Guadalupe Nettel - La figlia unica (la nuova frontiera)
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Laura e Alina sono state grandi amiche a Parigi durante i loro vent’anni da espatriate, unite anche nella convinzione di non voler mai diventare madri. Diversi anni dopo, entrambe di ritorno in Messico, Alina sorprende l’amica confidandole di stare inseguendo una gravidanza che non si decide ad arrivare, mentre Laura non ha mai cambiato idea, anche se il sentimento che comincia a nutrire nei confronti di Nico, il suo piccolo vicino di casa fragile e iracondo e della sua giovane madre, Doris, depressa e in enorme difficoltà, le riempie il cuore di uno slancio che non aveva mai considerato. Alina rimane incinta, ma vicina al termine della gestazione scopre che il cervello della sua bambina non si sta sviluppando. Entrambe le donne sperimentano ruoli inaspettati, distanti dall’idea di maternità che spesso si rifugge o si insegue. Ma ci sono tanti modi di fare il nido, di covare e accudire, di prendersi carico, di rifiutare e di accogliere. Dolori acuti e grande saggezza vengono centellinati con una scrittura semplice eppure sorprendente, in capitoli brevi ma incisivi. Nettel racconta una storia lineare solo in apparenza, scavando nella tortuosa e intricata complessità dello stare al mondo. Scavando nell’accettazione, nella ribellione, e in tutto ciò che ci sta in mezzo.
“È stranissimo, non trovi? Perché qualcuno che non lo ha mai fatto dovrebbe avere voglia di vivere?”
Vera Gheno - Femminili singolari - il femminismo è nelle parole (effequ)
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Abbiamo sempre detto maestra. Sarta, ostetrica, operaia, anche impiegata. Fin lì tutto bene. Ma quando hanno cominciato a spuntare avvocate, chirurghe, ingegnere e ministre, i nasi hanno cominciato ad arricciarsi. È cacofonico, snaturante, è svilente, non si può sentire! Di fronte a questa feroce resistenza abbiamo cominciato a chiederci se, nel sentire comune, non sia tanto l’uso del femminile quanto l’essere e sentirsi femmina a risultare svilente e limitante. La grammatica prevede i femminili professionali, sono corretti e se vogliamo li possiamo utilizzare, evolvendoci come società insieme alla lingua che parliamo, in base alle nostre esigenze, come è sempre avvenuto. Se la portiera di calcio evoca la portiera della macchina non dovrebbe essere un problema, di parole con molteplici significati ce ne sono sempre state, e non è mai importato molto che suonassero male (per citare la spiritosissima autrice, “arbitro è fallo!” non significa per forza che sul campo di calcio sia improvvisamente comparso un pene). Ma allora perché tutta questa rabbia di fronte ai femminili professionali che non abbiamo l’abitudine di ascoltare? Vera Gheno, sociolinguista, raccoglie in un volume le obiezioni più comuni al corretto uso grammaticale dei femminili, specialmente le obiezioni fatte sui social (le più furiose e spesso disinformate) e le smonta una per una con competenza ed efficacia, ponendo l’attenzione sul fatto che, probabilmente, se dire balia o infermiera non ci suona male, ma dire assessora e sindaca invece sì, il nostro non è un problema di forma, ma di patriarcato.
Jorge Carrión - Contro Amazon - diciassette storie in difesa delle librerie, delle biblioteche e della lettura (edizioni e/o)
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L’esistenza delle librerie come spazio fisico è diventata, più che altro, una sopravvivenza, e il dibattito che circonda il destino di questi luoghi non ha mai portato a nulla di concreto; le librerie continuano a chiudere e il fatturato di siti come Amazon ad aumentare, perché a comprare in libreria ci andiamo sempre di meno, e anche alle tante che si sono ormai attrezzate con vendita online e consegna a domicilio preferiamo il colosso statunitense, tanto che alcune di queste, come Lello a Porto e Bunkitsu a Tokyo, hanno cominciato a far pagare un biglietto d’ingresso. Librerie come musei, guardare e comprare solo i gadget? In effetti il libro è il primo oggetto simbolo di prestigio culturale, prestigio di cui Amazon si è appropriato cominciando come bookstore online per poter in seguito arrivare a vendere tutto e a poco. Il libro, come culto ed emblema, non ha mai smesso di funzionare. Ma l’avventura del leggere è un’altra cosa, che non ha nulla a che vedere con il classismo che si cela dietro la venerazione di un’icona, ed è difendendo questa avventura che Jorge Carrión difende le librerie. Lo seguiamo nei suoi viaggi in cui intervista scrittrici e bibliotecari, gestori di librerie e amanti della lettura, seguendo le orme delle penne preferite. Librerie del nuovo o dell’usato? Ordine per genere o alfabetico?
Non importa, il punto è che non rinunceremo mai a tutto questo.
Mona Awad- Bunny (Fandango)
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Non ho capito se mi è piaciuto, Bunny. È una lettura che lascia frastornatə come dopo aver divorato per intero lo zucchero filato del lunapark. Young adult che indugia tra l’horror e la satira, richiamando quell’idea del femminile perfida e satinata, il totem scivoloso e risucchiante da cui le “ragazze diverse” dovrebbero tenersi alla larga per andare dove non si sa, di solito a fare in culo, tanto loro sono diverse. Samantha viene selezionata per un corso di scrittura creativa tra i più esclusivi e avanguardistici degli Stati Uniti. L’ambiente è decisamente elitario e lei risulta la mela marcia della classe, si sente fuori posto, trova un mentore che improvvisamente l’abbandona come una gomma masticata e la sua prosa cupa non convince. Il circolo chiuso delle ricchissime compagne, che si chiamano “Bunny” a vicenda sfoggiando abiti pastello e zuccherose manifestazioni d’affetto pubbliche (“Ti voglio bene Bunny”) provoca in Samantha la rabbia di non farne parte e il disprezzo del sentirsi superiore, fino a quando viene inaspettatamente invitata ad una delle loro riunioni, fino a quando si sente chiamare Bunny a sua volta, partecipando a esoterici riti sanguinari. La sua migliore amica, Ava, eterea anima gemella, non la riconosce più.
Prendendo in giro l’universo delle confraternite americane Mona Awad evoca “Schegge di follia” e “Amiche cattive”, evoca lo sconcerto e l’imbarazzo del sentirsi semplicemente una ragazza.
Fumettibrutti - Romanzo esplicito (Feltrinelli comics)
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Ormai appassionata del lavoro di Yole Signorelli, mi mancava da leggere il suo esordio su carta stampata. Parla di un cuore esposto e spezzato, il suo. “Maledetto. Non mi manchi tu, mi manca com’ero io”. Perché gli amori adolescenziali sono spesso il miscuglio sincopato di annullamento ed espansione dell‘identità, la scoperta dell’ego mentre viene offerto in sacrificio. A chi magari non sa che farsene. Schegge di passato tormentano la durezza disincantata del presente di Yole, i primi piani e le sfocature si alternano come a richiamare i postumi di una sbronza, il sesso è un atto crudo e ruvido, il corpo un mezzo di sostentamento, e c’è tanta droga, tanto disordine. Niente polvere sotto al tappeto. Di esplicito, oltre al titolo e ai contenuti, c’è un’altra cosa: la dolcezza. Che rimane attaccata al palato insieme ai sentimenti, a certe parole, dette e pensate, sconvenienti e sempre troppo esplicite.
I disegni di Fumettibrutti sono diventati il manifesto di uno stato d’animo, hanno risposto al bisogno condiviso di mostrare i nostri cuori spezzati e di mandare a quel paese il decoro.
Chadia Arab - Fragole - le donne invisibili della migrazione stagionale (Luiss University Press)
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“Le ragazze come te, quelle che hanno davvero bisogno, sono quelle che ci servono”. La migrazione circolare è stata venduta come la soluzione perfetta in grado di soddisfare tutte le parti in causa. Gli stati le cui aziende esigono manodopera a basso costo in un determinato periodo dell’anno, e le persone bisognose di guadagnare e desiderose di tornare alla famiglia lasciata nel paese d’origine, dove le paghe sono talmente basse da far apparire allettanti situazioni più simili allo schiavismo di quanto piacerebbe ammettere alla UE. Questo è il caso delle donne marocchine che vanno a raccogliere le fragole nella provincia di Huelva, nel sud della Spagna, ma che una volta svolto il compito, sottostando a condizioni lavorative sanitarie e abitative che variano dal logorante al massacrante, devono andarsene, senza garanzia di essere richiamate la stagione successiva. Selezionate in base alla condizione di bisogno e allo status familiare, divorziate vedove o sposate con bambinə, perché la migrazione circolare - arrivi a sgobbare ma poi te ne vai - serve a scoraggiare la migrazione clandestina e le dita buone per rovinarsi raccogliendo le fragole sono quelle che si struggono pensando alla prole lontana. È crudele, è efficace, è iniquo. Le ricerche sul campo di Arab descrivono un moderno sfruttamento socialmente accettato, e queste storie di donne che hanno deciso di affrontare la clandestinità rimanendo in Spagna o di tornare in Marocco ci riguardano da vicino, come cittadinə di paesi europei con un passato colonialista e come esseri umani. La soluzione perfetta in grado di soddisfare tutte le parti in causa, se una di queste parti è il manico di un coltello, non è che una trappola.
Naomi Alderman - Le lezioni (nottetempo)
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Oxford. La sola parola è sufficiente ad intimidire. E questo romanzo di formazione suggerisce, oltre a raccontare un amore esasperante e distruttivo, che la sacralità di tali istituzioni assomigli, più che ad un trampolino di lancio verso il successo, ad un’irta arrampicata mentre alte fiamme lambiscono i piedi. James è stato uno studente brillante, ma ad Oxford (che “è una gara” lo avverte la sorella maggiore) non riesce a competere. Cadendo e procurandosi un infortunio che lo condizionerà per il resto della vita sprofonda nella spirale del dolore cronico e della depressione, fino all’incontro con il gruppo di di Mark, Jess Simon Franny ed Emanuella. Vivranno insieme nell’enorme e decadente tenuta di Mark, immensamente ricco problematico e contraddittorio. Alla ricerca vorace di una famiglia che senta sua, dopo l’obbligata rottura della bolla rappresentata da questa vita in comune fatta di feste e spensieratezza garantita dai suoi fondi inesauribili, cercherà di replicarla caparbiamente dopo la laurea. Seminando rovine. “Le lezioni” mi è sembrato sopratutto la storia del modo di amare di James. Di come ci si possa sentire piccoli e insignificanti, e grati. Spaventati. Ma è anche una storia sul denaro e le dinamiche di potere nei rapporti.
Non è il primo romanzo di Alderman, ma alcuni stereotipi stridono e sicuramente è il più immaturo tra quelli che ho letto, distante dalle vette toccare con altri lavori.
Ma la sua scrittura, che adoro, rende la lettura comunque molto godibile.
Chiara Meloni Mara Mibelli - Belle di Faccia - tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico (Mondadori)
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Le lotte per i diritti civili e la giustizia sociale sono sempre partite dai corpi indesiderati e lo spazio che occupano nei territori del mondo. C’è sempre qualcunə che dice “noi qui non ti vogliamo”, che significa sostanzialmente “lo sappiamo che esisti, ma non ti vogliamo vedere, specialmente se non odi ciò che sei”. Persone povere, non bianche, non etero e cis, disabili, non conformi in molteplici maniere. E le persone grasse, la cui discriminazione è tra le più normalizzate, tanto che c’è un vero e proprio rifiuto a riconoscerla come tale. Ma Mibelli e Meloni hanno affrontato questo rifiuto decostruendolo capitolo dopo capitolo, nel manuale anti grassofobico che ogni persona in Italia, anche se ancora non lo sa, stava aspettando. Raccontando le origini del movimento per la fat acceptance e la body positivity, spiegando quanto questo stigma influenzi la vita delle persone, e ribaltando gli standard di bellezza sostenendo che “grassə” è solo uno dei tanti aggettivi che descrivono l’ampia varietà dei corpi, e non un insulto o una colpa da cancellare chiedendo scusa e riempiendo le tasche di aziende che campano sulle nostre insicurezze, le Belle di Faccia - beffeggio mascherato da complimento diventato nome di battaglia - non hanno la minima intenzione di essere accomodanti, e con intelligenza e simpatia ci regalano una vera e propria dichiarazione di guerra che non lascerà scampo a chi si ostina a voler negare i diritti fondamentali dovuti ad ogni tipo di corpo.
Il loro primo libro è euforia organizzata, è rabbia e gioia necessarie alla ricerca della libertà.
È davvero, davvero importante.
© Giulia Gazzo
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