Come diventare attrici ma soprattutto, come essere felici.
Ad ascoltare Federica Flavoni sembra di sentire il suono di un violoncello: una voce viva, calda e passionale, di un color bruno dorato. A parlare con lei ti rendi conto che potrebbe suonare le Suites di Bach, con la stessa interpretazione di Pau Casals: la prima ricca di ottimismo, la seconda tragica, la terza eroica, maestosa la quarta, tempestosa la quinta e bucolica la sesta. Tutte queste sensazioni scaturiscono dalla sua voce mentre parla di sé, della sua vita, delle sue scelte e dei suoi propositi per il futuro.
Federica, sembri molto impegnata, cosa bolle in pentola?
Una grande sfida, in tutti i sensi. Sono alle prese con l’interpretazione di Alba Trueba, La Casa degli spiriti, per la regia di Claudia Della Seta e Glenda Sevald, un progetto teatrale di Afrodita Compagnia in cui si incontrano le esperienze umane, artistiche, e interculturali di tante persone. Questa compagnia, un vero progetto di pace, è nata nel 2003. Abbiamo recitato ad Akka, eravamo un insieme di attori italiani, arabi, israeliani, io interpretavo due piccoli ruoli. Poi si sa…il tempo passa, le persone si allontano, ognuno ha una propria vita ed è difficile tenere unita una compagnia. Due anni fa, Claudia Della Seta mi chiamò per dirmi che aveva intenzione di riportare in scena La Casa Degli Spiriti e voleva me nella parte di Alba. Un’ impresa titanica perché è una parte impegnativa e poi ci sono nuovi attori, nuove tensioni, nuove dinamiche da affrontare… Siamo già andati in scena al Teatro Funaro di Pistoia e dall’8 al 12 febbraio siamo a Tor Bella Monaca. Sempre con Claudia Della Seta porto in scena Il Bambino Sogna, dal 20 al 27 marzo al Teatro Lo Spazio di Roma.
Era il tuo sogno da bambina? O avresti preferito fare la danzatrice, l’archeologa, l’esploratrice…
In realtà, quando ero piccola a me piaceva cantare.
E la recitazione, come l’hai scoperta?
È una storia lunga e per me emozionante. A diciannove anni accadde un evento che mi sconvolse: persi mio padre, Stefano. Fu un duro colpo, iniziai a lavorare per contribuire in famiglia e svolgevo anche tre lavori: cameriera la sera, commessa al mattino e figurante in RAI al pomeriggio. Quest’ultimo era un bell’ambiente, si era formato un bel gruppo e una ragazza di nome Stefania, che suonava il pianoforte, un giorno mi disse: “Federica, tu devi entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia”.
Un bel consiglio!
Sì, ma io neanche sapevo cosa fosse! L’ultimo giorno disponibile, prima della scadenza del bando, seguendo forse un suggerimento arrivato dall’alto mi iscrissi. Dopo un po’ di tempo mi arrivò una raccomandata. Diceva che ero stata selezionata per un colloquio da tenere il 2 agosto, il giorno del compleanno di mio padre Stefano.
Stefania, Stefano, c’è qualche collegamento?
Sì, tante coincidenze, e non è ancora finita, aspetta… Comunque a quel colloquio partecipavano seicento persone, scaglionate in più giorni. Io andai, salii sul palco imbarazzata, fui richiamata subito perché si trattava di una prova video. Insomma, temevo di aver sbagliato tutto. Invece mi arrivò la raccomandata per un secondo colloquio nel quale bisognava portare un monologo di un minuto e mezzo.
Dovrebbe essere il tuo forte (lo dico con ironia, lei scoppia a ridere).
Sì, adesso, lo senti quanto parlo? Ma a quel tempo? Mi inventai una storia che parlava di una ragazza che aveva un bar e problemi vari, andai al colloquio, confusi le parti, panico assoluto. Ero disperata, andai perfino al cimitero, a piangere sulla tomba di papà.
E poi?
Poi mi arrivò la terza raccomandata del Centro. Mi dicevano che ero selezionata insieme ad altri 24, e di questi ne sarebbero rimasti la metà. Il 29 dicembre avremmo saputo l’esito. La sera prima andai a dormire nel lettone con mia madre, come una bambina. Il mattino seguente mi svegliò il suono del telefono ma pensai che fosse un sogno. Alzai la cornetta e sentii la mia amica dall’altra parte che diceva “Fede fede è fantastico! Ce l’ho fatta, sono arrivata quinta… e tu sei arrivata prima!”
Li è iniziato tutto. Arrivando prima, vinsi una borsa di studio… portavo i soldi a casa, potevo studiare canto, danza, musica, recitazione. La mia vita, un miracolo!
Poi ti si sono aperte diverse opportunità?
Diciamo che Ombre rosse è stato l’unico film uscito al cinema, gli altri sono cortometraggi e quindi, un mio primo vero film non è ancora uscito, devo ancora essere scoperta!
Ho fatto scelte particolari, sono andata in India invece di cercare subito un agente e farmi seguire. Percepivo che alcune cose non mi appartenevano e temevo che mi logorassero. Forse ho perso delle occasioni, non lo so… Sarei ipocrita se dicessi che non mi interessava il successo ma è anche vero che per me il successo è un veicolo da mettere a disposizione degli altri.
Mi sono detta: se devo arrivare alla notorietà, deve essere quando sono in grado di sostenerla. Forse dopo quindici anni non sono conosciuta a livello popolare ma ho fatto cose incredibili dal punto di vista umano. La tv, la fiction "Il Peccato e la Vergogna" mi ha fatto pagare tante bollette ma vorrei che la mia vita fosse ancora piena di tante cose. E tutto ciò che dà la possibilità di esprimermi mi piace molto.
Infatti, tu non sei solo un’attrice.
No! Io sono anche un’attrice, o meglio, un’interprete. Poi sono insegnante di yoga, cantante e tante altre cose ancora.
Per il cinema, quali sono state le figure che ti hanno influenzato, che hanno aumentato la passione?
Oltre all’amica Stefania e a mio padre Stefano, il quale credo che mi guidi in tutte le scelte, penso che la passione più grande mi sia stata instillata da Anna Magnani. Mi viene un brivido quando parlo di lei. Una donna con un temperamento del genere non l’abbiamo più avuta. Un’ icona di tanta roba, il fuoco. Non era bella per i canoni dell’epoca ma era grandissima. L’ho studiata molto. E poi, siccome mi piace la cucina, i miei amici mi hanno soprannominata Anna Magnamo!
Meryl Streep è tra le più grandi di adesso e poi Alberto Sordi, mio padre lo amava tantissimo. Insieme a lui, che aveva l’intera collezione di film, ho visto più volte "Il Marchese del Grillo", fino ad impararlo a memoria. Ho anche avuto la fortuna di conoscerlo al Centro e di parlargli dell’ammirazione che mio padre provava per lui. “Ah bella mia, grazie a te” mi disse accarezzandomi la guancia.
Qual è il film che ti sarebbe piaciuto interpretare o la storia che vorresti portare sullo schermo?
Mi piacerebbe portare sul grande schermo una storia come la mia, non proprio la mia ma qualcosa di simile. E poi vorrei portare quello che sto interpretando ora, “La casa degli Spiriti”.
Ti piacciono di più i ruoli comici o drammatici, quali risultano più facili per te?
Mi piace interpretare ruoli diversi. Un interprete dovrebbe amare e sapere fare tutto. La comicità reale passa solo attraverso una grande sofferenza. Ecco, mi piacerebbe interpretare la parte di una guerriera. Sono impazzita quando ho visto film come Blade Runner o Nikita, un personaggio bellissimo, sofferto, molto distante da me che sono pacifista ma per questo mi piacerebbe. È questo il bello di fare l’interprete, la possibilità di vivere più vite. Di giorno conduci la tua vita, la sera ne hai un’altra, vivi emozioni diverse, fai un altro viaggio. Vivi due volte, è forte!
Questo mestiere ti dà l’opportunità di entrare dentro di te, conoscerti e una volta che ti conosci sai dove attecchire. Sono molto fortunata, molto, molto!
"Better with time" con il tempo si migliora...una canzone che Prince scrisse per Kristin Scott Thomas. Tu ti senti di migliorare dopo ogni interpretazione? E qual è la parte che ti ha cambiata di più?
Ogni esperienza mi arricchisce, mi fa crescere, mi fa sentire meglio. L’esperienza che mi ha cambiato di più è l’interpretazione di Alba Trueba perché io sono arrivata lì che non avevo mai provato nulla, sono stata catapultata a creare questo spettacolo di tre ore e mezza in pochi giorni. Sono costantemente in scena. È una grande responsabilità. Mettere insieme quindici persone diverse….lo yoga mi ha aiutato molto perché c’era molta tensione e fatica.
Ho dato l’anima, è stato bellissimo, mi ha dato molto. Tutta la gavetta di questi anni mi è servita e mi ha dato la forza.
Uno sforzo che meriterebbe un premio oscar. A proposito, se dovessi assegnarne uno a qualcuno, a chi lo daresti, e perché?
A tutti quegli interpreti molto bravi, sconosciuti che concepiscono questo lavoro in maniera profonda. A tutte quelle persone che non hanno ancora avuto l’occasione per essere riconosciuti. A tutte quelle persone che credono in questo lavoro che continuano a studiare con passione, a prescindere dal successo personale, che credono nei loro sogni, credono nelle loro passioni e che non si piegano e non mollano e ce ne sono tantissimi di attori, miei colleghi bravissime sconosciuti.
Tornando alle coincidenze, ne hai ritrovata una recentemente, o sbaglio?
Sì, nel corto Mamma Racconta, di Luca Alessandro. In questa storia la protagonista, Emma, ha perso un figlio e il suo nome è proprio Stefano. Quando Luca mi ha proposto la parte mi è bastato leggere il titolo e due righe per dire: questo è un messaggio che viene dal cielo. Ho accettato senza esitazioni. Mi è piaciuto molto affrontare questa tema, che aveva i suoi risvolti, poetici ed ermetici allo stesso tempo. E poi è girato in Ciociara e mia madre proviene da lì. Insomma, mi è sembrato di recitare con mia madre e mio padre vicini, una cosa bella, bellissima!
Ora una domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica, come accompagna le tue giornate?
Il canto è sempre stata la mia passione. Durante uno spettacolo, nel 2005, alle prove venne ad assistere Stefano Mastruzzi…
Ancora Stefano!
E mo’ lo vedi che c’è sempre?
Stefano mi propose di fare degli spot pubblicitari per il Roma Jazz Festival. È in quell’occasione che ho capito quanto mi sarebbe servito imparare a cantare come si deve, suonare la chitarra. Per mesi ho studiato solfeggio e canto ma poi il teatro mi ha ripreso a tempo pieno. Ho riprovato con un’altra insegnante ma è con lo yoga che ho scoperto la mia voce. Poi ho conosciuto un batterista che mi ha fatta innamorare delle percussioni e dello jambee. Gran parte dei soldi guadagnati con le fiction li ho investiti per comprare strumenti, l’asta, il mixer…ed ancora tutto lì, da usare!
Ora ho capito che forse…l’ukulele è più gestibile e ha suoni che più si prestano alla mia musica.
In particolare amo il soul il jazz e tutto ciò che ha cadenza sudamericana, molto ritmo. Mi piace molto ballare, la musica in totale. La fusione di ritmo, di profondità e gioia, anche se molto musiche sono malinconiche hanno sempre un fuoco dentro che smuove delle corde.
Il jazz è qualcosa di molto elegante e poetico, fine e leggero, profondo al tempo stesso. Il soul è molto profondo…la bossanova ha un ritmo che mi manda fuori di testa.
Mi piace tutto! Non mi basta una vita, me ne servirebbero tre, ma quello è un sogno!
A proposito di sogni, ne hai uno in particolare? E come ti vedi fra dieci anni?
Già quello che sto vivendo è un sogno. Mi sento soddisfatta, fortunata. Poi, certo, di sogni ne ho un sacco! Ce ne sono diversi e ognuno ha la sua importanza.
Mi piacerebbe vedere rinascere la mia città che amo profondamente. Anche diventare madre è nei miei sogni ma senza troppa ansia e deve essere frutto di un grande amore.
Sto facendo sacrifici, non sono figlia di papà ma va benissimo. Insegno le mie passioni, faccio molti lavori però vado, vado come un treno. La mia migliore amica mi chiama Fedistar, il treno che nessuno può fermare! Ecco, se devo parlare di sogni a livello professionale, mi piacerebbe far parte di un progetto cinematografico di un certo spessore, che abbia un cuore, un valore. Ma poi, soprattutto in questo momento, sento che la mia anima desidera fortemente esprimersi con il canto e quindi il mio sogno è quello di poter cantare le mie canzoni, fare musica.
Sai una cosa? Dai proprio l’impressione di essere una persona serena, in pace con se stessa, soddisfatta ma non appagata, vogliosa di scoprire, imparare.
Certo! Come ho detto mi ritengo molto fortunata. Il lavoro mi piace, lo faccio con tanta devozione, sono piena di limiti ma per tutto quello che arriva io dico grazie a me stessa, a mio padre, alla vita. Per me il successo è quello dell’anima, l’essere in pace con se stessi, l’unico modo per essere amati ed essere liberi. Se ne diventiamo consapevoli, se ci rendiamo conto che ogni azione o pensiero o parola ha una conseguenza, forse smetteranno anche le guerre.
La vita è una, forse ce ne saranno altre, diverse, ma intanto abbiamo questa e dobbiamo essere felici!
Termina così la nostra conversazione, con un esplosivo invito alla gioia e la promessa che prima o poi ci farà sentire le sue canzoni accompagnate dall’ukulele.
Dove, i miei occhi
Lilah
https://www.youtube.com/watch?v=ztjPEE24Z4w&feature=youtu.be
https://www.youtube.com/watch?v=5F9PCRYqfKU&feature=youtu.be
https://www.youtube.com/watch?v=NsYdVP34yrs&feature=youtu.be
FActory
https://www.youtube.com/watch?v=o5dD8vcJgf8&feature=youtu.be
Letture tratte dal Teatro di Roberto Bracco
https://www.youtube.com/watch?v=HuByTXYJWTM&feature=youtu.be
In Pollo Veritas
https://www.youtube.com/watch?v=7v6ckKPaA38&feature=youtu.be
https://www.youtube.com/watch?v=8eX3AeLic-k&feature=youtu.be
EYES
https://www.youtube.com/watch?v=wUqrtBHKGew&feature=youtu.be
© Paolo Perlini