Gilmore Girls - A year in the life

Gilmore Girls - A year in the life

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Sono passati quattordici anni dalla prima puntata di Gilmore Girls.
Avevo quindici anni e non bevevo caffè.
Una serie che ha fatto un pezzo di storia (personale, ma non solo) e che è stata in grado di far ridere e appassionare persino mio padre che non ha mai avuto la pazienza di seguire le cose a puntate.
Sono stati sette anni di crescita. Le ragazze Gilmore hanno condiviso con noi fiumi di parole, annaffiate da fiumi di caffè consumati a un tavolino di Luke’s, sui loro problemi sentimentali e non. Ci hanno fatto ridere, piangere, sperare nella possibilità di avere un rapporto speciale con le nostre madri. Ci hanno consigliato libri e film e ci hanno insegnato che niente è irrisolvibile se davanti hai un caffè e un gelato.
Abbiamo conosciuto tutti gli abitanti di Stars Hollow e vissuto il rapporto conflittuale di Lorelai con i genitori alternato al rapporto speciale che, invece, sviluppa con la figlia avuta a soli sedici anni.

Per serie così importanti, la parola “revival” è sempre un rischio. I coniugi Palladino, dopo la rottura che li ha visti assenti alla lavorazione della settima stagione, in accordo con Netflix decidono di azzardare e realizzare quattro nuovi episodi per regalarci la loro personale chiusura del cerchio.
Come a ogni annuncio di revival, la paura è sempre tanta e le aspettative altissime.
Gli episodi sono solo quattro, ma di 90 minuti ciascuno, e prendono i nomi delle quattro stagioni. I Palladino decidono, infatti, di lasciar trascorrere un anno intero per completare il quadro.
Basta cliccare play per essere travolti dalla nostalgia. La sequenza in apertura è priva di immagini e non c’è la solita sigla ma soltanto voci che riportano una serie di battute che hanno segnato momenti importanti nel cammino della serie.
Sembra quasi di sentire l’odore di caffè che sfonda prepotente lo schermo e in un attimo sei di nuovo a Stars Hollow, così uguale e così diversa. I tempi sono inevitabilmente cambiati e hanno lasciato segni sui quei volti che rimangono comunque familiari.
Le emozioni sono tante e al primo botta e risposta velocissimo fra mamma e figlia io avevo già la lacrimuccia.

 
Ma i sentimenti non possono evitare ogni critica.
Troviamo una Rory travolta dalla crisi dei trent’anni completamente fuori dal personaggio. È vero, si cresce, ma penso che in queste puntate ci sia ben poco di quello che era Rory, così piena di razionalità e ideali, e si sia spinto un po’ troppo sul mettere in evidenza solo i lati negativi del personaggio.
Le puntate sono troppo lunghe e in alcuni punti risultano un calderone di carrambate fra un ritorno e l’altro dell’intero cast. Nonostante questo non mancano di certo le emozioni forti.
La prima cosa a colpire e stranire è vedere il cambio dei tempi che si riflette nelle vite degli abitanti di Stars Hollow. Netflix e la TV via cavo prendono il posto delle videocassette, smartphone e wi-fi entrano con prepotenza addirittura nel diner di Luke che continua comunque a esporre il famoso cartello “Vietati i cellulari”. I richiami alle serie tv (“Game of Thrones” e “Narcos”, ad esempio) entrano a gamba tesa nelle battute dove prima trovavano spazio solo i film d’autore (“Casablanca” credo venga nominato almeno un milione di volte nelle stagioni precedenti). La vita è andata avanti e non sono solo le rughe sul volto di Lorelai a dircelo. Nonostante l’estrema lunghezza degli episodi che a volte diventano noiosi e pieni di no-sense di cui potevamo benissimo fare a meno, i Palladino riescono a chiudere il loro cerchio.

Storcerete il naso, vi lamenterete e lancerete maledizioni.

Probabilmente la maggior parte di quello che vedrete non vi piacerà, ma vi sfido a non arrivare sul finale con gli occhi pieni di lacrime e il cuore che ride, perché “l’effetto Gilmore” è proprio questo.
Per citare Isabella (e non c’è niente di più vero) “il revival di Gilmore Girls è come l’uscita del nuovo Winner Taco: gli dai un morso, ti piace ma ti rendi conto che non ha più lo stesso sapore”.


© Giulia Cristofori

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