Qual è stata la prima frontiera che avete attraversato? Cercatela in Minimo strutturale di Eda Özbakay, un percorso libero tra racconti e poesia, dove ogni lettura svela nuovi orizzonti.
Recensione di Paolo Perlini
Vi ricordate qual è stata la prima volta che avete attraversato una frontiera? Io sì, lo ricordo bene, anche perché dopo poche centinaia di metri un uomo panciuto, con i baffetti alla messicana, del tutto uguale al sergente Ingrassia, sventolò la paletta e ci intimò l’alt.
Mi è venuto in mente leggendo questo frammento di Eda Özbakay tratto da Minimo strutturale, edito da pièdimosca edizioni:
la frontiera – A
sempre diritto! mi risposero
mentre oltrepassavo la fron-
tiera, salutandomi con un bat-
tito di ciglia di pelle nera e
penzolante.
Eda Özbakay ha suddiviso in 7 frontiere questa raccolta di micro finzioni, numerandole dalla A alla G e attraversandole troviamo in ognuna suggestioni diverse.
Per certi versi mi ricordano gli esperimenti musicali di John Cage e le sue proposte indirizzate alla ricerca di un'esperienza d’ascolto libera e aperta. La raccolta infatti si muove tra racconto, poesia e sperimentazione grafica sulla pagina, invitando il lettore a decifrare liberamente, senza un percorso prestabilito.
Per Özbakay, come per Cage, l’artista non è il controllore del testo o del suono, ma un liberatore: non c’è un piano, non c’è un modello da seguire. L’esperienza è frammentaria, dettata da spostamenti di senso.
Breakfast
colazióne s. f. [dal lat. collatio -onis “il mettere insieme”
di questo si tratta: di mia madre che finisce
di preparare la colazione, riempiendo i bu-
chi del formaggio con pezzi di formaggio, di
mio padre che si siede e inizia mordendo un
buco ripieno di formaggio sopra una riga di
giornale, di come cadono le briciole di vacca
sui trattati multilaterali.
Ci sono paesaggi/suoni che inquietano, fanno sorridere, spingono a meditare. Ne riporto solo un’altra, perché mi ha ricordato la seconda frontiera che ho attraversato, questa volta a piedi e in uno sperduto valico di montagna:
metà giugno
la guerra era finita e le partite di calcio che
provenivano dalla radiolina sotto il pergolato
sapevano di cloro a metà giugno. nelle case
colava il grasso dai piani cucina, dai seni e
dai panni ricamati. le volpi diventavano pel-
licce e ci si chiedeva a cosa servisse portarsi
dietro l’ovatta, visto che ormai si trovava
ovunque, piegata come si deve.
fuori qualcuno imparava a guidare tra i meli,
lì dove il terreno era ancora morbido e l’erba
cresceva intorno ai trogoli, a ciuffi di franget-
ta. le ruote slittavano sull’umido e il timone
affondava tra le mele in decomposizione.
e successe che a quest’ora del giorno, quan-
do arrivarono le mosche per il tè pomeridia-
no e i cucchiai di cupronichel rivelarono la
loro ossidazione, spuntarono le prima ossa
bianche tra le zolle fumanti.
Il bello di questa raccolta è che, rileggendo i microtesti, ogni volta riaffiorano ricordi diversi. Pur essendo le stesse parole, si avvertono nuove armonie. E, in sequenza, mi tornano in mente tutte le frontiere che ho attraversato.
Titolo: Minimo strutturale
Autore: Eda Özbakay
Casa editrice: pièdimosca edizioni
Pagine: 112
Pubblicazione: 3 maggio 2024
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