"The past beats inside me like a second heart", di John Banville
Per il quadrato di oggi mordiamo l'arte di Elisa2B.
Elisa2B ha la capacità rara e preziosa di raccontare situazioni difficili e renderle accessibili a tutti, eliminando quella patina di pietà o di falso buonismo che spesso le circonda. Avvicina il disagio e l'estremo alla realtà concreta delle nostre case, creando una porta di sensibilità che indica la possibile uscita. O la semplice empatia.
Ciao Elisa e benvenuta tra i morsi quadrati!
Parlaci di te, quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo?
Ho cominciato quand'ero molto piccola (avevo 4-5 anni circa), perlopiù disegnavo tantissimo i personaggi dei miei cartoni animati preferiti. Sono stata soprattutto ossessionata da Dragonball: ricordo di aver avuto, per tutte le elementari, il sogno ricorrente di lavorare come animatrice alla Toei Animation, solamente per levarmi lo sfizio di disegnare Vegeta tutto il giorno. Il punto è che amavo così tanto questi personaggi inventati che avrei voluto averli accanto, nel mondo reale: disegnarli per me significava avere la loro compagnia.
Inchiostro, pittura, disegni a mano ma anche computer e tecniche digitali. Che tipo di approccio preferisci, in quale ti senti più a tuo agio?
Ultimamente ho preso a lavorare molto al computer per esigenze economiche: stavo spendendo molti soldi in carta e inchiostro e per sperimentare come volevo ho pensato sarebbe stato più saggio passare al digitale. Alla fine ho sviluppato un approccio personale, al disegno tramite pc, che difficilmente potrei abbandonare perché ha una specificità a cui sono affezionata, ma non ho mai smesso di lavorare in tradizionale. Disegno sempre sul mio sketchbook perché la morbidezza del segno a matita mi trasmette una sensazione stupenda, e vorrei che anche i miei lavori in digitale conservassero quella qualità. Ma per forza di cose sono tecniche essenzialmente diverse e le amo entrambe.
C’è un autore in particolare che ha illuminato o che ancora illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
È una domanda che mi mette molto in imbarazzo perché ho l'impressione che la risposta sia banale o scontata, ma l'autore che ammiro di più in assoluto nel mondo del Fumetto è Craig Thompson. La naturalezza con cui fa scorrere la narrazione, tavola dopo tavola, è una qualità che trascende il mezzo, perché trovo che sia il suo pensiero visivo ad essere estremamente potente da principio. Pure, il suo approccio è perfetto per raccontare esattamente le storie in cui lo abbiamo visto cimentarsi; è un'armonia rara.
Rappresenti spesso scene di vita reale, spesso crude, molto forti e intense e sempre piene di significato. Le associ a canzoni e citazioni (anche per questo ti abbiamo amata subito ndr). Da dove nasce questo bisogno di raccontare la realtà in questi suoi aspetti?
Il fatto è che sono una persona che ha molte difficoltà ad accettare che le cose stiano come stanno. Non mi riferisco necessariamente a qualcosa in particolare, ma di certo è una questione importante che mi accompagna costantemente, e che mi fa sentire molto in difetto rispetto al resto del mondo. Se da una parte quindi disegno per me stessa, per sconfiggere questa sensazione, dall'altra disegno perché anche altri ne traggano sollievo, una motivazione per lottare contro l'idea che non ci sia via d'uscita dalle situazioni negative. Raccontare qualcosa di terribile, in una certa misura, significa esercitarvi una forma di controllo, ringhiargli in faccia a muso duro. O accettarla, finalmente.
Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?
Mi sono posta questa domanda più volte sino ad ora e ogni volta mi sono detta che senza non so cosa farei. In sostanza l'ascolto sempre, perché per me costituisce una sorta di colonna sonora per tutte le storie che mi vengono in mente. Ho creato delle playlist abbastanza specifiche circa il mio umore dove andare a pescare brani completamente diversi l'uno dall'altro, perché ognuno di loro per me rappresenta una scelta narrativa precisa. Di fatto, mi capita anche di ascoltare musica che di pancia non mi piacerebbe, ma che risulta perfetta per una certa situazione immaginaria.
È giunto il momento del “E se…”. E se… potessi lavorare su un adattamento di un romanzo che hai amato o che ti ha colpito (anche in negativo, perché no), quale sarebbe la tua scelta?
È difficile rispondere perché, fosse per me, dedicherei sfilze di illustrazioni e disegni a molti dei miei libri preferiti, ma probabilmente il più adatto in senso pragmatico sarebbe Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez. Sono profondamente innamorata del realismo magico e le immagini che quel libro mi ha donato mi si sono scolpite nella mente, per l'eternità.
Requiem è il tuo nuovo breve fumetto, in uscita per “La Stanza” scritto da Alfredo Giusi e disegnato da te. Ti va di parlarcene?
È stata una bella esperienza, Alfredo è un ragazzo in gamba e collaborare ci è venuto molto naturale; ha creato qualcosa che mi ha dato l'occasione di riflettere sul mio metodo di lavoro e che può toccare in profondità il pubblico, perché è scritto in un modo tale da creare un bel parallelismo fra contenuto e forma. Ma non dico altro, o rischio di rovinare la festa a chi non l'ha ancora letto!
Chiudiamo con un classicone e, intanto, ti ringraziamo per la disponibilità: progetti futuri? A cos’altro stai lavorando?
Top secret! Ho un paio di cose in cantiere ma mi riservo il diritto di tenerle per me, ancora per un po'. Se in futuro vorrete saperne di più, sapete dove trovarmi...
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