Emiliano Mammucari non ha di certo bisogno di presentazioni.
A quei pochi amanti della nona arte che ancora non dovessero conoscerlo, basti pensare a Emiliano come uno dei creatori di Orfani, vero e proprio fumetto cult degli ultimi anni, nonché spartiacque in casa Bonelli ("Orfani" è la prima serie totalmente a colori della casa editrice milanese, ndr).
Mammucari non è “solo” un illustratore e fumettista di grande talento.
Nato a Velletri nel 1975, da studente della Scuola Romana dei Fumetti ne ha fatta di strada: illustratore, insegnante, scrittore, sceneggiatore, produttore.
Una vita immersa nel disegno.
Da poco in veste anche di sceneggiatore (di “Terra”, nuovo capitolo della saga "Orfani") super impegnato tra tour promozionali, progetti in corso e progetti futuri, lo abbiamo rincorso per un po' prima di riuscire a incontrarlo per la nostra intervista.
Ciao Emiliano e benvenuto in CrunchEd.
Abbiamo fra le mani uno dei tuoi ultimi lavori, nonché primo “Sketchbook”. Quanti Emiliano troviamo in queste ottanta pagine e in quale ti riconosci di più dal "Povero Pinocchio" ad "Orfani"?
Prendo sempre appunti. Ho dei quaderni su cui mi segno le cose, pensieri, idee, linee di dialogo di film, frasi di libri, cose da studiare e, ovviamente, disegni: quelli che ho raccolto in questo Sketchbook.
Li faccio dopo una giornata in cui sono stato ore al Photoshop, ho scritto 30 mail e telefonato a 20 persone.
Diciamo che mi serve per decomprimermi.
Di Emiliano in questo libro ce n'è, stranamente, solo uno. Quello meno chiassoso.
“Orfani: Terra” ti vede per la prima volta come sceneggiatore a 360 gradi. Inevitabile evoluzione o scelta necessaria?
Mi sono sempre sentito uno che racconta storie, del resto anche il disegno è una forma di scrittura, se vuoi.
Mi mancavano le parole: ora ci sono.
Non ti è mancato poter raffigurare i tuoi personaggi come li avevi immaginati? Riesci a guardare “i tuoi figli” prendere vita e crescere restando in disparte?
È una fatica tremenda perché ho, ovviamente, il mio modo di immaginare le scene. Razionalmente lo so che non devo strabordare nelle zone di competenza di chi ha sotto mano la tavola, ma non mi riesce sempre. Fortunatamente lavoro insieme a disegnatori straordinari con cui ho anche un rapporto di amicizia e sopportazione (nel senso che loro mi sopportano).
All'inizio "sceneggiavo" disegnando, ma ho smesso subito: viene una roba meccanica, se hai disegnatori bravi devi affidarti alla loro voce e alla loro sensibilità. Devono essere loro i registi, sempre.
Con che criterio selezioni disegnatori e coloristi?
Non mi piacciono i disegnatori formali e non mi interessano quelli che si "disegnano addosso".
È bello lavorare con chi ti dà qualcosa in termini di energia, di passione.
Stesso discorso per i coloristi.
Che rapporto hai con i tuoi collaboratori? Si creano mai attriti o discussioni che sfociano in stallo?
Sono i miei fratelli in armi. Scrittori, disegnatori, coloristi.
Spesso ci accapigliamo in merito a una scena o a una soluzione, ed è giusto così: vuol dire che c'è desiderio di dare il meglio.
Sicuramente ti sarà capitato di attraversare dei periodi di blocco creativo, come ne sei uscito?
Per come la vedo io il rapporto col disegno è una roba dolorosa. È un ferirsi continuo, uno strapparsi brandelli di pelle... non ci convivo bene, non sono sereno.
I "blocchi creativi" sono per chi vive la creatività come un esercizio rilassante.
Negli ultimi anni vediamo sempre più appartenenti al cosiddetto fumetto d'autore cimentarsi con il fumetto popolare, in “Terra” vediamo, ad esempio, Gipi come copertinista. Scegliere loro è un segnale preciso che volete lanciare al mercato?
Credo che in futuro vedremo questa dicotomia fumetto d'autore - fumetto popolare sempre più per quello che è: una cazzata.
Sono le intenzioni e le capacità a rendere importante un lavoro, non i formati editoriali o gli steccati ideologici.
Gipi è il fumettista contemporaneo che ammiro di più: mentre io scrivevo "Terra" lui stava realizzando "La terra dei figli" e ci siamo spesso trovati a parlare di come ci si immagina il domani.
Il risultato è questo trittico di copertine meravigliose.
Immagine per Cover "Terra" 3. Oltre il Muro © GIPI
Sappiamo che appena conclusa l’ultima stagione di “Orfani”, sarai pronto per presentare e ultimare la tua nuova serie, scritta e disegnata da te, sempre per Bonelli: “Nero”. Sembra la giusta strada, finalmente ti vedremo come autore completo.
Era ora, direi. Ci ho preso gusto, non so se saprei tornare indietro.
“Nero” sarà la storia di un guerriero arabo durante il periodo della guerra santa. Perché fare un fumetto sulla jihad in questo contesto storico?
Non ha senso chiamare in causa un periodo storico se non per raccontare una storia che parli di noi, di quello che viviamo.
Ma sarà comunque un fumetto il cui cuore pulsante è la matrice Bonelli: l'avventura.
Com’è il tuo rapporto con i personaggi che crei? Da dove arrivano le tue storie e come trovano la strada verso le parole? Nasce prima un personaggio o la sua storia?
Credo di essere uno che "scrive personaggi". Devo però ancora capire che vuol dire.
Il tempo è sempre poco e va troppo veloce. Per questo spesso si tende ad amare la notte. Che rapporto hai con il tempo e quale parte della giornata preferisci per disegnare?
Vorrei essere uno di quelli che si alza alle 5 e cominciare la giornata all'alba, avere sempre il buio dietro e mai davanti.
Vorrei non vederla mai, la notte.
Ora una domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e che tipo di musica ascolti quando rifletti su nuove idee?
Di solito lavoro con i film in sottofondo, mi concentra sentire persone che parlano perché il silenzio mi manda ai matti.
Mi piacciono le commedie all'italiana, ad esempio: Germi e Pietrangeli su tutti.
O Monicelli, che è il nostro vero grande artista punk.
Grazie Emiliano e a presto!
© Elisa Marchegiani