I clown non le erano mai piaciuti e, per questo motivo, aveva sempre nutrito il desiderio di ucciderne uno. Di aprirgli il ventre per strapparne via le budella. Sentire le sue ossa spaccarsi e sbriciolarsi come un cracker.
Ma i clown erano sempre stati più fortunati di lei, almeno fino a quel momento. Lei che viveva sedata e rinchiusa, e doveva limitarsi ad odiarli da dietro le sbarre, nella sua putrida gabbia ricolma di sterco.
Poi una volta era riuscita davvero a mutilarne uno di quegli inquietanti bambocci truccati di bianco: aveva tirato così forte che il braccio del malcapitato si era staccato come un ramo secco da un albero. Il sangue era schizzato da tutte le parti, mentre i suoi rantoli e le sue grida, avevano riempito l’aria di un tranquillo pomeriggio di settembre. Nulla era servito per impedirgli di morire dissanguato.
Lo spettacolo era finito da soli dieci minuti.
Il pubblico non era stato molto clemente con gli artisti de Il Magico Tendone, e aveva ripagato le penose scenette, con sputi ed insulti. D’altro canto, si era stufato da un pezzo di vedere i soliti quattro stronzi ubriachi che giocavano con palline e clavette. O che almeno, ci provavano. Tommy Randler era cieco da un occhio e si faceva di crack, William Spartano era zoppo a causa di due ernie alla schiena e Jimmy Buster era semplicemente un malato terminale di AIDS. Toccava dunque a Nick Perry cercare di portare avanti tutta la baracca.
Ogni giorno, uno spettacolo al mattino, uno al pomeriggio e uno alla sera.
Così per una vita intera.
Il circo non può permettersi di chiudere per malattia.
The show must go on! Venghino Signore e Signori, Venghino!
E pensare che Nick era il più sano di tutti – se un uomo alcolizzato lo si può definire “sano”.
Però continuava a inventarsi nuovi modi per divertire un pubblico ormai inesistente, con l’invidiabile passione di un bambino che non ha voglia di smettere di sognare.
Ma lui, oltre a sognare, non smetteva di bere. Così come gli altri non riuscivano a fare altro che assottigliare sempre di più il confine che li separava dalla rovina.
Andavano in scena sbronzi, strafatti; il trucco colante e la faccia deforme.
“Uno spettacolo di mostri falliti” come era stato definito da l’Holson Post, un giornale locale.
Jimmy, durante il suo numero con il monociclo, arrivava anche a vomitare, mentre Bill era evidente che non riusciva più a fare niente se non sotto morfina.
Ma il guaio più grosso era che la gente aveva smesso di ridere. All’inizio era quasi divertente ammirare quell’orrore di succhi gastrici e trucchi mal riusciti. Ma si sa, il pubblico si stanca presto di tutto e con una sola smorfia di disgusto, è capace di porre fine alla tua carriera e gettarti in pasto ai leoni.
E Nick non aveva più nemmeno quelli: li aveva venduti tutti per riuscire a racimolare qualche soldo per continuare a sopravvivere. Gli restavano solo l’anima e Nancy, una vecchia elefantessa che non vedeva il tappeto rosso da almeno dieci anni, da quella volta che un gesto improvviso di Nick con una clavetta, l’aveva fatta andare di matto durante il suo numero con Alison, la sua domatrice. Aveva iniziato a correre impazzita lungo la pista, calpestando chiunque le si parasse davanti.
Della ragazza non era rimasto che un corpo in poltiglia.
Nick poi era stato costretto a rinchiuderla in gabbia. Non se l’era mai sentita di sopprimerla, tanto meno di venderla. Chi l’avrebbe mai comprata poi una bestia pazza come quella? Tanto valeva tenersela, e sperare di vederla crepare presto. Mantenerla in vita, costava più di tutto quel baraccone.
Per questo motivo a Nancy non erano mai piaciuti i clown, e aveva sempre nutrito il desiderio di ucciderne uno.
Quel pomeriggio di settembre aveva allungato la proboscide fuori dalle sbarre proprio per afferrare il braccio di Nick.
Lui era sbronzo e non si era accorto di essere troppo vicino alla gabbia.
Lei era semplicemente un pachiderma che, per natura, non si dimentica di niente.
Soprattutto i gesti inaspettati durante uno spettacolo.
Quella clavetta tirata apposta in un occhio per far divertire il pubblico.
© Mara Munerati
© Illustrazione di Raffaella Parlongo