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Può una disgrazia portare qualcosa di buono?
Credo sia all'incirca questo il concetto alla base di questa raccolta di 13 racconti che hanno come denominatore comune un luogo preciso: una rotonda in una piazza, teatro di un incidente stradale una fredda sera di febbraio. Un luogo anonimo che diviene testimonianza di ricordi, affetti, memorie. Storie, tra conoscenti e autentici sconosciuti, che si incrociano in quel punto, il giorno della tragedia, o che lì sono giunte per caso, mesi dopo, a farsi domande, a cercare risposte.
Un giardino che in quel luogo nasce e muore nel giro di 10 mesi, come l'elaborazione di un lutto, che da stame troncato dalle forbici di Atropo diviene celebrazione di vita per poi lentamente scivolare nella quotidianità di un coraggio perpetuo.
Vite simbolo dei mali contemporanei: dalla sterilità al bullismo, dalle violenze domestiche alle separazioni conflittuali, coacervo delle fragilità dei nostri giorni e della forza di reagire. Camei spesso convincenti, talvolta un po' retorici, come tutto ciò che tenta di spiegare in poche parole i drammi dell'umano sentire.
Senza girarci troppo intorno, è difficile parlare di morte senza far percepire un retrogusto tetro: in questo compito l'autrice si dimostra capace, tessendo trame con il candore di un romanzo di formazione, adatto anche ad un pubblico preadolescente o adolescente. Non a caso i protagonisti di molte delle vicende narrate sono giovani e giovanissimi, alle prese con i drammi tipici di particolari fasi della crescita: dal rapporto con il proprio corpo e con i coetanei, le prime esperienze sessuali, le prime delusioni per i ragazzi, alla paura di non riuscire a realizzarsi, di commettere errori gravi, di non saper riconoscere ciò che è davvero importante per i giovani adulti.
Lodevole l'impegno di adattare il registro, ad esempio strizzando l'occhio allo slang adolescenziale e la ricreazione convincente di certe dinamiche, segno di un interesse genuino di immersione contestuale e di competenza.
Una lettura scorrevole, emozionante, che invita alla riconsiderazione del dramma come punto di arrivo, di partenza o di svolta della propria esperienza ché, come ricordano le parole tratte da "Insciallah" di Oriana Fallaci in epigrafe:
"La vita è un arcobaleno inesauribile di colori".
Il Giardino di Mattia
Autore: Daniela Ippoliti
Editore: Bibliotheka Edizioni
Stampa: Febbraio 2017
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© Erika Casciello