Claire aveva 34 anni e in poco tempo era riuscita a costruirsi la vita che sognava da sempre, o meglio quella che sua madre le aveva sempre imposto di sognare.
E lei ascoltava sempre i consigli di mamma.
Claire amava sua madre. Amava la sua dedizione alla famiglia, amava persino la sua frustrazione e quella sua ossessione per i clown. Sognava di essere come lei un giorno.
Fin da ragazzina era una di quelle che credeva al principe azzurro e al "vissero felici e contenti". Ci credeva con tenacia, così tanta che non aveva perso le speranze nemmeno in quel periodo buio di apparecchi ai denti durante l'adolescenza.
Tutti i suoi sforzi erano stati ripagati quando al liceo aveva conosciuto Robert, il belloccio della scuola nonché portatore sano di stereotipi. Era perfetto: biondo, alto, muscoloso, capitano della squadra di football della scuola, educato. Piaceva tanto anche a sua madre: era proprio contenta che la sua bambina avesse trovato un ragazzo così pulito ed educato, di quei tempi ne erano rimasti così pochi!
Robert era così innamorato che riusciva anche ad accettare di entrare in quella stanza da adolescente piena di clown, nonostante ogni volta un brivido gli accarezzava la schiena alla visione di tutti quei fantocci inquietanti. La mamma di Claire l’aveva arredata prima che nascesse, senza badare al rosa o all’azzurro, ma applicando sticker coloratissimi e riempiendola di pupazzi di quei fottuti pagliacci sghignazzanti. Claire era cresciuta ma la stanza era rimasta quasi la stessa, fatta eccezione per quel poster di Kurt Cobain applicato con lo scotch fra un clown e l’altro. Robert li detestava quei clown del cazzo, ma amava Claire e questa era l’unica cosa che contava.
Si erano sposati qualche anno dopo e avevano costruito insieme il loro sogno. Una casa in campagna con lo steccato bianco e un giardino pieno di fiori, perfetta come quelle dei film romantici.
Claire e Robert erano bellissimi e felici, così felici che quando era nato Bill sembrava che non gli mancasse più niente al mondo.
Ma non è tutto oro quello che luccica.
Se fino a quel momento Robert era riuscito a far rispettare alla moglie il patto “niente clown in questa casa”, con la nascita del pargolo l’ossessione di Claire aveva iniziato a risvegliarsi dal torpore. Non c’era niente di cui meravigliarsi, una ragazzina cresciuta fra i clown doveva per forza ereditare la passione della madre.
La stanza di Bill era piena di sticker colorati e fantocci dai capelli rossi e sorrisi inquietanti, proprio come la sua stanza. Gli aveva comprato anche il primo costumino in occasione del primo carnevale: una salopette a righe con dei grossi pon pon sul davanti e un cappellino al quale erano applicati due ciuffi di capelli rossi sui lati.
Sarebbe stato adorabile con quel vestitino!
Glielo aveva provato e con il cuore gonfio di gioia lo aveva fatto vedere a Robert, pregandolo di fargli una fotografia da applicare nell’album dei primi anni di vita alla pagina “Il mio primo costume di carnevale”.
Ma Robert non l’aveva presa bene. Li odiava quei cazzo di clown, li detestava, gli facevano gelare il sangue.
- Levagli quel vestito del cazzo! Mi fanno paura i clown!
Robert gridava ed esasperato era entrato nella camera di Bill stringendo un sacco nero nelle mani.
“No! Non toccare i pupazzi di Bill!”
Non aveva voluto sentire ragioni e aveva fatto piazza pulita.
- Basta Clown, Claire. Seriamente.
Era passata una settimana da quando Robert le aveva urlato contro e Claire doveva assolutamente prepararsi alla festa di carnevale organizzata dalle altre mamme del quartiere. Non poteva sfigurare.
Vaffanculo Robert. Lei era come sua madre, le urla di suo padre non erano nulla quando esasperato la pregava di levare tutti quei clown dalla casa.
Robert era tornato a casa presto quel giorno e in casa c’era uno strano silenzio.
Aveva salito le scale chiamando il nome della della moglie ed era rimasto immobile quando, arrivato davanti alla camera del figlioletto, aveva trovato la porta aperta e uno spettacolo agghiacciante davanti agli occhi.
Claire era seduta al centro della stanza e ai suoi piedi c’era una pozza di sangue.
Gli sorrideva serafica.
“Siamo pronti per la festa papà”.
Tra le braccia stringeva il corpicino senza vita di Bill.
Quel costumino da clown gli stava davvero bene, solo che non la smetteva di piangere e si sa, i clown ridono.
Adesso sul faccino aveva un bel sorriso disegnato e un bel nasino pitturato di rosso.
Rosso come la pozza del suo sangue a terra, che avrebbe pulito più tardi.
© Giulia Cristofori
© illustrazione di Mattia De Iulis