Il nuovo prodotto di Netflix dalla regia di Alex Garland, già papà creatore di “Ex Machina”, è sbarcato sui nostri schermi il 12 marzo e ha fatto BOOM. Io ammetto di non essere un’amante della fantascienza e di essermi approcciata quasi esclusivamente perché la protagonista è Natalie Portman. Ho sempre amato la capacità di quest’attrice di uscire dall’etichetta di visino dolce e pulito per entrare nei panni più cazzuti di sempre (da “V per Vendetta” al disturbantissimo “Cigno Nero”). La Portman è proprio figa, c’è poco da obiettare.
Tornando al film, di che parla? Boh, di cose che mi inquietano tantissimo. È la storia di questa biologa ex-militare che decide di addentrarsi in tal Area X da cui nessuno è mai uscito vivo per trovare un rimedio alla malattia del marito, superstite di una missione segreta nella stessa Area. Lo fa capitanando una squadra di sole donne che vestite praticamente da ghostbusters e imbracciando dei mitra varcano il bagliore che delimita questo misterioso mondo. Ma cosa c’è in quest’Area X? Non ve lo posso dire perché non lo so, quindi non voglio rischiare di spoilerare informazioni sbagliate. Mutazioni genetiche, incroci di DNA, piante che prendono la forma di scheletri umani e animali improbabili. Ah, c’è anche un faro. C’è sempre un faro nelle storie dove regna l’ignoto come metafora di luce e conosciuto in mezzo alle domande.
C’è una cosa che va oggettivamente riconosciuta a questo film particolare. È visivamente spettacolare. Gli effetti speciali sono davvero belli e mi hanno ricordato — seppur in piccolissima parte — "Avatar". È evidente che Garland abbia progettato questo film per i grandi schermi e le altissime definizioni ed è comprensibile che i rumor parlino di grande delusione da parte del regista per essere stato scartato dalle sale.
Annientamento lo è di nome e di fatto. Degli schemi scientifici e di quelli di genere e, più in generale, una sorta di autodistruzione di qualcosa per arrivare a una forma più pura e perfetta del mondo come dell’essere umano. La distruzione di parte di noi stessi e il ricominciare.
Non riesco a dire che mi è piaciuto ma nemmeno che non mi sia piaciuto. Mi ha stordito, annoiato e affascinato. Di certo parlo da profana, non ho letto la trilogia da cui è tratto e non sono una fan del genere in generale. Sicuramente mi aspettavo più azione.
Difficile spiegarlo ma credo che vada visto anche solo per gli effetti visivi perché la vegetazione e la riproduzione cellulare sono pazzesche, ma in quando a sentimenti a me ha lasciato freddina. Sarà che ha un brutto rapporto con gli alieni e preferisco frignare per una creatura acquatica maltrattata in un laboratorio.
© Giulia Cristofori