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Album d’esordio per Andreotti, che con il suo 1972, ci fa fare un bel viaggio indietro nel tempo
È abbastanza strano parlare di esordio, sebbene discografico, di Andreotti; sì perché io ho sempre pensato che Andreotti fosse esistito prima di ogni cosa, che fosse una sorta di Big Bang, da cui tutto è nato.
Ma, tanto è, che ci troviamo oggi, nel 2020, a parlare del suo esordio come cantautore, con un album “1972”, che è incredibilmente attuale, e nostalgico al tempo stesso.
La musica è al centro di questo progetto, tanto che non abbiamo né un nome, né un volto a cui associare le otto tracce di questo disco; magari sotto la maschera, c’è davvero Andreotti, la cui immortalità non mi stupirebbe affatto.
E ascoltando il disco, i miei dubbi, in tal senso, aumentano.
Il synth-pop di questo cantautore, un po’ sui generis, ci riporta davvero indietro nel tempo, con sonorità che sembravano oramai lontane, ma che negli ultimi anni sono tornate tremendamente attuali.
Funziona la contrapposizione fra la delicatezza del sound, e i testi schietti, cantati in maniera sfacciata, quasi a voler sbattere le parole in faccia all’ascoltatore.
In definitiva, ci troviamo di fronte ad un progetto che potrà avere sviluppi davvero interessanti, anche se va ad inserirsi in un filone che inizia ad essere un po’ affollato, correndo il rischio di perdersi un po’, perché come dice il presidente nel brano di apertura: “alla lunga, anche Parigi rompe i coglioni”
Brani migliori: Eschimesi, Colori
“1972” è scritto, prodotto, suonato e mixato da Andreotti
01 - Eschimesi
02 - Winnie the Pooh
03 - Droga
04 - Luis Miguel
05 - Sassuolo
06 - Colori
07 - Aristogatti
08 – Lombroso
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© Luca Cameli