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"Vago nel folto di fronde in delirio." - Marlene Kuntz

Ciao Flavio e benvenuto tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie e ci piacerebbe conoscere la tua. Quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo?
Io sono nato nel 1994 a Vercelli, vicino a Torino, in mezzo alle risaie. Non ricordo il momento in cui ho iniziato a disegnare, quindi presumo di aver iniziato a disegnare prima di iniziare a ricordare. Ho solo una testimonianza in VHS di me piccolo e biondo, sdraiato a terra che disegno il mare. Credo di essere andato avanti per inerzia, mi riesce? lo faccio. Ho smesso solo due volte per un periodo prolungato, la prima quando mi sono rotto il polso destro (che disegnavo comunque incastrando le penne nel gesso) e la seconda quando volevo fare il regista e li non disegnai per un bel po'. Poi ho capito che il disegno mi permette di rendere reale l’impossibile, e quando ho iniziato a creare mondi ho trovato che fosse il modo più semplice, diretto e veloce per farlo. Creando mondi paralleli capisci sempre di più quello in cui vivi. In ogni caso devi raccontare qualcosa. Il disegno (come la musica o il cinema) penso debba essere il mezzo, non il fine, o altrimenti rischi che il tuo lavoro sia “bello” ma niente di più.


Ti va di spiegarci cosa ti ha portato a scegliere questa citazione da illustrare?

Periodicamente mi impallino con qualche musicista, è accaduto coi Primus e con gli Opeth, per dirne alcuni. Ora sta accadendo coi Marlene Kuntz. Questo gruppo ha avuto origine a Cuneo, quindi li sento come vicini di casa.
La citazione scelta è l’ultima frase della canzone “In delirio”, fa parte di quell’album spettacolare che è “Ho ucciso paranoia”. L’intera canzone mi crea all’interno un’atmosfera unica ogni volta che la ascolto. Un’ antenna di rabbia e violenza che capta il marcio che ci circonda, collegato a un altoparlante che cerca di svegliarti, di farti capire il problema “Distrutto baby, spossato mia piccola da ogni pietosa sciocchezza, che una marmaglia di predicatori vestiva con ogni certezza”. Trovo interessante vedere come questa presa di coscienza avvenga dopo uno sforzo mentale che rasenta la follia “Giunto alle remote sponde del soliloquio, fin qua tutto bene!”. Adoro la metrica, la suddivisione delle parole, il tipo di linguaggio e il modo con cui la parola e la musica si mescolano in qualcosa che ormai vive di vita propria. Insomma, potevo scegliere ogni riga del testo di questo pezzo, ma credo che “Vago nel folto di fronde in delirio” sia la sintesi perfetta dello stato d’animo di chi ha capito qualcosa e decide di tuffarsi nell’ignoto.



I numerosi e variopinti personaggi che affollano i tuoi disegni mostrano caratteri e suggeriscono storie ben definite. Ce n’è qualcuno di ricorrente? Le loro storie sono appunti veloci o sono tante punte di iceberg?
Penso che i miei personaggi siano meno surreali di quanto sembrino, se rappresento qualcuno con fattezze caricaturali e comportamenti estremi, spesso l’ho incontrato realmente. Le vicende che pubblico sotto forma di vignetta, per il 99% dei casi, sono estremizzazioni di situazioni vissute, e nascono ovunque: in coda alle poste, al ristorante, leggendo tex, riflettendo (a volte troppo) su un gioco di parole… Dopo averlo notato lo annoto velocemente e ho un archivio di idee pronte per essere materializzate. Questo è un appiglio alla realtà, anche perché il mio intento è quello di rappresentare mondi che appaiono lontani, ma che hanno sempre quel dettaglio famigliare che ti evita lo smarrimento in qualcosa di incomprensibile. Quindi si, le storie sono appunti veloci, ma sono anche punte di iceberg, perché credo che unendo queste due cose si ottenga qualcosa di valido. Penso abbia poco senso creare qualcosa di fine a se stesso, ogni battuta, vignetta o sketch merita di essere una piccola parte di un universo narrativo autonomo. Ed è bello vedere come, dopo averlo creato, non mi appartenga più e si limiti semplicemente ad “essere”. Per questo motivo sono rari i casi in cui un mio personaggio diventa ricorrente, poi se devo costruire una storia articolata mi farò veicolo dell’universo in cui vive e darò un’occhiata alla sua vita, ma per ora chissà cosa sta facendo.


C’è un autore in particolare che ha illuminato o che ancora illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?

Una delle mie più grandi ispirazioni di sempre è sicuramente Stefano Benni. Leggendolo non si impara solo a scrivere, a raccontare, ad astrarre e a creare realtà alternative, si affina anche il pensiero, e saper pensare correttamente migliora enormemente tutte le capacità che cerchi di sviluppare. Quindi Benni mi ha aiutato si dal punto di vista narrativo, ma anche dal punto di vista grafico, poiché il pensiero, dopo l’evoluzione ha voglia di materializzarsi e ti forza inevitabilmente a sperimentare per trovare soluzioni grafiche che non avevi mai considerato. Poi ovviamente se aspiri a diventare un mangaka, leggere Benni ti aiuterà fino a un certo punto, per quello anche io ho certe influenze prettamente grafiche come Moebius, Geoff Darrow, Peter Bagge o Mike Mignola, l’importante penso sia dare il giusto peso alle varie discipline, va bene imparare la tecnica, ma senza trascurare lo sviluppo del proprio pensiero (che alla fine è ciò che ti definisce come individuo).


Il tuo stile sembra essere molto mobile e adattabile, mantenendo una sua intrinseca identità. Ricerchi attivamente questa sua variabilità o vorresti stabilizzarlo?
A me piace sperimentare, e la sperimentazione è anche il parametro con cui seleziono i miei interessi (grafici, musicali, cinematografici, videoludici, sociali…). Ho l’idea che l’artista debba essere capace di cambiare continuamente, più i tuoi lavori sono mutabili, più riesci a toccare ambiti differenti, più ambiti tocchi, più il tuo pensiero verrà materializzato con forza. Sicuramente ciò che faccio adesso funzionerà tra 10 anni. Tra nuovi stimoli, nuove tecnologie e nuove tecniche è anche un peccato stabilizzare il proprio stile. Ecco, la cosa davvero importante è mantenere la propria identità nonostante i diversi stili, penso sia quello su cui si deve lavorare, e il modo migliore di lavorarci è non farlo affatto. Se si forza questo processo si rischia di diventare macchiettistico, con gli stessi dettagli ricorrenti, gli stessi colori, le stesse pose e gli stessi argomenti (è brutto quando riconosci un artista perché "ha quella palette di colori e parla dei problemi adolescenziali”). Se il tuo lavoro è diretto verso una ricerca sincera, tutti capiranno sicuramente che è opera tua.


Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?

Io nella musica mi ci perdo. Come dicevo prima, mi impallino periodicamente con diversi musicisti e dedico interi mesi alla loro discografia. Ultimamente sto cercando l’unicità “Loro mi piacciono perché sono stati i primi a fare progressive death metal
“Loro mi piacciono perché fanno noise rock, ma in italiano” “Loro mi piacciono perché fanno hip hop, ma su basi jazz”, ad esempio.
In certi periodi facevo delle “immersioni musicali” occhi chiusi, musica a palla, rilassamento e ti immergi. Ciò che mi diverte della musica è andare a scovare tutti i micro suoni che si nascondono dietro agli strumenti principali, e questo spesso richiede un enorme concentrazione, a volte in auto non sento la freccia che ho inserito 5 minuti prima perché sono concentrato ad ascoltare quel sintetizzatore acutissimo nascosto dal basso funk. Con la musica ho un rapporto di analisi continua, uno studio sulle possibili combinazioni, sulle note più impensabili da affiancare e su certe dissonanze che non potevi prevedere. Lo stesso rapporto che ho con l’arte. Credo sia proprio la ricerca dell’unicità il parallelismo tra la musica che ascolto e i miei disegni. E questa ricerca è ciò che spesso placa la mia paura di fare qualcosa di già visto e poco originale.


Chiudiamo con un classicone e, intanto, ti ringraziamo per la disponibilità: progetti futuri? A cos’altro stai lavorando?
Grazie a voi per l’opportunità. Tra i progetti futuri c'è un libro a cui sto lavorando a cui sono molto affezionato, e poi chissà, magari qualcosa non solo in ambito fumettistico, magari musicale o cinematografico, staremo a vedere.

In bocca al lupo per i tuoi progetti Flavio!
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