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Quando un gruppo come i Depeche Mode pubblica un nuovo album, è facile scivolare e cadere nell'idolatria a prescindere, rischiando di mandare l'obiettività a quel paese. Questa è, almeno, la sensazione che ho provato mentre leggevo articoli italiani - e non - sull'ultima uscita discografica di Gahan e soci. Ed è per questo che ho sentito un senso di colpa galoppante quando ho ascoltato l'album e non mi sono ritrovata sconvolta da un capolavoro, arrivando a chiedermi addirittura se avessi ascoltato lo stesso disco degli altri.
Ma andiamo con ordine.
“Spirit” è il quattordicesimo album in studio dei Depeche Mode, il disco con il quale cercano di inserirsi nella discussione politica di questi ultimi anni. Il che non è un problema di per sé, il problema sta nel fatto che non ci riescono in pieno.
Puntano il dito verso chi dovrebbe fare la rivoluzione e non lo fa (Where's the revolution / Come on, people /You're letting me down), poi parlano del distacco umano verso la realtà creato dalla tecnologia (We can track it all with satellites / See it all in plain sight / Watch men die in real time / But we have nothing inside / We feel nothing inside) e così via, in una serie di temi che sono già sentiti e risentiti, senza aggiungere niente di nuovo o costruttivo al dialogo.
La bellezza dei Depeche Mode è sempre stata la loro capacità di affrontare diversi temi però da un punto di vista interiore e di analisi profonda. Questa volta cadono nel tranello di dover per forza salire sul treno delle opinioni a qualunque costo, senza aver compreso appieno che si tratta di un convoglio senza conducente e che viaggia a una velocità veramente fuori dal normale.
Non voglio essere fraintesa, “Spirit” è la firma dei Depeche Mode al loro stile inconfondibile e i fan si riconosceranno nei suoni, nei cori, nel modo rassicurante che ha quel figone di Dave Gahan di portare sensualità a qualunque parola canti, nella chitarra che quando compare è più che malinconica.
La magia della memorabilità questa volta non ha funzionato e l'album è un loro disco tipico che, purtroppo, scivola un po' nella presunzione e si appoggia sulla definizione di “già sentito e già fatto”.
È un peccato che i Depeche Mode, a distanza di quattro anni da “Delta Machine”, non siano riusciti a elaborare in qualche altro modo la loro formula vincente, incidendo così un album che si lascia ascoltare e che ha un paio di pezzi forti che fanno il loro sporco dovere ma che non aggiunge niente al mercato discografico.
Insomma, i Depeche Mode sono sempre i Depeche Mode e va benissimo così, forse bisognerebbe stare attenti a gridare al miracolo ad ogni uscita discografica.
Canzoni da ascoltare: Where's the revolution, Scum, Poison Heart
Titolo: Spirit
Artista: Depeche Mode
Etichetta discografica: Columbia Records
Uscita: 17 marzo 2017
Tracce: 17
Genere: rock elettronico/alternative
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© Fiorella Vacirca