Happy Birthday, Elisabetta | Racconti Indigeribili

Happy Birthday, Elisabetta | Racconti Indigeribili

Scritto da Maria Fullone 
Illustrato da Camillo Ruben Borroni


Happy Birthday, Elisabetta

Happy Birthday, Elisabetta! Lo ha scritto sul diario dalla copertina puffosa, con la penna unicorno con le stelline luccicanti, una scritta rossa, con i caratteri grandi, la scritta che farebbe una ragazzina di undici anni, e invece ne ha venti. Ha comprato un vestito per l’occasione, un mare azzurro che brilla di mille sfumature cangianti.

Nel bagno, lo specchio riflette i capelli cilindrici, l’ombretto turchese sopra i suoi occhi chiari e sotto due piccolissimi brillantini a mo’ di lacrime, uno per occhio, due piccolissime lacrime di cristallo, impercettibili. E poi la bocca color vermiglio. 

Qualcuno bussa.

Si volta. Una voce si confonde con la musica assordante della festa che sta per cominciare

Complimenti per la festa. Una festa del cazzo 

LA MAMMA

«Tesoro sono Mamy, amore solo per dirti che siamo tutti in salotto, anche le mie amiche. Senti, non gli ho detto dell’esame, quindi stai tranquilla, poi lo ridarai con calma, però tesoro di Mamma devi impegnarti, tuo padre ci tiene lo sai. Ah, una cosa importante: ti ho vista prima entrare, sei bellissima, per carità, ma ti prego fallo per la mamma, il vestito, abbassalo amore abbassalo, ti raccomando, ti aspettiamo». 

La musica evapora. Elisabetta ferma nello specchio, pochi secondi, poi abbassa lo sguardo, le mani toccano i fianchi e tirano giù il vestito azzurro fino a coprire le ginocchia.

Toc toc toc toc toc toc

Elisabetta alza di colpo la testa: i mille riflessi del lampadario illuminano il viso di porcellana e quel brano ritorna Sei così cara e inutile Mia dolce creatura immobile.

L’AMICA 

«Amò sono Chiara, sei b e l l i s s i m a! Ti ho vista di sfuggita quando sei entrata in bagno, capelli spettacolari! Cioè io non potrei mai portare quel colore, lo sai su di me il biondo fa subito puttana, ma cazzo su di te spaccano, è proprio il tuo stile. Fantastica! Amò fai presto che voglio ballare. Ti amissimo, muoviti»

C’è un bagliore tra i capelli di Elisabetta: è il suo smalto lucido e decorato. Le dita attorcigliano una ciocca, le sue mani prendono una piccola forbice e tagliano: un boccolo sul pavimento, due boccoli sul pavimento.

Toooooc toooooc 

IL FIDANZATO

«Ely amoruccio, sono Fabio, quando sei entrata ho chiuso gli occhi, come promesso. Devi essere una sorpresa, più tardi avrai la mia: è grossa e ti aspetta. A dopo amore del mio cuore».

Elisabetta abbozza un sorriso strano. Subito dopo avverte un rapido tacchettio avvicinarsi alla porta, la musica riparte Ci stupisci quasi fossi nuovo E invece sei vecchio e gommoso Bacia la sposa, bacia 

«Fabietto ma sei qua? Lascia stare Elisabetta per favore!»

«Hei Chiara, abito lungo ma scollo profondo» 

I passi si allontanano, ridono. Specchio riflesso sulle unghie di Elisabetta che allargano il tessuto in paillettes del vestito nuovo, lacerano il corpo e si apre la ferita sul décolleté graffiato, rosso, sul petto sporco.

TOCCC TOCCC Chi bussa ancora?

LA NONNA

«Elisabbè, sono nonna, devi darti una mossa.  Guarda che l’ho visto quel rossetto e non va bene Elisabbè, non va bene figlia mia, su. Mi rispondi? Mamma mia sempre taciturna, sempre chiusa, chiusa in stanza, chiusa in bagno e non si capisce il perché».

Sotto il lavandino c’è un cassettone, lo apre, prende un dischetto di cotone, lo porta alla bocca, tampona il rossetto, strofina, strofina, con forza, con rabbia, il pezzo incalza Complimenti a te C’è quanta acqua vuoi. Dacci dentro, lavati. Di tuffo-pancia rompiti 

tOC tOC

IL PADRE

«Elisa apri per favore, sono papà volevo parlarti in privato»

Fitta nel cuore. Elisabetta si precipita alla porta, si accerta che sia chiusa.

«Elisa, sono due mesi che non vuoi più parlare con me e non capisco il perché. Vuoi confidarmi i tuoi pensieri? Insomma, oggi fai vent’anni e io mi ricordo. Tu ti ricordi amore?»

La camera enorme, lo sguardo fuori, la testa altrove, il gelo. La sua mano che allarga delicatamente le bianche cosce, tenere. Poi un freddo premere, l’irrigidiva, lui che incide il nome: Renato.

Lei agnello sacrificale, lui il luminare: chirurgo di estetiche perversioni private. Il medico scolpisce il marchio di fabbrica, il tatuaggio familiare, infine il sigillo.

Tutto ricorda Elisabetta, stringe le gambe, il cuore batte. 

«Elisa? Elisa puoi aprire per favore! Poco fa di nascosto ti ho vista, non posso crederci quanto sei bella, mi manchi. Apri per favore, apri!»

Le sue nocche prepotenti sull’uscio, tutto trema.

Un vortice l’assale, apre gli arti, cerca la firma, la trova. Scava, scava i solchi delle lettere, scarnifica la pelle. La carne brucia, e si infetta lo stemma di famiglia.

Manca l’aria, ha paura. Le nocche brutali sbattono e non si fermano, il frastuono. Chi parla? Suo padre? La musica? 

Sarebbe bene ne potessimo parlare 

Come folgorato da un fulmine il cuore si spezza. Elisabetta crolla.

Un’ora, un minuto, un secondo. Poi le voci:

«Elisabetta, Elisabetta, quando arrivi? Vieni Elisabetta»

È tempo di andare.

La maniglia d’ottone riflette la sua immagine deforme. Lentamente apre la porta. 

Percorre il corridoio: un passo dopo l’altro, meccanica, decisa, nel buio, piano. 

La musica rimbomba No, non sai come stare

Elisabetta avanza fino al grande salone, si affaccia a scrutare, poi entra.

GLI INVITATI

«Happy birthday to you Happy birthday to you Happy birthday, Elisabetta Happy birthday to you»

«Brava, brava», «Forza, vieni Elisabetta», «Soffia Elisabetta, soffia, esprimi il desiderio».

Elisabetta si avvicina al tavolo dove trionfa, al centro, la torta di compleanno: tre strati di candida panna montata, fragoline rosse a decorare, due numeri di cera glitterati, un augurio.

La mirrorball danza sul soffitto. Ora è tutto chiaro e radioso: rossa luce sul volto, di rosso il desiderio espresso.

Elisabetta spalanca la bocca, un soffio violento sul due, sullo zero, la fiamma si spegne.

Piovono coriandoli dorati, abbaglia il luccichio delle stelle filanti, applaudono gli invitati.

Sorride Elisabetta, finalmente sorride.

Le unghie rosse di smalto e di sangue sul petto graffiato, ride Elisabetta; 

i capelli biondi, recisi e tra le mani i boccoli caduti, ride ancora;

i brillantini sotto gli occhi sono ora lacrime nere non più impercettibili, ma Elisabetta ride forte; 

le labbra dai contorni sbavati formano un ghigno felice, feroce.

La mano si allunga sul tavolo, impugna un coltello: venti centimetri di lama quanti sono i suoi anni.

Venti centimetri di acciaio lucente squarciano la torta.

LA FESTA È FINITA (?)

Festa mesta Festa mesta!

Il globo luminoso ruota impazzito. Grida disperate, rumori violenti, lamenti; colpi in rapida successione, furiosi, ciechi, alle spalle, alle gole, nei crani aperti. E beati roteano i suoi occhi. 

Colpisci al cuore Elisabetta, colpisci al cuore!

Nel ventre della madre, nel seno del padre. Santa Elisabetta infligge la colpa!

La sfera s’infrange al suolo. Mille pezzi di vetro riflettono il massacro. Poi tutto tace. 

Scivola via il festone colorato: Happy Birthday, Elisabetta. 

 

* Testo del brano musicale tratto da Festa mesta dei Marlene Kuntz.




 © illustrazione di Camillo Ruben Borroni| Racconto di Maria Fullone  | Editing di Chiara Bianchi 


Happy Birthday, Elisabetta | Racconto | Indigeribili


Ti è piaciuto questo racconto indigeribile? Dacci una mano! Il tuo aiuto ci consente di mantenere le spese di questa piattaforma e continuare a diffondere l'arte.
L'associazione si sostiene senza pubblicità ma soltanto con le tessere associative e l'impegno dei soci.
I Link verso i canali di vendita sono inseriti al solo scopo di agevolare gli utenti all'acquisto.
Sottoscrivi la tessera associativa con una piccola donazione su PAYPAL
Oppure puoi offrirci un caffè.

 

Privacy Policy