Beati gli inquieti | Stefano Redaelli

Beati gli inquieti | Stefano Redaelli

La follia non è un evento pianificabile, si verifica nella nostra testa quando le condizioni sono idonee
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Ce ne parla Paolo Perlini 

Negli anni lontani del mio servizio civile, per un po’ di tempo ho frequentato i matti. Troppo poco, avrei voluto farlo di più. Il mio impegno si esaurì in pochi giorni, poi fui destinato a un’altra specie di follia. Eppure quei pochi giorni li porto dentro di me come una delle esperienze più intense e mi ero sempre ripromesso di tornare a trovarli, se fosse stato possibile. Purtroppo, a quel tempo la mia timidezza ostacolava ogni buon proposito.

Questa timidezza non ce l’ha Antonio, un ricercatore universitario che si dedica all'esplorazione del sottile legame tra follia e spiritualità. Ha approfondito le sue conoscenze attraverso lo studio sulle religioni e le pratiche di preghiera, ma per avvicinarsi ancora di più al nucleo profondo della follia, ha manifestato il desiderio di vivere personalmente l'esperienza di un paziente. In questo modo ha ottenuto il permesso di trascorrere una settimana presso la Casa delle Farfalle, una struttura psichiatrica. Questo gli permetterà di annotare scrupolosamente e condividere le autentiche esperienze dei suoi compagni di vita, coloro che sono comunemente considerati "matti".

Antonio cerca di creare un legame con ognuno dei suoi compagni. Divide la stanza con Carlo, un uomo abituato a lavorare la terra, e Simone, dedito di più ai libri. Conosce Angelo, un artista ossessionato dai complotti, inventore di cure miracolose, convinto di essere rinchiuso lì dentro perché il mondo non sa riconoscere il suo genio.

Conosce Cecilia, una poetessa dalla doppia personalità: ogni tanto diventa Tom ed è quindi difficile rapportarsi con lei. E infine Marta, bellissima, eterea, che gli colpisce il cuore. Di ognuno di loro cerca di scrivere qualcosa e scrive al presente, «perché è l’unico tempo che afferro. Scrivo le cose che accadono, su cui ho un influsso diretto, non quelle accadute che non posso cambiare. Se mi volto indietro per più di qualche istante, faccio la fine della moglie di Lot. Il passato è il tempo dei depressi: statue di sale fisse a guardare le sventure (la somma sventura?) che hanno rovinato per sempre la loro vita; dovrebbero aggiungere una sala alle Miniere di sale di Cracovia: la sala dei depressi. Scrivo al presente perché è il tempo degli schizofrenici, una specie di collante per riattaccare pezzi di vita sospesi nell’aria, senza direzione, senza passato, senza futuro.»

Il rapporto di Antonio con la direttrice della Casa delle Farfalle è piuttosto tormentato. Lei gli raccomanda di avere fiducia e cautela, perché è preferibile evitare di instaurare una relazione stretta con uno psicotico. Ma ad Antonio manca proprio la fiducia: non si fida della dottoressa. Tuttavia chiede di rimanere più a lungo. Una seconda settimana, una terza settimana...

L’indagine di Antonio diventa un’investigazione a tutto tondo, non solo sugli ospiti della clinica ma anche su sé stesso, sull’essere scrittore, sulla follia in generale.

«Se la follia fosse una musica, sarebbe polifonia contrappuntistica: linee melodiche indipendenti che si combinano in un’unica partitura. Bach ne ha fatto un’arte: l’Arte della fuga»

Beati gli inquieti di Stefano Redaelli ci fa comprendere che il folle non è privo di qualcosa, anzi, potrebbe addirittura possedere qualcosa in più. Anche troppo, e stanco di questo mondo preferisce la fuga. E la follia non è un evento pianificabile, si verifica nella nostra testa quando le condizioni sono idonee. 

Nonostante il tema, gli spunti, le profonde riflessioni che ci propone, le 216 pagine si mandano giù in un paio di sere, merito dello stile di scrittura e di un’originale struttura narrativa che coinvolge e alla fine riesce a mettere in discussione anche il lettore.

Specchiatevi in me
ve lo giuro fuori di me
non avete nessuno


Titolo: Beati gli inquieti
Autrice: Stefano Redaelli
Editore: Neo edizioni
Pubblicazione: 18 febbraio 2021

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