Ci sono cose che riescono male a causa dei nostri errori, ma non per questo smettiamo di farle: la maionese, ad esempio. Ci sono cose che non vanno toccate, come i nei. Ci sono cose che basta il nome: il Triangolo delle Bermuda, la fossa delle Marianne, l’Oktoberfest. E infine ci sono altre cose, conosciute nel mondo per quello che sono, come le piramidi d’Egitto, il Deserto del Sahara e le Cascate del Niagara.
Ora, io la maionese non l’ho mai fatta, nei ne ho toccati, non sono mai stato nei posti elencati ma di una cosa sono sicuro: il Salone del libro di Torino ha la stessa importanza delle Cascate del Niagara e siccome le cascate non le puoi spostare, anche il Salone del libro dovrebbe stare lì, a Torino.
Con 17 voti favorevoli su 32 l’Associazione Italiana Editori (Aie) ha scelto Milano.
17 voti, non 24 o 27.
Questo significa che la scelta è dipesa da due voti, anzi, da solo uno che poteva mantenere la parità. Mi chiedo cosa ci sia dietro a questa scelta.
Perché Milano cerca di sbranare un mercato che in Italia è fallimentare? Secondo i dati Istat il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100. I "lettori forti", cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 13,7% dei lettori (14,3% nel 2014) mentre quasi un lettore su due (45,5%) si conferma "lettore debole", avendo letto non più di tre libri in un anno.
La scelta dell’Aie è di creare una società con la Fiera di Milano con la missione di promuovere il libro attraverso manifestazioni su tutto il territorio: una fiera nel capoluogo meneghino a maggio (in concomitanza con il Salone del libro), il potenziamento a Roma della fiera dei piccoli editori “Più libri più liberi” che dal prossimo anno si trasferirà nel nuovo centro congressi (la Nuvola di Fuksas) e un’altra manifestazione in sud Italia.
Bei propositi, certo, ma la paura è che questa manifestazione venga trasformata in una kermesse nella quale il libro perda la sua importanza, e che invece di letture si proponga altro. Come è successo a molte librerie, che per non chiudere si sono trasformate in bar.
Riguardo a questo scontro tra Torino e Milano, Alessandro Baricco ha detto:
“Qualcuno ha sentito gli scrittori? Non dico che Federico Motta, il presidente dell'Aie, dovesse farmi una telefonata, ma insomma anche noi contiamo. E sono certo che la gran parte degli autori non ha alcuna voglia di andare a Rho".
Appunto. Qualcuno li ha sentiti?
Ma io aggiungo: qualcuno ha sentito i lettori? Non so se ho tanta voglia di andare a Milano. Certo, si arriva prima, è più comodo, si risparmia denaro che si traduce in qualche acquisto in più. Però c’è una bella differenza tra l’andare al Salone del Libro di Torino e il #mibook. O no? Più o meno la stessa che c’è tra l’attraversare in barca lo Stretto di Magellano e lo Stretto di Messina. E non mi piace questa tendenza a voler rubare le cose che funzionano, come pare che Milano abbia già tentato di fare con il Motor Show di Bologna e il Vinitaly di Verona.
Per maggiori informazioni e per rimanere sempre aggiornati su quanto sta accadendo nel capoluogo piemontese, visitate la pagina Facebook ufficiale del movimento creato per salvare lo storico Salone del Libro: Io resto a Torino
© Paolo Perlini