Scritto da Adele Murino -
- Illustrato da da Chiara Ferrante
Il lampione in fondo al viale
Tutte le sere Carlo fa una breve passeggiata fino al lampione in fondo al viale. Il suo punto di riferimento per calcolare la distanza di un chilometro. Nonostante lui sia certo di aver già percorso un bel pezzo di strada, il lampione non si vede affatto. Preoccupato, torna indietro. Ai bordi del viale rivede la solita panchina malridotta e macchiata di vernice rossa sulla destra, l’albero di quercia malaticcio, ingabbiato in una struttura di ferro sulla sinistra e, in lontananza, la sua abitazione. Si ferma. Non ha sbagliato strada. In fondo, come può? Lui percorre sempre la stessa che lo conduce a quel vecchio lampione. Deve aver fatto male i conti pensa e ritorna sui suoi passi. In cielo, la luna appare e scompare. Un cane abbaia in lontananza ma, ad ascoltare meglio, pare più un ululato. Prosegue lungo il viale. Si lascia alle spalle la panchina e la quercia e va avanti, immerso nei suoi pensieri. Un venticello robusto comincia a girargli intorno e lo costringe a tenere serrato con una mano il bavero della giacca intorno al collo. Adesso, a parte il fruscio delle foglie tra i rami degli alberi, non si sente nessun altro rumore. Carlo scruta il viale dinanzi a sé, sicuro di scorgere, da un momento all’altro, la luce del lampione ma il suo sguardo si perde nel buio. D’istinto cava la mano di tasca per guardare l’orologio che ha al polso. Stranamente nota che segna la stessa ora di quando è uscito da casa. Impossibile, ripete tra sé, probabilmente l’orologio deve essersi fermato. Getta uno sguardo tutto attorno. Non vede nulla di particolare. Alza gli occhi al di sopra delle cime degli alberi, la luna si eclissa dietro una nube. Il vento cala di colpo lasciando il posto a una quiete irreale. Pure la bestia che ha udito qualche momento fa pare essersi ammansita. Carlo muove ancora qualche passo in avanti nella speranza di intravedere finalmente la luce del lampione. All’improvviso sente ansimare alle sue spalle. Si volta ma non vede nessuno. Gocce di sudore gli imperlano la fronte. Si muove lentamente, urta qualcosa. Ai suoi piedi una massa informe. La carcassa di una grossa bestia giace davanti a lui. Ha il ventre squarciato dal quale fuoriesce un fiotto di sangue che si va spargendo a macchia d’olio sull’asfalto. Lancia un urlo di raccapriccio e fa un balzo all’indietro. Incespica, cade, tenta di rialzarsi ma le gambe gli tremano dalla paura. Un’ombra gli passa accanto. Veloce, sinistra, tanto che lui quasi non se ne rende conto. Il buio è diventato ancora più profondo e avvolgente. Carlo ha perso qualsiasi punto di riferimento. Non riesce a riconoscere più nulla intorno a sé. È terrorizzato ma non capisce da cosa o da chi. Tende l’orecchio nella speranza di udire un rumore, uno schiocco, un sibilo, il canto stridulo di una civetta tra i rami. Guarda ancora una volta lontano, cercando di penetrare il buio alla ricerca della luce rassicurante del lampione in fondo al viale poi abbandona la testa sul petto, vinto dall’orrore. Un suono sordo, cupo, cavernoso si leva sotto di lui. Aumenta di intensità, rinforza, sembra provenire dalle viscere della terra. Carlo stordito rimane lì dov’è, senza la forza di muoversi. La terra tutta sembra sul punto di deflagrare, una profondissima spaccatura lacera di traverso il viale e Carlo ne è inghiottito. Precipita all’interno della gigantesca fenditura di cui non si vede il fondo. Poi, lo squarcio abominevole si richiude, la luna si sbarazza delle nuvole e una leggera brezza torna a smuovere ritmicamente le foglie sugli alberi. In fondo al viale, il lampione è tornato a rischiarare la notte.
© Un racconto di Adele Murino - Illustrato da Chiara Ferrante - Editing di Chiara Bianchi
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