Scritto da Maria Rosaria De Santis
- Illustrato da Adriana Morra-
Avventura del mio corpo
Non sono mai stata in barca prima d’ora. Lui si toglie le scarpe sul molo, salta a bordo, mi tende la mano per aiutarmi a salire. Mi siedo a prua, la barca si stacca lentamente dal molo e poi prende il largo.
«Vuoi guidare?» sorride.
Dico sì, lo raggiungo dietro il timone, le sue mani mi indicano la posizione giusta. Mi sposta i capelli dal collo, ridiamo. Ci siamo conosciuti due mesi fa, a una festa. Mi ha seguito su Instagram, per un po’ ci siamo scritti, alcuni suoi messaggi erano buffi, mi facevano sorridere. Ho cominciato ad aggiornare le notifiche più spesso del solito, in attesa di una sua risposta. Al primo appuntamento siamo andati al cinema, eravamo soli nella sala deserta. La prossima volta, ha detto, quando ci siamo salutati, ti porto al mare.
Mi ha invitato sulla barca che credo sia di suo padre, io ho accettato. Mentre lui butta l’ancora e mi volta le spalle mi spoglio: il sole batte su ogni centimetro del mio corpo, mi domando come appaio agli occhi che non sono i miei. Si toglie la maglia e i pantaloncini, il suo corpo è abbronzato, i capelli schiariti dal sale.
«Quanto sei bianca».
«Te l’ho detto, ho dato l’ultimo esame l’altro ieri. Sono chiusa in casa da mesi».
Ci tuffiamo, mi prende in giro perché non nuoto bene, io rido, lui pure. Ha lo sguardo liquido, da quando eravamo al porto i suoi occhi cadono sul mio seno, sulle gambe. Mi avvicino. Ci siamo baciati la prima volta dopo il cinema, per strada, davanti a tutti. Qui, invece, è diverso. Lo bacio. Risaliamo sulla barca. Mi guarda, arrossisce.
Continuiamo a baciarci: lui, decido, è bellissimo. Le sue mani si muovono sotto la cordicella del costume: «Lo sai che se vuoi possiamo fermarci. Non sei obbligata».
Capita spesso che gli uomini mi ricordino che fare sesso con loro non è obbligatorio. Forse ho la faccia di una che fa sesso per gentilezza.
«Certo» rispondo, e so che serve un gesto per confermare la mia voglia. Recito il rituale, slaccio il costume. Lui sembra che abbia ricevuto la visita di un’apparizione divina. Le regole del desiderio mi sono chiare: so che c’è un punto oltre il quale tutto diventa corpo. Siamo stesi l’uno sull’altra. La barca dondola lentamente, lui mi accarezza la schiena.
Tutta la giornata è un’unica ora azzurra, il mio corpo si prende il sole, l’acqua, il corpo di lui, bellissimo, è prepotente e soddisfatto.
Torniamo a terra quando è quasi buio. Ci salutiamo con l’ennesimo bacio, mi concentro per sentire il sapore. Lui va via in motorino, io mi avvio verso il parcheggio delle bici. Il lucchetto è spezzato e la mia bicicletta è sparita. Mi avvio verso casa a piedi, sento a ogni passo il sale che tira la pelle.
«Si può sapere dove sei stata?». I miei sono già a tavola, dico che mi hanno rubato la bici. Mio padre sbuffa: «Un’altra? Non puoi stare più attenta?».
Prima di entrare in doccia gli scrivo un messaggio, “Bici rubata :( Tu sei a casa?”.
Mi insapono i capelli, mio fratello bussa alla porta del bagno, grida che ha fretta.
Quando esco dalla doccia, sullo schermo c’è un suo messaggio: “Mannaggia haha”.
Ceno con la pasta fredda sulla tavola già sparecchiata, poi raggiungo gli altri in centro. Qualcuno ha organizzato un karaoke in strada, Valentina è già ubriaca, dovrò aspettare domani per raccontarle tutto. Al ritorno, sul retro della bici di un mio amico, controllo il cellulare e c’è un suo messaggio. Mi ha mandato la foto che ci siamo scattati al tramonto, poco prima di attraccare. Entrambi sorridiamo, abbracciati. Ci scambiamo messaggi per tutta la notte, io mi addormento con il telefono in mano.
In barca, dopo quel giorno non ci sono più andata. Non mi dispiace l’estate in città, a volte scendo di casa, quando è già sera, raggiungo gli altri in centro. Altrimenti sto per conto mio, pedalo e basta. Prendo in prestito la bici di mio fratello, dato che la mia non l’ho più trovata. Una sera mi ferma un amico, ci sediamo al tavolino di un bar, ordiniamo due birre. Mi chiede di lui. Sono sorpresa, non sapevo si conoscessero, mi spiega che sono colleghi di università e a volte escono insieme. Rispondo che non ci sentiamo da un po’, ma è estate, in fondo è normale. Ci sta, dice lui. Beve un sorso di birra, ha l’alito che sa di alcol: «Certo, chi se lo aspettava da una ragazza come te», mima il gesto di un applauso, «tutte quelle cose che gli hai fatto, in barca. Non l’avrei mai detto». Il suo sguardo divertito è pericoloso.
Indosso un vestito nero che mi piace come si muove attorno alle gambe quando vado in bicicletta, ma adesso mi sento nuda. Stringo le gambe, cambio argomento.
Verso casa, a notte fonda, mentre pedalo veloce, il vento sembra lo stesso di quel giorno, in barca. E anche il mio corpo è lo stesso, gli occhi estranei attorno a me appartengono a ospiti dimenticabili. Le mani che mi toccano sono solo le mani di un altro e il mio piacere è una lunga mattinata d’estate.
© Un racconto di Maria Rosaria De Santis - Illustrato da Adriana Morra - Editing di Chiara Bianchi
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