(c) grafiche di Martina Masottii - illustrazione di Alessandro Ferioli
“Ci credi a Babbo Natale?”
Il bambino mi guarda con tristezza.
Grigio e vento freddo a incorniciare un volto di paura e rassegnazione. Forse non mi ha capito, forse il modulatore vocale per uniformare il mio linguaggio non funziona bene.
Giro una piccola rotella alla base della mia cintura ma no, dovrebbe essere tutto ok.
“Ci credi a Babbo Natale?” chiedo di nuovo, perdendomi nei suoi occhi lacrimosi.
“No, non più” dice lui a bassa voce. “Hai qualche spicciolo?”
Mi cadono le spalle.
Triste.
Tutto questo è così triste. Gli metto in mano qualche moneta.
Se lui non crede più a Babbo Natale, non posso fargliene una colpa.
Il colpevole è un altro.
E questa notte, in una maniera o nell’altra dovrò sistemare la cosa.
CLIC… e il registratore parte.
Anno 2017, dicembre.
Pianeta C3POR2D2, anche denominato pianeta Terra.
Tutto è partito da qui e qui dovrà finire.
Sono l’ultimo, l’ultimo Babbo Natale del pianeta R3G4L0, dove ha sede il congresso dei Babbi Natale dell’Universo. Il mio nome non ha importanza, spero solo che in un lontano futuro si parlerà di me come di colui che ha riportato il Natale in tutto il cosmo.
Mi trovo, appunto, sul pianeta Terra e nello specifico a Milano. Sono stato trasferito qui con l’ultima capsula Rudolph disponibile prima dell’esplosione della sede principale e del decadimento del nostro pianeta madre.
Il consiglio ha lasciato correre troppo a lungo e gli effetti sono stati disastrosi.
Ma è meglio fare chiarezza, per i posteri… per chi mai ascolterà questa registrazione, nel caso abbia vinto o, sì, anche nel caso non ce l’abbia fatta.
Nel 1983, anno terrestre, nell’area localizzata dal nome Italia, la bellezza del Natale è stata oscurata da una pellicola ribelle, nel gergo terrestre, un film.
Vacanze di Natale.
In principio, il Babbo Natale preposto a questo pianeta non ha valutato giustamente il fatto. Tutto normale, diceva lui. Eppure qualcosa si era mosso nell’animo della gente, trasformando i cuori ricolmi di gioia, speranza e bellezza in muscoli grigi colmi di aspettativa, voglia di successo e fama.
Non erano state fatte le giuste valutazioni e, l’anno dopo, si verificò lo stesso fatto con il seguito di quel film.
Il contatto tra il Babbo Natale della Terra e la sede ufficiale s’interruppe bruscamente nei primi mesi dell’anno seguente.
Si decise, così, nel 1985, di assegnare un nuovo Babbo Natale, spedirlo qui per controllare la situazione e riprendere le normali funzioni.
Un successo, almeno inizialmente.
Poi avvenne il disastro.
Un messaggio veloce, un video in cui il vecchio Babbo Natale, incatenato a una sedia, sotto la luce di una lampadina, veniva deriso dal nuovo Babbo Natale e poi… e poi ucciso brutalmente.
Ricordo ancora quelle parole agghiaccianti, pronunciate da quell’uomo che consideravamo uno di noi ma che non riconoscevamo più: “Il Natale è una bugia! Il Natale, così come lo conoscevate, non esisterà mai più. Io sono Massimo Boldi… e sono IO il Natale!”.
Brutale, come quella morte.
Brutale come il regno del terrore che, da lì a breve, avrebbe attanagliato questo mondo e il nostro, preda dei rivoltosi che fecero immediatamente di Massimo Boldi una nuova bandiera verso un futuro innovativo e grigio.
Nel 1990 uscì un nuovo film distruttivo e proprio Massimo Boldi ebbe un ruolo primario.
1991, 1992, 1993… e così via.
Il male aveva preso avvio e non aveva intenzione di fermarsi.
Se sono qui, oggi, è per tentare, con un ultimo atto disperato, di porre fine a tutto.
Massimo Boldi attanaglia ancora il Natale, se non con quelle pellicole ipnotiche, con la sua sola presenza.
È ora di farla finita.
È ora di rimettere le cose al loro posto e di ridare al Natale il valore che si merita.
Ho solamente una pistola terrestre con me, pochi colpi ma la speranza di riuscire nell’intento.
Per poter sentirmi rispondere ancora una volta che Babbo Natale è una persona buona che porta i regali ai bambini bravi.
Un’ultima cosa, per chiudere questa registrazione: credeteci, non lasciate affievolire il ricordo.
E… Buon Natale.
© Alen Grana
© illustrazione di Alessandro Ferioli