Il Tocco del Pianista, Mirt Komel
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C’è chi afferma di avere un sesto senso, chi esagera dicendo di averne sette, otto, ma scientificamente i sensi sono cinque e tutti sono riconducibili al tatto. Secondo Mirt Komel, guardare, udire, odorare, assaporare, sono forme di tatto a distanza, delle prolunghe del nostro corpo con le quali veniamo in contatto con il mondo. Io, durante la lettura i sensi li ho usati tutti, anche quello del gusto, perché ogni pagina l’ho assaporata come se fosse una primizia, un piatto prelibato.
"Il Tocco del Pianista" è un saggio sotto forma di romanzo, e viceversa. È indubbiamente un medley degli amori dell’autore per la letteratura, la musica, la filosofia, affrontato con stile e pure con ironia.
È la storia di Gabriel Goldman (vi dice niente il nome? Richiama Glenn Gould ma alla lettera significa mano d’oro), un pianista geniale, eccentrico, come del resto la storia della musica ne è piena. Lo incontriamo nel letto di un ospedale di New York, in seguito a un incidente. Non sa bene cosa gli sia successo e nemmeno i medici riescono a capirlo. Infatti, il dottor Hinkelmam, nella lettera di dimissioni scrive:
“Il paziente è sano finchè non gli venga diagnosticata una malattia”.
Ma Gabriel sa benissimo di essere vittima di una fobia: non può toccare niente e nessuno, soltanto i tasti del pianoforte. In questo stato di detenzione forzata ripercorre la sua esistenza, la sua infanzia di bambino prodigio. Era stato suo nonno Eugene, di orgine russa, a vedere in lui il talento naturale per il pianoforte e ad accompagnarlo alla scoperta dello strumento. Gabriel iniziò a suonare il suo Tchaika imitando il movimento delle dita del nonno e poi leggendo gli spartiti.
L’amore per la musica glielo aveva trasmesso anche sua madre Cecilia (un altro nome importante), dal carattere ben diverso da quello del padre Nathan che disdegnava tutto ciò che appariva futile, come la musica.
In breve, il piccolo Gabriel instaura un rapporto viscerale con quei tasti bianco e neri.
Solo chi ha provato a cimentarsi nello studio del pianoforte - e forse, anche di qualche altro strumento – può capire in pieno il piacere del tocco, quella sensazione che provano le dita quando si destreggiano sulla tastiera, disegnano danze, ballano tanghi. Una sensazione che sale dai polpastrelli, si irradia nel braccio e poi sì, può anche andare a finire nel petto.
“Il supremo quesito esistenziale naturalmente era:
A che serve il metronomo sul pianoforte quando il cuore nel petto mi batte il ritmo al secondo?”
Il Tocco del Pianista è un libro che si prova soddisfazione a sottolineare, ad evidenziare, a riempire di annotazioni nei bordi. È composto da 12 capitoli, tanti quante sono le dodici sinfonie di Scarlatti, le dodici sonate per organo di Pier Battista Farinelli, le note di una composizione dodecafonica.
Il mio preferito, per il titolo e per lo svolgimento è il nono: Toccata e Fuga. In questo, Gabriel ricorda l’incontro in una sala da concerto, con Ester, “una ragazza bruna e formosa con le spalle nude, seduta solo poche file davanti a lui, si era portata una mano ai capelli e con le dita aveva arrotolato una ciocca a formare una chiave di violino attorno al cuore di basso di Gabriel, mentre l’altra mano riposava sul suo lungo collo come l’arco sul collo dell’oboe d’amore”.
Sì, quando il nome dell’autore, il titolo e la copertina si abbinano alla perfezione e il contenuto corrisponde più o meno a quello che ti aspetti, quello è un libro felice.
Titolo: Il tocco del pianista
Autore: Mirt Komel
Traduttore: Patrizia Raveggi
Editore: Carbonio Editore
Collana: Cielo Stellato
Pagine: 170
© Paolo Perlini