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Un’infanzia violentata, il trauma e il ricordo frammentario di una vita
di Chiara Bianchi
«[…] ricordi scritti all’interno dei perimetri gialli di settantasei millimetri per settantasei andrà dunque avanti, spazio dopo spazio» è nel piccolo spazio di un post-it che prendono vita i frammenti di Senzanome, esordio letterario di Mirfet Piccolo per i tipi di Giulio Perrone editore.
La storia di un’infanzia violentata viene ricostruita dalla protagonista attraverso segmenti di ricordi, tenuti in un cassetto.
La brevità con cui gli eventi sono narrati non allontana dalla forza generatrice degli stessi. La donna, ormai madre, ripercorre le tappe di una vita ai margini, per estrazione sociale e per identità, nel tentativo di dare un senso a ciò che è stato, a ciò che è.
La sottrazione del bene, della serenità infantile passa dalle parole taglienti e offensive di una madre assente, fino alle continue negazioni sintattiche: frasi avversative che sottolineano ciò che la bambina «non sa con esattezza» o cose a cui «non sa dare un nome». Anche i personaggi sono senza un nome, generici sostantivi a sottolineare l’universalità della violenza atta a consumare un’infanzia. Senza un nome sono anche emozioni, situazioni, oggetti estranei alla conoscenza della bambina. Neppure i sogni hanno più memoria, si consumano nella notte, quella notte piena di buio di cui lei ha paura, perché è nell’oscurità che compaiono i mostri reali, tangibili, che le fanno male, fisicamente e moralmente, spazzando qualsiasi tentativo di rinascita.
Eppure, la bambina cresce e diventa ragazza e poi donna. Genera nuova vita, si confronta con la figlia e, osservandola, teme di poter costruire un rapporto viziato dal suo passato. Questi momenti del presente spezzano il flusso dei ricordi stipati nei post-it e ci permettono di riprendere fiato dall’apnea dovuta alla spirale di memorie frammentate: insanabili squarci di passato immutabile e incerto.
«C’è qualcosa di rotto di spezzato di tagliato con un seghetto e allora, lei, la ragazza che studia sempre, prova vergogna sempre, ma non ora che è nella sua stanza e in casa non c’è nessuno. Ora non prova niente e perciò sta bene». La solitudine placa il niente che non può neppure sentire. E quella sensazione di vergogna l’accompagnerà, a più riprese, nel corso della riesumazione del trauma. E sarà vergogna verso se stessa: una consolidata abitudine a credere di essere fuori posto.
L’interesse per il trauma infantile ha portato l’autrice ad approfondire il tema attraverso ricerche e letture – lo si legge nei ringraziamenti – questo le ha permesso di sviscerare alcuni aspetti-chiave come la rimozione, il silenzio, la speranza di ricominciare, la vergogna, il momento della confessione (che spesso arriva dopo molti anni dal trauma), lo scontro con la realtà, con le persone e con la giustizia – che spesso giusta non è.
Una lettura che richiede un tempo ampio di ascolto della pagina, per il suo ritmo cangiante e per l’ampiezza del confuso sentire di questa donna alla ricerca di un po’ di profonda serenità.
Titolo: Senzanome
Autore: Mirfet Piccolo
Editore: Giulio Perrone
Pagine: 220
Pubblicazione: novembre 2022
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