Per me la paura ha un solo nome, da sempre.
Freddy Krueger.
Il marchio a fuoco è stato nel 1994, avevo 8 anni, ma bisogna andare ancora più indietro per capire da dove arriva. C’erano quelle videocassette allineate nel mobiletto all’ingresso a casa di nonna.
Scritti a penna sulle etichette "Nightmare 1", "Nightmare 2", "Nightmare 3", "Nightmare 4" erano diventati il baluardo del mistero per eccellenza. Mi sedevo per terra e le osservavo, inutili e sterili, chiedendomi cosa potessero contenere, senza avere la minima idea che in quelle pellicole era inciso il mio incubo peggiore.
Fino al giorno in cui una videocassetta a casa ha attirato la mia attenzione. Sull’etichetta c’era scritto “Nightmare - Il nuovo incubo” e in quel momento ho capito che avrei finalmente risolto il mistero delle videocassette misteriose. Genitori distratti in giardino, qualche amichetta invitata a giocare e il gioco è fatto. Infilata la cassetta nel videoregistratore l’incubo è iniziato. La spavalderia iniziale ha presto lasciato il posto al terrore più autentico e l’uomo ustionato con le mani di coltelli è entrato per sempre nei nostri sogni.
Angela non è venuta a giocare a casa mia per mesi, si era spaventata così tanto che il papà le aveva persino proibito di frequentarmi come punizione.
Siamo cresciute, ma Nightmare è sempre stato il pensiero fisso a salire dai piedi del letto appena si faceva buio, ha vissuto silente nel mio armadio per anni.
A un certo punto, ho pensato quasi di chiedergli se potevamo diventare amici perché io non ero fra quelli che lo avevano bruciato vivo, in modo da firmare un armistizio e ricominciare a dormire semi tranquilla.
Tutt’oggi ho un brivido davanti a quel naso aquilino e a quel cappello marrone, nonostante il mio recente approccio alla pellicola mi abbia fatto sorridere (e un po’ tremare, lo ammetto).
Non ha importanza che, visto oggi, gli effetti speciali facciano ridere, per me Freddy sarà sempre un grande incubo.
Come stupirsi. Nightmare ha in sè tutte le caratteristiche necessarie a terrorizzare nel presente della sua uscita al cinema e a continuare ad accompagnare gli ignari spettatori negli anni avvenire. Ci riferiamo ovviamente agli episodi girati da Wes Craven, poeticamente, il primo e l’ultimo, del quale Giulia ci ha raccontato i traumi ad esso collegati. Sono questi due film, “A Nitghtmare on Elm Street” e “Wes Craven’s New Nightmare”, a donare la più definita e apprezzabile immagine di Freddy Krueger. Spietato e spaventoso non si sa bene se per il disgusto che suscita la sua figura al limite della decomposizione o per il pericolo che imbattersi nei suoi emblematici guanti muniti di artigli comporta.
Non è necessario scendere nei dettagli della trama che, come molti horror dell’epoca, presenta una ripetitività di base che è l’unica certezza a cui aggrapparsi, visione dopo visione. Al centro della vicenda ci sono il bersaglio perfetto: ragazzi, studenti, bambini, chi più tendente alla delinquenza, chi alla instabilità mentale, chi all’eroismo. Quale migliore simbolo di prospettive, potenzialità e speranza nel futuro, devastate a colpi di artigli dal predatore degli incubi. In Nightmare è Freddy a rivestire il classico ruolo del male invincibile che ogni essere umano deve fronteggiare e, sostanzialmente, contro il quale non può far altro che perdere. In più, questa forma del male in cappello sudicio e maglione a righe rosse e verdi colpisce in uno dei momenti ritenuti più inattaccabili, salde isole nelle quali fuggire e trovare sollievo e bellezza: i sogni. Nel sonno ogni personaggio si trova da solo a osservare se stesso precipitare nell’incubo peggiore, nel quale Freddy lo aspetta, pronto a farlo precipitare in un sonno ancor più profondo, dal quale non c’è risveglio. E, purché abbia una vittima a fargli da tramite, egli può interferire fisicamente anche con la realtà, non solo trasferendovi la morte. E quanto si può resistere senza dormire?
Il rosso è prepotente fin dal primo emblematico episodio, costellato di dettagli che diventeranno amati cliché del genere. Bambine vestite di bianco che saltano la corda cantando filastrocche premonitrici sull’escoriato padrone degli incubi, suoni stridenti e furia omicida senza troppi moventi e motivazioni, case che nascondono segreti e origini del male, collegamenti tra omicidio e sessualità che visti oggi fanno sorridere per la loro discrezione.
“Nightmare on Elm Street” è il film in cui, più di ogni altro, si concentra il potere angosciante delle visioni di Freddy. Forse anche grazie al fatto che non ci siano approfondimenti o tentativi di spiegare il passato e le intenzioni del nostro amato assassino di sogni. Il viso ustionato appare più realistico, luccicante di carne viva nella notte, le sue metamorfosi fisiche sono meno estreme e supportate da mirabolanti effetti speciali, il che le rende paradossalmente più inquietanti e incisive. Nel senso di incise a fuoco nella memoria, per i secoli dei secoli.
“Wes Craven’s New Nightmare” è l’ultimo capitolo della saga, interessante e salvifico episodio in cui finalmente Wes Craven riprende le redini della narrazione. Stavolta non è più un branco di liceali a subire gli assalti di Freddy, ma lo stesso staff di attori e regista incluso, che impersonano se stessi, nel mirino di un’entità antica e malvagia che si è molto affezionata ad essere personificata in Freddy Krueger. L’unico personaggio a rimanere realmente se stesso, sia nella finzione cinematografica dei precedenti episodi che nella metanarrazione di quest’ultimo è proprio Freddy, come se la sua esistenza trascendesse la fantasia o il cinema e lui fosse, nel sogno, nel racconto e nella realtà, sempre e comunque, se stesso. Reale e irrimediabilmente pericoloso.
Le scene dominate del rosso degli spargimenti di sangue, come ci si può aspettare da un film su un maniaco con le mani guantate di coltelli, sono innumerevoli. Quella che più è rimasta nella retina del saggio occhio di CrunchEd è indubbiamente quella che vede un giovanissimo Johnny Depp sparire nel suo letto, divorato dal materasso, dal quale al suo posto viene sparata una quantità esorbitante di sangue, a intenso getto, contro il soffitto, che si espande riempiendo la stanza, a dispetto della forza di gravità.
Immagine perfetta dell’insaziabile, immotivata e inesauribile fame di sangue di Freddy, che distrugge le sue vittime e ne espelle i conseguenti resti nella non più sicura realtà della loro camera da letto. E a noi non interessa il suo passato ma la sua sete di sangue. La sua risata stridente e il suo inseguimento costante. Il suo umorismo discutibile e il suo aspetto disgustoso. Freddy Krueger accompagnerà per sempre le nostre notti.
È solo un incubo.
Che uccide.
© Ombretta Blasucci - Giulia Cristofori