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La prima volta che incontrai Amarilli Varesio aveva tra le braccia una chitarra, e cantava con un timbro vibrato e minuto storie di solitudini.
Il libro di cui vi parlerò oggi è solo la versione trascritta di quel dolcissimo canto.
Partiamo dal titolo: “Porto Palazzo”. Per chi non lo conoscesse, Porta Palazzo è uno storico mercato situato al centro di Torino e senza il quale la città, probabilmente, non sarebbe la stessa.
Ma Porta Palazzo ha una caratteristica fondamentale: è l’essenza stessa della multiculturalità.
Qui, etnie provenienti da tutto il mondo giungono per mescolarsi , ibridarsi e vivere in una comunità che è quasi, passatemi il termine, un porto di mare per ciò che un porto di mare rappresenta, da qui il titolo del volume.
L’autrice dedica a questo mercato e a chi lo popola, una raccolta di racconti edita da SuiGeneris e dall’elegante fattura, con una copertina disegnata da Vincenzo Del Vecchio che già a colpo d’occhio spiega molto del titolo della raccolta e del suo contenuto.
Dieci racconti, con dieci diversi protagonisti che raccontano con gesti idee e sogni la loro realtà, realtà che come spiega la stessa autrice ha in se tratti reali e tratti più o meno di fantasia che si confondono tra loro, creando esistenze magari non esattamente veritiere ma estremamente verosimili.
Tema centrale di tutti i racconti è la fedeltà: la fedeltà che i protagonisti tentano di mantenere verso se stessi nella vita di tutti i giorni; la fedeltà con cui tentano di rimanere ancorati e mantenere vive le tradizioni dei paesi dai quali provengono e che sembrano, in molti casi, estremamente lontani, forse più di quanto lo siano davvero… La fedeltà che tentano disperatamente di avere nei confronti dei propri cari, spesso a discapito dei propri sogni.
Ogni racconto è una ricerca, la profonda e inarrestabile ricerca di se stessi, che finisce spesso per sorprendere anche i personaggi dei racconti, in un modo o nell’altro.
Tutti i protagonisti delle storie sono direzionati da una polarità elementale, terra o acqua, che l’autrice utilizza come metafora per una necessità rispettivamente di stabilità e radicamento, o autonomia e movimento.
Vivono inoltre solitudini a cui spesso fanno da sfondo questioni sociali, problemi familiari e diversità nette ma non insormontabili.
Tra i racconti, ho amato profondamente “Lettere al vento tibetano”, la storia di un amore puro e incontaminato che via via prende sempre più l’aspetto di una coincidenza mancata, altro occhio di riguardo per “Un’alba di sale” la storia di un uomo che vorrebbe adattarsi al mondo ma che, semplicemente, non ne è capace, e che piuttosto che il mondo finisce per scegliere se stesso.
Porto Palazzo rappresenta uno sguardo lucido e privo di pregiudizi della realtà, ce la mostra per quello che è, ma la cosa che veramente ho apprezzato di questo libro è che ci spinge a guardarci attorno e a capire davvero le persone che ci circondano, indipendentemente da razza ed etnia, ci rende consapevoli che quelle che abbiamo attorno sono „davvero“ persone, che vivono in solitudini profonde, un caos di solitudini che spesso cozzano una con l’altra e che di tanto in tanto, se siamo fortunati, si annientano a vicenda.
In un momento di estrema chiusura e tendenza alla xenofobia come quello che stiamo vivendo adesso, un libro come quello di Amarilli Varesio è fondamentale: ci rende consapevoli che tutte le millantate differenze che vengono pubblicizzate, spesso sono solo mero fumo negli occhi e nient’altro.
Autore: Amarilli Varesio
Titolo: Porto Palazzo
Editore: SuiGeneris |Raccolta di racconti (collana Pierre Dumayet)
Anno di pubblicazione: Dicembre 2019
Prezzo di copertina: 15,00 €
Pagine: 264
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© Nadia Caruso