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Mi piace aprire questi classici horror legando qualche aneddoto (o trauma che dir si voglia) al film di cui devo raccontare.
Ebbene sì, non ho alcun trauma legato a “Shining”.
Quindi parto a gamba tesa con gli elogi? Sì.
Sono una di quelle che venera Kubrick (nonostante “2001 Odissea nello spazio” proprio non riesca a entrare nel mio cuore, lo ammetto Vostro Onore!) specialmente per la composizione visiva che fa all’interno delle sue pellicole.
Vidi anche una sua mostra fotografica anni fa, una delle più belle mai viste prima.
“Shining” è uno di quei film che si è fatto spazio velocemente nel mio cuore. Ho sempre amato i romanzi di Stephen King, anche se ammetto di non aver ancora letto questa pietra miliare nonostante me lo sia ripromessa milioni di volte (Stephen perdonami, arrivo. Mi servirebbero giornate da 72 ore per adempiere a tutte le promesse che ti ho fatto, ma vedrai che ci arrivo anche a leggere questo).
Mi ha un po’ intristito sapere che in realtà il Re dell’orrore è rimasto deluso dalla pellicola che invece a me, manco a dirlo, è piaciuta da impazzire.
Ma di cosa parla Shining?
Seriamente? Ve lo devo dire? Volete farmi credere che non l’avete visto in tutte le sue declinazioni possibili immaginabili incluso quello doppiato in catanese? Vi prego di recuperare.
Jack Torrance, scrittore in crisi e in cerca di ispirazione, accetta il lavoro come custode all’Overlook Hotel per la stagione invernale nonostante venga avvisato che qualche anno prima si è svolto un omicidio agghiacciante fra le mura dell’hotel isolato: il precedente custode è impazzito e ha ucciso la famiglia con un’ascia prima di suicidarsi.
Jack parte ugualmente con moglie e figlioletto al seguito. Tutto va benissimo finché il piccolo Danny inizia a vedere cose strane e il paparino inizia ad avere quella faccia per cui Jack Nicholson verrà etichettato da qui all’eternità come “psicopatico dell’anno”.
Iniziano le corse in triciclo lungo quei lunghissimi corridoi rivestiti di moquette con quella fantasia simmetrica che vedremo come tributo in tantissimi altri film e serie TV (addirittura in quella busta di spazzatura che può essere American Horror Story - Hotel).
Ci sono talmente tante particolarità da citare che potrebbe volerci davvero molto tempo.
Mettetevi comodi, il salone dell’Overlook è ben illuminato, il letto della stanza 237 è stato rifatto (non venne scelta la stanza originale del romanzo, la 217, perché i gestori dell’albergo avevano paura di andare incontro a ripercussioni sul turismo quindi ne venne utilizzata una inesistente e numerata per l’occasione).
In Shining ancora una volta Kubrick ci mette del suo. Prende un romanzo famoso e lo rielabora a suo piacimento. Esistono milioni di dietrologie simboliche, aneddoti e curiosità. La più bella fra tutte è la storia delle famose gemelline: Kubrick si ispirò a una foto della fotografa statunitense Diane Arbus, conosciuta come la fotografa dei Freaks. La Arbus si suicidò tagliandosi le vene nella vasca da bagno nel ‘71 e la signora decomposta nella vasca della stanza 237 è un omaggio del regista alla fotografa.
Jack Nicholson ha improvvisato quel “sono il lupo cattivo” che ha fatto la storia, all work and no play makes Jack a dull boy è stato tradotto con una frase diversa in ogni lingua (in italiano lo ricordiamo con il mattino ha l’oro in bocca), il dito Tony è stata un’idea proprio del piccolo Danny Lloyd e tante altre.
La follia arriverà lenta durante la visione e vi entrerà strisciando nelle ossa. Insieme alla follia verrete avvolti da un senso di claustrofobia nonostante i vasti spazi dell’albergo che esploderà in un vero e proprio intrappolamento dei sensi.
Non si può scappare dall’Overlook. La neve ovatta le grida con il suo bianco che stride. Le ruote del triciclo rimbombano, i colpi d’ascia risuonano nel legno delle porte.
Per quanto riguarda il rosso, impera in una delle scene più iconiche della filmografia tutta. Non per dimenticare REDRUM ma l’inondazione di sangue di fronte agli ascensori è una delle più terrificanti e calzanti rappresentazioni dell’essere umano (che di fronte a un tale orrore non può che essere bambino, indifeso e incapace di emettere un suono) che fissa l’incedere incontrastabile della morte, violenta e inesorabile, rafforzata e resa ancor più ineluttabile dalla pervasiva maledizione che colpisce l’hotel. Le conseguenze di costruire indiscriminatamente su antichi cimiteri indiani non sono mai state così evocative.
Non vi resta che mettere play, o di andare al cinema se e avete la possibilità perché proprio quest’anno Shining torna al cinema il 31 ottobre.
Che il fiume di sangue vi travolga, una volta aperte le porte dell’ascensore.
E che la luccicanza vi salvi.
Venite a giocare con noi?
Per sempre.
© illustrazioni di Ombretta Blasucci
© Giulia Cristofori, Ombretta Blasucci