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Come li misurate i decenni della vostra vita? Da quale anno partite? I miei iniziano sempre verso la fine della decade: 1969, 1979 e via dicendo.
Quelli di un altro Paolo, il protagonista di Adieu mon cœur, iniziano invece nel 1983 e saltano di dieci in dieci fino al 2013 per poi fare il passo del gambero e tornare all’inizio.
Paolo è un ragazzino che vive a Genova, ha due gemelli più piccoli, Annalisa e Riccardo, e i genitori che non vanno molto d’accordo. Lui teme che prima o poi si separino.
“Divorzio è una di quelle parole che mi fanno paura, come la morte di cui parlava la signora Marelli, oppure la guerra. In classe mia ci sono dei compagni che hanno i genitori separati, e qualche anno dopo la separazione è scattato automatico il divorzio. Ora, io non voglio dire quali sono i compagni che hanno i genitori separati, dico solo che se uno ci sta attento può riconoscerli dallo sguardo, perché sono quelli che hanno le palpebre socchiuse anche quando gli occhi sono spalancati”.
(A volte a me basta una singola frase per farmi apprezzare tutto il libro).
Il migliore amico di Paolo è Luca, che lui chiama Bob Rock perché ha il nasone come il personaggio del gruppo TNT. Poi, come in tutti i quartieri e in tutti gli oratori, ci sono anche i ragazzi più grandi, i bulli, quelli che rompono le palle, come Frizzina, individui che sono nati per rompere e romperanno sempre, anche da adulti, anche quando non ci sono. Ed è proprio durante una festa in oratorio che Paolo incontra Michela, una ragazzina più grande, che gli piace tantissimo, anche se l’anno prima aveva rifiutato di unirsi a lei, perché c’era il mondiale di calcio di Spagna e a lui non passava neanche nell’anticamera del cervello di fidanzarsi. Che volete farci, da piccoli il calcio passa sopra tutto, anche all’amore della vita.
È durante una festa che finisce il primo capitolo e il primo decennio.
Nei successivi scopriamo che Paolo, dopo aver vissuto in una comunità e aver conosciuto la musica grazie a Tarcisio, è diventato pure un chitarrista famoso, il leader del gruppo Grana Grossa. Ma noi non possiamo condividere con lui questo successo perché lo ritroviamo quando ormai ha abbandonato la band e si trova in una sala d’ospedale, dove per poco non ci rimette la ghirba per un’appendicite.
Poi lo ritroviamo sposato, dedito alla musica elettronica ma sempre inquieto, infelice, alcolizzato.
In questi salti temporali molte cose sono taciute eppure la narrazione non ne soffre, anzi, alimenta la curiosità che viene poi abbondantemente soddisfatta, in modo inaspettato, a volte direi addirittura comico.
Il tema conduttore, quello che lega i cinque capitoli, è l’amore per Michela, che forse per Paolo rappresenta la droga più potente, quella dalla quale non riesce a disintossicarsi del tutto.
Adieu mon coeur di Angelo Calvisi è un libro blu, come la sua copertina.
Un libro malinconico, nostalgico, che alterna passato e presente, tre decenni. Un libro che forse può essere apprezzato maggiormente da coloro che sono nati negli anni Sessanta perché adesso, chi gioca più all’oratorio, chi gioca a pallone per strada?
Un libro che gioca sull’assenza: carente è la presenza dei genitori, lontano è l’amore di Michela, distante è la moglie francese, difettosa la sua amicizia con Luca, insufficiente la forza di volontà per resistere agli eccessi. Una storia che gioca sull’incompiutezza e la curiosità, perché non tutto viene detto pertanto i personaggi e la storia volano alto senza raggiungere il culmine. Non arrivano ad annoiare come il profumo di vaniglia e quando si arriva a capire resta qualcosa in sospeso, particolari, episodi sui quali il lettore può continuare a fantasticare.
Titolo: Adieu mon coeur
Autore: Angelo Calvisi
Editore: CasaSirio
Collana: Sciamani
Pagine: 184
Uscita: 29 gennaio 2016
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© Paolo Perlini