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Ivan Turgenev - Alla vigilia
Un classico russo di metà 800 vestito di un nuovo abito. Sul perché gli stia bene, ce ne parla Maria Teresa Renzi-Sepe.
Nella seconda metà dell’800, alla vigilia della guerra di Crimea, si svolge la storia del classico di Ivan Turgenev, per questo – e forse per altre ragioni – intitolato Alla vigilia. Riedito da Carbonio dopo l’ultima edizione italiana risalente al 1963, il libro affronta tutti i temi più cari alla letteratura russa del suo tempo (si ricollega facilmente a Dostoevskij e Tolstoj), ma strizza l’occhio anche alla letteratura francese e inglese: amore, amicizia e morte, scienza e arte, politica, inettitudine e senso di colpa.
Per gli amanti del genere, sarà un piacere divorare questo libretto, vestito di un nuovo abito. Ma anche per chi nutre scetticismo nei confronti di un romanzo dal quale potremmo sentirci più lontani che mai, ho ottime speranze. Ecco perché.
Per prima cosa, la lingua. Molti lettori preferiscono sottrarsi alla verbosità tipica del romanzo russo, così lontana dal minimalismo che amiamo oggi. Ma anche i più scettici saranno smentiti: la nuova traduzione di Mario Caramitti usa una lingua semplice quanto vibrante, che risuona come una corda di violino tesa e ben accordata.
Poi, la trama: si dipana da un triangolo amoroso, che infine diventa un quadrato. Tre uomini: Šubin, l’irriverente artista, Bersenev, lo studioso dal cuore d’oro, e Insarov, lo straniero bulgaro, difensore della patria contro l’invasore ottomano. Tutti loro sono affascinati dall’idealista iper-ottocentesca Elena, un personaggio femminile irresistibile. Attraverso di lei, l’autore propaga le domande che tutti ci poniamo, e anche come ce le poniamo: dubbi irrisolvibili sul senso della vita, senza arte né tecnica. Elena racchiude in sé Šubin, Bersenev, Insarov e tutti noi.
I personaggi sono mossi dai più umani tormenti: l’insoddisfazione, l’incapacità di incasellarsi in un ruolo, il desiderio che ci rende impazienti, insofferenti a ciò che ci circonda da sempre e che all’improvviso scopriamo banale – come una poesia che abbiamo imparato a memoria da piccoli – o addirittura nocivo. Alla vigilia è sì, un bouquet di riflessioni sulla natura dell’uomo, ma anche un vivace, emotivo e puntualissimo ritratto dei tormenti dei vent’anni. E quelli, si sa, non cambiano mai: nel 2023 – ben 170 anni dopo i fatti narrati nel romanzo che, tra le altre cose, sono realmente accaduti – ho sentito, in ogni pagina, la stessa frustrazione e indolenza nell’amore non corrisposto di Šubin, la crisi esistenziale di Elena e la sua lotta contro l’autorità genitoriale, la bontà e poi l’amarezza di Bersenev nel vedersi messo al margine dagli eventi, la risolutezza di Insarov nel resistere e combattere per amore – per la patria o una donna. Vi sfido a immergervi in questa lettura e a non avere un vostro preferito.
Ci sarebbe molto da dire anche sul contesto storico-culturale del romanzo che non approfondirò qui per motivi di spazio e mia ignoranza, ma sul quale Mario Caramitti fa un’utilissima prefazione al libro: Russia e Bulgaria nella seconda metà dell’800, un conflitto che serpeggia in tutta la trama e che termina con il finale non solo della macrostoria, ma dell’intreccio narrativo stesso.
Piccolo spoiler-non-troppo-spoiler: l’ultima parte del libro è ambientata a Venezia, descritta con una tale precisione psicologica e visiva che non si può non apprezzarla. E quale luogo migliore della città che da sempre si spopola e sta per morire – anche a detta dei suoi abitanti – per parlare di senso colpa, esistenza e morte?
Caramitti, nella prefazione al libro, si chiede se abbia senso riproporre, oggi, libri così geo- e crono-localizzati, tra l’altro già pubblicati e di autori molto conosciuti. La mia risposta è: sì. Assolutamente sì.
Compra sul sito dell'editore
Collana Origine
Traduzione Mario Caramitti
Pagine 208
Prezzo 17,00 euro
Isbn 9791280794093
Uscita 14 aprile 2023
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