Ma chi sono veramente i mostri? Claire Dederer cerca di rispondere a questa e altre annose domande in questa personale disamina sull’argomento più discusso degli ultimi anni: come convivere con le opere d’arte di artisti e di artiste “mostruosi”?
Recensione di Chiara Bianchi
Mentre scriveva un lungo pezzo sulla Paris Review nel 2017, mentre nasceva il movimento #MeToo negli Stati Uniti, Claire Dederer, già ossessionata come molti di noi sull’annosa questione “Distinguere o non distinguere le vite dalle opere: il tormento dei fan”, raccoglieva la sua esperienza personale e desiderava raccontarla non per trovare una soluzione univoca, ma soprattutto per liberarsi di un pesante macigno. Altrecose ci propone questo saggio tradotto da Sara Prencipe e con una prefazione di Giulia Seviero.
Dederer nei vari capitoli analizza l’incontro con i suoi miti dell’arte e l’impatto avuto dalla scoperta di tormentose vicende – “eticamente” e “moralmente” discutibili – in cui erano stati coinvolti nella loro vita privata e si focalizza su un aspetto da non sottovalutare: il pubblico e chi il pubblico lo condiziona con le proprie opinioni.
È una costruzione guidata dall’istinto quella utilizzata da Dederer che va a scavare fino agli abissi della sua storia per poi risalire la china verso l’esterno, sostenendo che «ciascun sentire è unico e irripetibile, è efficace proprio nel condurci nella ricerca, lontana da dogmi, di una linea di condotta. Consentendo pagina dopo pagina di accogliere e sostenere la contraddizione, di affiancare alla ragione anche l’amore che non sempre […] è coerente con ciò che vorremmo essere.» (parole di Giulia Siviero nel virgolettato).
Siamo tutti vincolati dalla nostra prospettiva. (pag. 92)
I nostri occhi apprezzano l’orrore della bellezza. Un ossimoro a cui spesso la nostra mente si avvicina senza che noi ne siamo realmente consapevoli.
Dederer dice una cosa intelligente (parafraso) bello e bellezza non sono sinonimi. L’umanità è imperfetta e l’arte è la manifestazione della sua imperfezione. Siamo di fronte a una scelta, pressoché personale, influenzabile da mille fattori esterni, di appartenenza a una comunità, ma, in fondo, ogni individuo in base alle sue esperienze personali decide di come fruire dell’arte e quando ad essa si associa la biografia dell’artista lo fa da fan. E fan è sinonimo di idealizzazione di un personaggio, l’artista appunto, espropriato della capacità umana di errare o, come spesso è accaduto nei secoli precedenti al nostro, autorizzato a errare. Allora la domanda è: siamo innamorati dell’arte o dell’umano che si cela dietro?
Rispondere a questo quesito non risolverà il problema etico-morale ma, come Dederer sostiene, certamente per amore di un’opera non smetteremo di fruirne pur sapendo chi l’ha generata, perché alla resa dei conti siamo tutti quanti dei mostri.
L’arte ha in effetti uno status speciale – visitare un museo è diverso, per esempio, dall’acquistare un cacciavite – ma quando cerchiamo di risolvere i dilemmi etici dell’arte, affrontiamo il problema nel nostro ruolo di consumatori. Un ruolo intrinsecamente corrotto, perché, sotto il capitalismo, la mostruosità si applica a tutti. Io sono un mostro? mi sono chiesta. Sì, lo siamo tutti. Sì, lo sono anch’io.
Titolo: Mostri. Distinguere o non distinguere le vite dalle opere: il tormento dei fan
Autore: Claire Dederer
Editore: Altrecose
Pagine: 320
Pubblicazione: 10 aprile 2024
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