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Viviamo in uno strano paese, in cui convivono ideali opposti per i quali si lotta, ma la sensazione è che non si concluda mai niente. Forse è più di una sensazione: è l’idea di vivere in un paese scombinato e pur di aggiustarlo stiamo arrivando a giustificare l’inescusabile. Ma cosa significherà poi che la nazione è scombinata?
Per capirlo dobbiamo leggere il libro, la storia è d’amore e di una doppia ricerca: quella di Antonio Cerasa che cerca Shara, di cui è perdutamente innamorato e se è o meno corrisposto lo capiremo man mano che sfogliamo le pagine; quella di Shara che cerca di rintracciare il fratello Hassan, improvvisamente irrintracciabile.
Ecco al di là della trama principale che conduce il lettore veloce da un mondo, il nostro, all’altro, il loro, quello degli profughi, dei clandestini, delle ombre innominabili che si aggirano furtive e guardinghe attraverso campi e metropoli, quelle stesse ombre che ci atterriscono quando diventano la maggioranza nei mercati la mattina o nei locali la sera, questo romanzo ha il pregio di riportarci all’essenziale della vita umana attraverso il racconto che Faaduma, cognata di Shara, snocciola a poco a poco al protagonista, Antonio Cerasa. Un racconto a volte dolce, a volte agghiacciante che ci lascia riflettere su quanto la differenza tra noi e loro è impalpabile tanto da rendere questi due gruppi noi e loro praticamente lo stesso. E l’autore, beffardo, lo sottolinea ad ogni pié sospinto descrivendo la realtà di Spillace: c’è forse differenza tra un calabrese immigrato qualche decade fa in Germania o in Svizzera ed un somalo o pakistano che cerca qui la sua fonte di sostentamento? Qualcuno vorrebbe farci credere di sì, lo sostengono anche i paesani con Antonio Cerasa, ma Carmine Abate ribadisce fortemente che alla fine siamo pura ricerca di amore e felicità. Null’altro. E a chi chiede perché proprio qui, con noi? Fa rispondere, tramite il protagonista: “perché sono esseri umani come noi”.
Sintesi perfetta di questo scontro è data dall’uso dell’italiano, masticato e sputato storpiato tanto dai calabresi quando dagli stranieri, corrotto tanto quanto possono esserlo certe esistenze; dell’inglese, simbolo di un mondo ideale in cui tutto si può: si può raccontare senza far sapere; si può ricordare del passato felice, come in un sogno, ma che un sogno non è.
In conclusione, se siete alla ricerca di un libro che si lascia leggere, tanto da essere sfogliabile, ma che ha dalla sua la particolarità dello stile — e in questo non risulta mai banale — e avete voglia di farvi trascinare nei mondi lontani della Somalia e della Calabria profonda, questo è il libro adatto a voi. Magari abbinatelo ad un plaid o ad una tazza di tè, considerato il periodo.
Titolo: Le Rughe del Sorriso
Autore: Carmine Abate
Edizioni: Mondadori
Genere: Romanzo
Uscita: ottobre 2018
Pagine: 258
© Maria Gemini