Un romanzo che, con pennellate suggestive, richiama a mente opere di Lansdale e Steinbeck, offrendo una lettura avvincente e profondamente evocativa
Recensione di Paolo Perlini
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Il titolo originale di Ned e la balena, di Robbie Arnott, è Limberlost.
Così, a caldo, ho creduto che significasse qualcosa tipo: Limbo Perduto. E mi piaceva come nome soprattutto nel caso di questo romanzo la cui parte essenziale si racchiude tutta intorno all’estate di un adolescente. L’età nella quale ci si sente perduti, nella perenne ricerca di una direzione, una risposta alle proprie inquietudini.
Limberlost è il frutteto della famiglia West, vicino a Beaconsfield, situato in una valle della Tasmania che appare selvaggia e ammaliante, ma anche incantevole, pericolosa, e a seguire tutta una serie di altri contrasti. In realtà, alla lettera Limber significa snodato, flessibile, ma vai a capire la vera origine del nome. E quindi sono andato alla ricerca su google.
Limberlost è una palude che si estende per 13.000 acri. Era leggendaria per le sue sabbie mobili e i suoi personaggi poco raccomandabili. La palude prese il nome da Limber Jim, che si perse mentre cacciava nella palude. Quando la notizia si diffuse, si gridò "Limber si è perso!".
Gene Stratton-Porter, naturalista, scrittrice per l’infanzia e fotografa visse lì fino al 1913 ed è suo l’esergo iniziale: «Nell’economia della Natura, nulla va mai perduto».
Era l’autrice preferita dalla madre di Ned West. “A girl of the Limberlost” è il romanzo a cui si era ispirata per dare il nome al frutteto, riconoscendo nella propria valle, gli stessi colori, gli stessi sogni della foresta descritti nel romanzo.
A Limberlost il giovane Ned collabora con il padre nella gestione dell'antico frutteto di famiglia. I suoi due fratelli maggiori, Bill, insensibile e imperscrutabile e Toby, affascinante e spericolato, sono partiti per la guerra. Ned affronta l'ansia di non rivederli mai più, dedicandosi segretamente a un sogno: navigare lungo il fiume Tamar con una barca tutta sua, fino alla sua foce, dove si dice che una balena impazzita dimori.
«Si credeva che alla bocca del fiume fosse impazzita una balena. Erano andati distrutti svariati pescherecci in atti di violenza così straordinari da apparire sovrumani…Ned aveva cinque anni quando successe tutto questo.»
Mentre il padre coltiva la terra e la sorella Maggie si occupa degli animali, Ned si impegna nella caccia ai conigli, vendendo le loro pelli al vecchio Singline. Tutti credono che lo faccia per spirito patriottico, perché con quelle pelli si costruiscono i berretti per i militari al fronte. Invece lo scopo di Ned è diverso: quei soldi gli servono per acquistare una barca. Non sa quanto ci vorrà, non ha idea di quanto costi ma un po’ alla volta accumula denaro che infila sotto il letto.
La trama del romanzo si dipana attraverso salti temporali avanti e indietro: ci troviamo di fronte al Ned quindicenne, in alcuni capitoli con dieci anni in più, e successivamente al Ned sposato con figlie, fino alla sua versione anziana. Tuttavia, è il Ned quindicenne a occupare il cuore della storia. Nonostante i turbamenti, le domande fondamentali e gli scrupoli che affronta di fronte a ogni scelta, emerge già come una figura matura. Forse ciò è dovuto al merito di suo padre, che lo ha condotto insieme ai fratelli alla bocca del fiume per incontrare la balena, un'esperienza che ha plasmato il suo essere.
«Il motore si accese con uno sbuffo di fumo. Lui lo lasciò in folle. Si rivolse ai figli. "Quando si ha paura di una cosa, ragazzi, è molto meglio cercare di capirla". Posò una mano sulla testa di Ned, e la sua pelle ruvida fermò i brividi del ragazzo. "Vederla da vicino".»
Saranno accostamenti azzardati ma durante la lettura ho avuto l’impressione che l’autore abbia intinto la penna nello stesso calamaio usato dal Joe Lansdale di In fondo alla palude o in uno qualsiasi usato da John Steinbeck.
Titolo: Ned e la balena
Autore: Robbie Arnott
Traduzione: Guido Calza
Editore: NN Editore
Pagine: 240
Pubblicazione: 6 ottobre 2023
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