Nelle stanze dei ricordi assieme a Elio Pecora, nel segno dell’amore e dell’amicizia
di Chiara Bianchi
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Quella che vi accingete a leggere non è una recensione, non è neppure un elogio, né tantomeno un omaggio a un grande poeta del nostro tempo e ai personaggi, amici, a lui cari, ma una dichiarazione d’amore che si spande come cerchi concentrici nell’acqua da me al poeta, da egli ai suoi amici. C’è dell’amore cosmico in questo delirio emotivo in cui mi ritrovo a scrivere, lo ammetto. Ho letto tutto ciò che era nelle mie possibilità leggere di Elio Pecora e, ancora oggi, mi sorprendo con occhi increduli quando, nel nominare le sue opere, l’interlocutore dinanzi a me scuote il capo negativamente. E allora, non mi rimane che suggerire di leggere la sua opera poetica, teatrale, critica.
Lo scorso dicembre, in occasione di Più Libri Più Liberi tenutosi a Roma, ho avuto il piacere (e senz’altro il privilegio, l’onore) di incontrare Pecora che, in un angolino dello stand della casa editrice Il ramo e la foglia, era a disposizione per il firmacopie del suo ultimo lavoro, Tre monologhi. Penna, Wilcock, Morante.
L’ho chiamato Maestro, ho accennato anche un inchino, dotata di mascherina potevo esprimere la mia gioia infinita solo attraverso gli occhi. Mi sono impegnata moltissimo per non arrivare alle lacrime, di commozione. E mentre io vivevo questa gioia momentanea, effimera ma densa di tutti gli anni condivisi con le sue parole, la gente passava indifferente oltre quello stand, ignara della fortuna persa sotto i loro occhi.
Abbiamo chiacchierato per… non saprei, forse cinque minuti, forse trenta, ma quel tempo lo ricorderò per sempre: uno scambio di battute, di domande, di ricordi frammentati, di stupore – il mio – di fronte alla sua calma placida, e attraverso il suo sguardo ho potuto guardare nei suoi ricordi, mentre nominava Elsa, Sandro, gli amici, la carriera. Prima di salutarci ha voluto darmi un consiglio letterario e lavorativo, ma lo conservo per me, assieme alla sua dedica.
Ho atteso il momento giusto per calarmi in queste pagine colme di ricordi e di memoria. Ho atteso – perché di attese si parla tra le pagine – di aver bisogno delle sue parole.
«Di tanti ognuno comprende nel buio cuore / l’urgenza estrema di questo andare insieme, / l’uno a fianco dell’altro» questi versi tratti da La stanza, che apre Simmetrie (raccolta di poesie uscita nel 2007), riassumono, a mio avviso, il senso e il bisogno di dar voce a quei compagni e a quelle compagne di viaggio, incontrati nella sua vita e con i quali ha condiviso momenti di gioia e di dolore, come si fa tra amici.
I tre monologhi di cui è composta quest’opera, con prefazione di Marco Lucchesi (regista) a cui è dedicato anche il monologo a Elsa Morante, si apre con Una follia quieta dedicato a Massimo Verdastro (regista e interprete) in cui Sandro Penna in prima persona racconta la sua biografia, con il supporto di un magnetofono, dalla sua stanzatempio nella quale il tempo si è fermato e ha preso una nuova e privata dimensione, nell’oscurità illuminata solo da una lampada sempre accesa. «Scrivevo perché ero felice…» dice Penna raccontando gli anni luminosi lasciati andare, nel passato, mentre nel suo presente la bellezza ha lasciato il posto alla bruttezza della vecchiaia, della malattia e gli ha tolto anche la scrittura, la poesia.
Monologo con figure. Un epicedio per J.R. Wilcock, dedicato a Pino Strabioli (che ne ha interpretato il ruolo a teatro) viene affidato a due voci che si alternano nel racconto, profanato dal pettegolezzo, della vita di questo strano essere insolito, lontano dagli schemi e dalle regole, ipercritico, presente nel suo presente solo attraverso la parola, restando fisicamente in disparte. Scegliendo la vita agra, l’emarginazione, la solitudine.
Chiude il trittico Nello specchio di Elsa, in cui una voce di donna racconta con immenso pathos alcuni momenti dell’esistenza di Elsa Morante, carpendo silenziosamente quanto taciuto, eppur detto, in gesti, immagini, personaggi, storie. La stanza di Elsa Morante ricorda quella di Virginia Woolf, nella quale prendono forma mondi nuovi, sconfinati, dove i personaggi nascono, vivono, urlano, muoiono.
Ancora in Simmetrie, Elio Pecora scrive «Ma è possibile che questa felicità, / così colma, comprenda anche tutti i disagi, tutti gli assilli?», domanda che popola le esistenze di questi tre artisti che, nel loro confrontarsi con la realtà, spesso si sono avvertite come disagiate, diverse, lontane dall’inaccettabile tutt’intorno. La stanza, come nella poesia del Duecento, prende le sembianze del corpo, essenza della vita che si consuma e che conduce alla fine, inevitabile.
Questi artisti, seppur rifuggendo la natura del reale, hanno trovato forza e vigore nella scrittura di mondi altri, nei quali la tristezza e la malinconia trovano conforto. Carichi di attese nel desiderio, ognuno a suo modo ha accettato di restare nel mondo cercando di lasciare una traccia di questo passaggio.
Nell’irrequietezza del vivere, Penna si discosta dal mondo, Wilcock rifugge dalla realtà, e Morante vivrà con la paura di non essere amata.
Sono vite di poeti e di scrittori e di scrittrici, specchio riflesso dei tempi che vissero, sono esempi di dolore e di quanto sia necessario farsi attraversare da esso senza subirlo, sono la prova del miracolo che la letteratura compie al principio di tutto, nel processo creativo, dentro ogni persona disposta a perdersi in mondi lontani e possibili: i libri, le storie che poi furono e che saranno. Il ricordo puro che Elio Pecora ci regala è un’ulteriore prova di quanto la morte non potrà mai mettere fine alla bellezza e all’amore.
Elio Pecora è nato a Sant’Arsenio (Salerno) nel 1936, dal 1966 abita a Roma. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro, poesie per bambini. Dirige la rivista internazionale “Poeti e Poesia”. Ha collaborato per la critica letteraria a quotidiani, settimanali, riviste e ai programmi Rai. I testi per il teatro rappresentati: “Alcesti”, Roma, 1984, Teatro SpazioUno, regia di Enrico Job; Pitagora (edito nei Quaderni del Comune, Crotone 1987), Crotone, regia di Luisa Mariani; “Prima di cena”, (Premio IDI 1987, in “Sipario 474”, gennaio-febbraio 1988), Roma, Teatro Belli, regia di Lorenzo Salveti; “Nell’altra stanza”, 1989 (in “Ridotto” n. 7-8, agosto-settembre 1989), Roma, Teatro Due, regia di Marco Lucchesi; “Il cappello con la peonia”, 1990, Roma, Teatro Due, regia di Marco Lucchesi; “A metà della notte”, Todi Festival 1992, regia di Maria Assunta Calvisi, edito da l’Obliquo, Brescia 1990; “Trittico”, Roma, Teatro Due, regia di Marco Lucchesi, 1995; “Sandro Penna: una cheta follia”, (monologo) regista e interprete Massimo Verdastro, Roma e Palermo 2018-19; “J. R. Wilcock”, regista e interprete Pino Strabioli, Roma 2019.I testi teatrali “Nell’altra stanza”, “Prima di cena”, “Il cappello con la peonia”, “Un mattino di giugno”, sono stati pubblicati nel 2009 dall’editore Bulzoni nel volume “Teatro”. Le radiocommedie trasmesse: “Il giardino”, RadioTre, 21 luglio 1996; “Il segreto di Lucio”, RadioTre, 19 ottobre 1997; “Sandro Penna: una cheta follia”, Radio Suite, 21 marzo 2017.
Tre monologhi. Penna, Morante, Wilcock
Autore: Elio Pecora
Collana: Racconti | n. 2
Lingua: italiano
Formato: copertina flessibile
Dimensioni: 140x210 mm
Anno di edizione: 2021
pp. 80
ISBN: 9791280223098
13,00 €
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