfogarmi, era i discorsi che facevo a me stesso, era uno dei modi possibili per progettare, analizzare, costruire le architetture della mia fantasia; uno spazio di luce in cui poter essere veramente sincero, più che con le parole, sperimentando la mia “verità”. Adesso le cose sono cambiate, e anche di molto. Ma credo che il principio che mi spinge a disegnare, in fondo, sia sempre lo stesso: conoscere me stesso!
Ti va di spiegarci cosa ti ha portato a scegliere questa citazione da illustrare?
Ultimamente sono un po’ ossessionato dalla figura del cavaliere, del guerriero interiore, temi che mi stanno a cuore e che sono al centro di una ricerca che porto avanti dallo scorso anno e spero sfoci presto in un progetto di teatro di figura. Così, un po’ per caso, mi sono imbattuto in queste poche rime estratte da splendida filastrocca di Gianni Rodari su Don Chisciotte. Ne sono rimasto stregato. Rodari ha il dono di parlare un linguaggio semplice ma nello stesso tempo carico di significato, ha il sapore di una scrittura felice, di una poesia gioco; la prova che le cose belle e vere non devono essere necessariamente complicate.
I tuoi acquerelli sono inconfondibili è impossibile da dimenticare. Dipendenza istantanea per gli occhi. Hai una predilezione per questa tecnica? Come ti ci sei avvicinato?
In realtà pratico questa tecnica da poco tempo e ho ancora tantissimo da imparare! Gli acquarelli hanno potenzialità infinite ma sono difficili da governare. Si sbaglia regolarmente, ma da quegli errori possono nascere sempre nuove idee, il bello sta proprio in quella dose di casualità che li contraddistingue. Il primo ad iniziarmi a questa tecnica è stato il mio maestro Guido Scarabottolo che ringrazio per la fiducia immensa che mi ha regalato dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti. Lui mi insegna a ricercare fino allo sfinimento la sintesi più pura del segno, che passa da innumerevoli tentativi ma sopratutto dalla calma, dal sorriso. Ma un’altra maestra è senz’altro Chiara Carrer che mi ha sempre spinto a superare i miei apparenti limiti, e ha visto in me quello che non ero capace di vedere, anche è sopratutto con questa tecnica tanto speciale.
C’è un autore in particolare che ha illuminato o che ancora illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
Ce ne fosse solo uno o una! Sono troppe le fonti di ispirazione, e anche se può sembrare sdolcinato, i primi ad illuminarmi, prima ancora dei grandi nomi, sono i miei colleghi illustratori, gli amici con cui ho condiviso e condivido un percorso così intenso da anni. Loro mi insegnano la dedizione, la ricerca perpetua, sono per me maestri. Quello che esce dalle loro mani ha la freschezza di chi è innamorato di un mestiere e ne vuole fare la propria vita. Poi ci sono quegli autori che hanno impresso su di me dei segni indelebili come Luzzati, Mattotti e Calvino, che mi fa ridere e mi fa piangere e infiamma ininterrottamente la mia immaginazione.
A Platone devo il senso di tutte le cose, a Paul Klee la poesia visiva. Ma poi Munari, Rodari e Hermann Hesse e ad oggi, tra i giovani autori di immagini, uno in particolare, il mitico Francesco Chiacchio che mi fa letteralmente perdere la testa. Provo un’enorme stima per il suo lavoro che è ispirazione magica per me ogni giorno.
I tuoi soggetti sembrano raccontare favole familiari. Da dove ne trai ispirazione e come la trasponi sul foglio?
Non sono in grado di dare una risposta precisa perché lavoro su timbri sempre un po’ diversi in funzione del progetto o dell’argomento che tratto. Però è anche vero che molti elementi ritornano perché appartengono oramai ad un mio immaginario personale. Guardo moltissimo, elaboro e sono in costante ricerca ma ho un chiodo fisso: credo nella forza delle immagini e nella sete di bellezza e per questo mi ostino a rappresentare universi che siano il più possibile felici, che appartengano a tutti. Non amo essere autoreferenziale, non mi piace parlare dei fatti miei, non è qualcosa che mi interessa. Cerco continuamente di parlare un linguaggio comune scovando il cuore delle cose e non so se mai ci riuscirò ma credo che l’illustrazione possa davvero farlo, ha questo dovere verso gli altri, oggi più che mai. La bellezza è sempre utile.
Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?
La musica è un pezzetto indispensabile della mia vita, ho sempre suonato senza saperlo veramente fare, ma continuo a strimpellare e improvvisare sopratutto per me. Nella musica si può davvero vivere quel distacco dalla realtà e iniziare un viaggio che non deve necessariamente portarti in un luogo preciso. La musica è creazione nel presente ed è impalpabile (a differenza del disegno) ma ti cambia ugualmente, ti trasforma e dopo non sei più lo stesso. Certamente la musica ha influenzato e influenza il mio lavoro, ma preferisco immaginarle come due arti separate, quando suoni o semplicemente ascolti metti in funzione altre capacità, altre facoltà. Poi succede di disegnare musicisti e lì non ci si capisce più niente!
Chiudiamo con un classicone e, intanto, ti ringraziamo per la disponibilità: progetti futuri? A cos’altro stai lavorando?
Adesso mi sto dedicando totalmente al mio progetto di tesi e spero di mettere sù un vero e proprio spettacolo di marionette per raccontare un nuovo episodio dell’Orlando Furioso, tutto da inventare ma che parli di Guerre, Battaglie e Amore… per se stessi, un Orlando Risvegliato! Io ringrazio voi per la bella occasione e spero di non avervi annoiato!
Grazie Gabriele, noi continueremo a seguirti:
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