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Prima di procedere con la recensione di “Il diritto di contare”, dobbiamo fare tutti un esercizio di immaginazione.
Chiudete gli occhi (anzi no, altrimenti non potete andare avanti). Ricominciamo: immaginate a occhi aperti di essere una donna afroamericana durante la seconda parte degli anni '60. Non solo siete una donna afroamericana ma lavorate anche alla NASA nella sezione del “computing” e, nonostante la vostra super intelligenza matematica, non passa giorno che qualcuno non vi ricordi che il colore della vostra pelle e il vostro sesso vi definiscono a priori.
Sessismo e razzismo sono i due elementi negativi ma fin troppo concreti alla base della storia vera raccontata nel film di Theodore Melfi: la matematica Katherine Johnson, che insieme alle sue colleghe Mary Jackson (che diventerà la prima donna ingegnere afroamericana) e Dorothy Vaughan (la responsabile del reparto di computer), diedero un contributo fondamentale alla NASA per vincere la corsa allo spazio. Grazie ai calcoli di Katherine Johnson, gli Stati Uniti riuscirono a far compiere un'orbita completa intorno alla Terra al primo astronauta americano.
Il film, di per sé, non brilla particolarmente per una fotografia di chissà che tipo o per un approfondimento dei personaggi epico, eppure fa parte di quella categoria di pellicole storiche che finalmente trovano il loro giusto spazio e con la giusta voce per poter raccontare storie che vanno assolutamente conosciute. Il cast è azzeccatissimo: le Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe danno vita, freschezza e dignità alle tre scienziate, rendendo la pellicola più che piacevole; menzione d’onore a Kirsten Durnst e Jim Parsons, perfetti nel ruolo di chi è razzista e non lo vuole ammettere.
La caratteristica forse più importante di questi 127 minuti di storia Americana è che i trattamenti riservati alle impiegate di colore vi faranno provare emozioni decisamente reali: non stupitevi se stringerete i pugni di rabbia, se vi irriterete o se vi ritroverete a voler gridare all'ingiustizia.
Le sceneggiatura non fa sconti: sono passati appena 15 anni da quando Rosa Parks si rifiutò di sedere sul retro del bus e le tre protagoniste vengono continuamente trattate come se valessero di meno, come se non avessero il diritto di essere lì dove sono, nella più grande agenzia aerospaziale del mondo.
In una NASA brulicante razzismo, con gli scienziati che non riescono neanche a tollerare di dover dividere il loro spazio di lavoro con una donna di colore, le tre scienziate devono firmare con il sangue e il sudore ogni minimo passo avanti di questa gigantesca corsa contro il tempo per arrivare allo spazio, rischiando ovviamente di non essere nemmeno conosciute per i loro meriti.
E infatti così è stato fino all'anno 2017, quando finalmente anche il grande pubblico è arrivato ad accendere la luce su una storia che ha dell'assurdo e del meraviglioso insieme.
Il pregio di “Il diritto di contare” è che è un film storico/educativo che non si perde in cavilli, che si prende il suo tempo per poter affrontare tematiche spinose e attuali e per farci immedesimare in persone che non sapevamo neanche esistessero.
La speranza è che che da domani qualche ragazza (o ragazzina - magari con la pelle non bianca) si renda conto che anche lei può arrivare a toccare le stelle.
© Fiorella Vacirca