Vite al confine della “stranieritudine”
di Chiara Bianchi
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Federica Marzi, al suo esordio letterario con Bottega Errante Edizioni, traccia la storia di un confine mobile, quello del territorio dell’Istria e dei Balcani. Protagoniste sono figure femminili di diverse generazioni unite dalla Storia. Vite indistinte prendono i tratti della realtà, di passaggi da un luogo a un altro, tra slanci verso il futuro e ricordi evanescenti, in cui a farne le spese è la propria identità.
Amila, giovane bosniaca, e Norina, esule istriana, vivono a Trieste, emblematica città di confine, terra di approdi e drammatiche partenze. Le loro vite si incrociano durante un’estate, e da questo incontro nasceranno il desiderio di conoscenza del passato, di un’infanzia scolorita, e dall’altra la ricostruzione di una vita passata a dimenticare un passato scomodo, triste, fatto di drammatici primi amori e abbandoni familiari.
L’emigrazione, raccontata come un fenomeno obbligato, di fuga da una terra da dimenticare, perduta, vive negli occhi delle protagoniste e nei loro gesti. Come un filo invisibile le radici nella terra natia smuovono sentimenti sepolti dal tempo e la curiosità di sapere cosa ne è stato degli anni prima dell’esodo – o meglio degli esodi: quello degli anni Cinquanta per Norina e quello degli anni Novanta per Amila.
Forse non è un caso che Marzi ambienti la storia di Amila proprio nel 2005, anno in cui fu istituito il Giorno del ricordo, per commemorare la firma del trattato di pace di Parigi (1947) al quale seguì il primo massiccio esodo verso la zona A, quella italiana di Trieste, terminato nel 1954 l’anno in cui Norina raggiunse con la sua famiglia l’Italia, quando la zona B passò definitivamente alla Jugoslavia. E mentre le nuove autorità slave provvidero a cancellare anche la memoria della presenza italiana in Istria – una sorta di pulizia etnica della cultura italica – Norina e sua sorella Nevina vivevano in un campo profughi dove ritrovarono vecchi e nuovi amori.
Ma la vita è sfuggevole e i loro desideri, anche quelli di Amila ma in un tempo diverso, iniziarono a sgretolarsi nel reale e significativo interesse di ritrovarsi, in un turbinio senza sosta di volti ed eventi legati al passato, parte di un luogo al quale non sentivano appartenere.
Le vite di Norina e Amila e i loro destini si intrecciano a Trieste. Lungo tutta la storia raccogliamo elementi, come pezzi di un puzzle, che ci aiutano a ricostruire assieme a loro la storia, quella mai raccontata del loro passato, affinché quei vuoti, immensi e dolorosi, vengano colmati.
Con una scrittura snella, passionale, delicata, Marzi ne La mia casa altrove ci conduce negli antri oscuri dei non detto, dei rifiuti e della paura di non essere abbastanza in nessun posto, perché nessun posto riconosce quanto accaduto, come se quella Storia non avesse ancora il diritto di essere raccontata.
«Perché non era più una questione di affermare un diritto di scelta, ma di scegliere. Non era volere, ma sapere. Sapere cosa stesse sempre nel mezzo. Le sembrava che ciò si potesse chiamare stranezza. O meglio, stranieritudine, […]. Un misto di stranieraggine e rettitudine. Quella era lei. C’era tutto lì dentro, di sé, della sua famiglia, della sua storia. […] Eppure non si poteva vivere andando contemporaneamente in due direzioni, questo era chiaro».
Autore: Federica Marzi
Collana: Estensioni / 24
Anno: 2021
Formato: 13×20
Pagine: 336
ISBN 979-12-80219-22-0
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