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C'era un prato, nel 1946, ai piedi delle Dolomiti, sotto le suole di un ingegnere che, toccando l'erba, la terra, vede il lago artificiale che sarà, il profitto che la diga produrrà. Cerca di convincere gli abitanti del luogo, questo strano ingegnere, cerca di sedurre questi montanari, legati alla proprie radici e alle tradizioni, a lasciargli volontariamente le proprie terre, ad anticipare di trentotto anni il destino, senza però riuscirvi.
Ritroviamo così quello stesso prato nel 1989, teatro dei giochi, dei turbamenti e delle fantasie di tre ragazzi, Dino, Ismaele — che in realtà si chiama Giulio — e Sofia, alla vigilia della sua scomparsa, sommerso dalle acque di quel lago artificiale che, nel frattempo, ha già invaso le terre confinanti. I tre ragazzi provano ad opporsi all'inevitabile sottraendo la luna dal cielo, durante la notte, e chiudendola nell'Atlante in cui conservano tutti i personaggi della propria immaginazione di fanciulli, ripromettendosi di rincontrarsi, un giorno, qualora il lago venisse prosciugato e il loro mondo riemergesse, per riconsegnarla.
Parallelamente alle loro si consuma la storia di Elio e Teresa, tra estro e ragione, bello e giusto. Lui realizza mappamondi incredibili e surreali; lei, altera e volitiva, li corregge, s'infuria e lo ama per quella fantasia galoppante capace di plasmare e realizzare mondi immaginari, affascinanti e decisamente scorretti. Un amore che s'interrompe, lasciando sospeso un progetto e un appuntamento al quale poi Teresa si presenterà, ultra ottantenne, per portare a termine una propria folle missione.
Una storia complessa, per l'intreccio delle vicende in tre momenti storici diversi, 1946/1989/2007, ma anche per la convivenza continua di immaginario, ultraterreno e reale.
Tre epoche, tre fasi fondamentali della vita — un elemento, questo, ricorrente nelle opere dell'autore: adolescenza, maturità e senescenza; gli anni rispettivamente della fantasia come gioco, come strumento e come conforto.
E ancora, tra gli elementi invisibili che però tutto muovono, l'amore: come scoperta in gioventù, come sostegno nella maturità, come separazione nella vecchiaia.
Altro elemento ricorrente è l'animale simbolico: il ragno; otto zampe, ogni zampa un sospetto, un mistero, un'inquietudine, questa rappresentata anche da un altro personaggio simbolico, il Krampus, lo spirito della montagna, il demone che punisce ma tutela, che terrorizza fino a quando non ne comprendi il mistero.
Un'opera più matura, più meditata; si comprende il tentativo di creare qualcosa di strutturato mantenendo quella magia, quella sensibilità che è caratteristica della penna dell'autore; funziona fino ad un certo punto poi finisce smorzato dai troppi livelli narrativi, perdendo quel trasporto, quella fascinazione per il lettore, che si smarrisce un po' tra le pagine.
Titolo: L'Atlante dell'invisibile
Autore: Alessandro Barbaglia
Edizioni: Mondadori
Genere: Romanzo
Uscita: maggio 2018
Pagine: 202
© Erika Casciello