Scritto da Riccardo Galloni-
- Illustrato da da Antonio Curto
Roba nostra
Apro gli occhi e sono seduto al tavolino di un bar. Fuori piove. Il profumo di anice stellato e cannella mi entrano nel naso senza chiedere il permesso. Ho lo sguardo basso e devo alzarlo per vedere la tisana fumante nella mia tazza. Sono due le tazze in verità. L’altra è mezza vuota. Forse la persona che è con me beve più velocemente. Forse è meno sensibile alle cose bollenti. Alzo ancora lo sguardo e vedo un viso. Mi sorride. Gli occhi fessurati brillano. Li ho già visti. Il suo profumo scansa quello della tisana. Lo sento per ricordo. Come se fossi stato con la sua pelle su di me per tanto tempo. Un tempo remoto. La conosco molto bene, ma per qualche motivo ho dimenticato il suo nome. Forse perché non è importante. O lo è troppo e ho paura delle conseguenze. Sono ovattato, non sento nulla. La sua bocca si muove, dice qualcosa. Il mio cervello si perde in quella bocca. Morbida e spigolosa allo stesso tempo. Ho un’erezione. Non la freno. Vorrei che mi dicesse semplicemente andiamo. Lo vorrebbe anche lei, ma ha paura. Di dipendere. Di dipendere da qualcosa, da qualcuno. Allungo la mano perché è quello che voglio e di cui ho bisogno. Sperare che la mia richiesta sia accolta, una richiesta di aiuto, di auto aiuto. Perché ci si salva e ci si uccide in due. Per uccidersi c'è il magro privilegio di poterlo fare anche da soli. Ma da soli non ci si salva mai. Attendo trentasei ore per ricevere la sua mano. Bella. Scivola in un abbraccio. Stiamo già volando, ma non importa perché la cosa più importante è che stiamo entrambi accettando che dipendere fa parte di noi. È roba nostra. La consapevolezza è già metà della cura. Conoscevo a memoria quell'abbraccio, ma lo avevo dimenticato, forse per la stessa ragione per cui continuo a non ricordare il suo nome. Finché stiamo così nessuno potrà farci del male. Nemmeno l'uno all’altra. Ma dipendere è andare oltre, senza accorgersi del rischio che si corre. Senza saperlo fare. Senza affrontare la paura di non essere quelli che si è sempre creduto di essere. Allora ci siamo spogliati. I nostri disagi sono venuti a letto con noi. Abbiamo lasciato fuori solo i vestiti. In quel momento, siamo noi stessi. Fiducia e coraggio, paura e divertimento, orgasmo e libertà. Dipendo dal nostro scambio di fluidi. Dalla sua bellezza. Dal suo piacere. Siamo veri. Quando il gioco dell'autenticità riesce, si scaccia il male della dipendenza. Non sempre funziona. Al mattino, appena sveglio e lontano, cerco subito una piccola dose di quel nostro amore caldo e personalissimo. Dipendere dal buono solo se si conosce il male, il proprio male. Consapevoli del fatto che è tutta roba nostra.
© Un racconto di Riccardo Galloni - Illustrato da Antonio Curto - Editing di Chiara Bianchi
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