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Partiamo da un dato di fatto: di produzioni coreane non conosco praticamente nulla. Mi è solamente capitato di vedere il primo episodio di “One More Time” su Netflix per convincermi fermamente del fatto che “Centovetrine” e “Gli occhi del cuore” devono aver fatto scuola agli attori, sceneggiatori e regista di quella serie sudcoreana con la trama scialba, colpi di scena azzardati, espressioni monotòne e inquadrature con una luce smarmellata da filmino del prediciottesimo. E ho chiuso.
Potresti dunque giustamente chiederti quale motivo possa avermi spinto a cliccare sul tasto play di “Dramaworld”. La noia, semplicemente. Ma le cose, in questo caso, sono andate in maniera decisamente diversa.
Liv Hewson, che abbiamo visto nel ruolo della figlia del personaggio di Drew Barrymore in “Santa Clarita Diet”, veste i panni di Claire Duncan, la protagonista, una collegiale che nel tempo libero svogliatamente lavora nel fast-food di famiglia e che, per evadere dalla sua realtà, è solita simultaneamente guardare sul suo cellulare gli episodi di un dramma coreano. Una sera il suo cellulare si rompe e mentre è intenta a fare le pulizie e lei viene risucchiata nella sua serie preferita.
“Dramaworld” è una realtà parallela dove i personaggi vivono ignari dello scopo della propria esistenza: creare spettacolo per l’audience del mondo reale. Claire viene accolta da Seth, uno dei cosiddetti facilitatori della trama, cioè da coloro che materialmente creano le coincidenze, il quale la istruisce sulle regole di quella realtà. La presenza di Claire e l’agenda del cattivo della serie rompono le regole di “Dramaworld” sortendo degli effetti inaspettati potenzialmente catastrofici che minacciano l’integrità e la stessa esistenza di quel mondo parallelo.
Creata da Josh Billing e Chris Martin — che, sia chiaro, gode solo di un’omonimia con il cantante di Coldplay — “Dramaworld” ha debuttato nel 2016 come webseries sulla piattaforma Viki e ciò spiega il motivo per cui gli episodi hanno una durata non sempre omogenea che varia tra gli 8 e i 20 minuti al massimo.
Se mettiamo che questa serie ha una trama leggera, recitata ed interpretata bene, che ci vuol un minimo investimento in termini di tempo per godersela e che contiene il tocco del regista finale il quale alla conclusione di ogni episodio pone l’accento sui momenti clou attraverso l’ausilio di mirabolanti instantanee prima di tagliare sui crediti, a mio avviso, questa serie risulta perfetta per essere presa a morsetti in quei momenti di tedio cosmico in fila alla posta o in attesa dell’autobus. Basta avere l’accortezza di scaricarli quando si è sotto copertura wi-fi.
In fondo chi è che non ha mai sognato di aiutare il beniamino della propria serie preferita ad acciuffare e smascherare il colpevole, di essere trasportato indietro nel tempo per cambiare la storia o anche solo quel taglio di capelli che ti fa sembrare la versione ermafrodita di Gwyneth Paltrow o, ancora, di farsi inseguire da orde di zombie per poi mandarli a farsi uno spuntino con i condomini tignosi durante le assemblee?
Ancora non rinnovata ufficialmente per una seconda stagione, “Dramaworld” è disponibile in streaming su Netflix.
© Stefano Pastore