Donnole in soffitta | Hiroko Oyamada

Donnole in soffitta | Hiroko Oyamada

Il pasto come momento di convivialità, le relazioni di coppia e amicali, il vincolo matrimoniale, la fertilità e gli animali simbolo di desideri inespressi

Recensione di Chiara Bianchi

La casa editrice Neri Pozza, nella collana Bloom, pubblica il terzo romanzo della scrittrice giapponese Hiroko Oyamada, dal titolo Donnole in soffitta, tradotto dal giapponese da Gianluca Coci.
La scrittrice giapponese che, nei suoi due precedenti lavori, ci ha abituati a un linguaggio essenziale, fulmineo, affidato a una voce narrante femminile, in questo ultimo romanzo ci presenta una voce narrante maschile, un uomo quarantenne ci racconta in prima persona le vicende amicali e di coppia. 
C’è una riflessione all’interno del primo episodio Lutto in famiglia – in cui ci viene presentato un amico di vecchia data e un conoscente morto per cause non note che riporta alla memoria un evento, un ricordo – affidata proprio all’uomo morto che parlando dei suoi pesci tropicali, e per rispondere alla domanda «È difficile scegliere gli esemplari da far accoppiare?», finisce per paragonare le relazioni tra i pesci con quelle degli esseri umani: «Noi ci conosciamo a scuola, al lavoro, o magari in un negozio. Dovunque sia, ci ritroviamo in un gruppo di nostri simili più che altro per caso. E spesse volte, all’interno di quel gruppo, individuiamo il nostro compagno o la nostra compagna. Se fossimo in un gruppo diverso, finiremmo per imbatterci in altre persone e dunque in compagni e compagne diversi, no? Ma non riflettiamo quasi mai su questo genere di fatti, lasciando che le cose semplicemente accadano. […] Ci piace credere che tutto dipenda dall’amore, dai sentimenti, che scegliamo con piena consapevolezza il nostro partner… Ma in realtà non è così, perché ci muoviamo entro binari precostituiti e non siamo veramente liberi». Una lunga citazione per introdurre questo romanzo, dalla scrittura rapida, nervosa, semplice, priva di fronzoli e nella quale, pur parlando di relazioni, è scomparsa la parola amore. 

Tutto è precostituito, come i bisogni essenziali di una coppia, destinata a sposarsi e a procreare. Ma cosa succede se da una parte non c’è nessuna volontà di avere figli e dall’altra un forte desiderio di maternità? Hiroko Oyamada ragiona tra le righe sulla società giapponese e lo fa ponendo le coppie di cui racconta davanti al cibo. Pranzi e cene sono al centro della scenografia, ma del rito antico del pasto non è rimasto quasi nulla nella quotidianità di queste generazioni: non ci sono preghiere di ringraziamento, non si attende che tutti siano seduti a tavola per iniziare a servirsi, resta solo la circostanza che costringe i personaggi a partecipare con benevolenza e spesso a indossare una maschera di apparenza nei discorsi affrontati. 

E poi ci sono gli animali, presenze costanti nei tre episodi: pesci tropicali che riempiono stanze e donnole che infestano le soffitte. 
L’elemento surreale e grottesco si lega alle parti in cui si parla degli animali e nella figura della donna anziana che compare nel secondo e nel terzo episodio: prima odiosa strega e poi portatrice di speranza, veggente e saggia. 
Ogni episodio termina lasciando nel non detto il cuore del discorso e al lettore il dubbio e lo spaesamento che lo avvicina alla voce narrante, aliena alle meccaniche sociali e apparentemente priva di sensibilità nei confronti della sua relazione amorosa, di sua moglie. 
È curioso come il quarantenne al centro della storia sia l’unico a mantenere una relazione con una sua coetanea, gli altri uomini raccontati hanno relazioni e poi matrimoni con donne molto più giovani di loro. L’ho trovato un indizio della società giapponese e forse legato proprio al tema della fertilità. 

I dialoghi molto semplici, quotidiani, raccontano la difficoltà della comunicabilità della coppia, come nel secondo episodio Fino all’ultima donnola che si apre con la richiesta della moglie della voce narrante, in seria difficoltà nel chiedere al marito di masturbarsi in un vasetto per effettuare uno spermiogramma, di cui poi lui non si preoccupa di chiedere il risultato, pur pensandoci. 
Nello stesso episodio, mi resta un dubbio atroce: che nel piatto servito non ci sia davvero del cinghiale ma una donnola. Voi che ne pensate? 



Titolo: Donnole in soffitta
Autore: Hiroko Oyamada
Traduzione: Gianluca Coci
Casa editrice: Neri Pozza
Pagine: 128
Pubblicazione: 2024

Compra sul sito dell'editore


Ti è piaciuto questo articolo? Dacci una mano! Il tuo aiuto ci consente di mantenere le spese di questa piattaforma e continuare a diffondere l'arte.
L'associazione si sostiene senza pubblicità ma soltanto con le tessere associative e l'impegno dei soci.
I Link verso i canali di vendita sono inseriti al solo scopo di agevolare gli utenti all'acquisto.
Sottoscrivi la tessera associativa con una piccola donazione su PAYPAL
Oppure puoi offrirci un caffè.

 

Privacy Policy