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La madre di George affronta il passaggio dalla gioventù alla maturità nel suo complesso di energie creatici e distruttive, di luci e ombre, di frastuono e drammatici silenzi.
Ce ne parla Erika Casciello
George Kelcey è un giovane dalle grandi aspirazioni ma confuso su come attuarle.
Vive con la madre, anziana e minuta ma coriacea come la propria fede; lei vede in lui tutto il suo mondo, l'obiettivo della propria esistenza è farne un santo; a lui, d'altro canto, questa santità non ispira per niente e nei suoi sogni si vede un tiranno, temuto e riverito.
Un giorno incontra un vecchio amico, Jones e viene accolto calorosamente nella sua triviale compagnia: per la prima volta nella propria vita, George sente di essere compreso e di aver trovato il proprio posto nel mondo. Gode del piacere che loro sembrano provare dalla sua presenza nel gruppo e si sente apprezzato e rinfrancato dalla stima che sembrano provare nei suoi confronti.
Ma questa sensazione di pace dura davvero poco. In varie occasioni George esagera coi bicchieri, diventando imbarazzante e molesto e in breve tempo si trova a pagare le conseguenze della propria condotta: tornare spesso ubriaco a casa inasprisce i rapporti con la madre, che, nel tentativo di portarlo sulla retta via, diventa una presenza sempre più opprimente e soffocante; più lei insiste con le richieste più lui si sente invogliato a ignorarle, attuando con lei quelle strategie di tirannia e di timore reverenziale che vorrebbe applicare sugli altri.
Infine perde il lavoro.
Aggravatasi la propria situazione finanziaria e sociale, anche gli amici con cui era certo di aver stretto una fratellanza cominciano a prendere le distanze da lui, che, lentamente alla deriva, si avvicina sempre più a un gruppo di malviventi che bazzica l'esterno delle taverne in cerca di qualche scazzottata. In loro riconosce una capacità di stare al mondo unica, di conoscenza dei fatti della vita, si rivede in quella sorta di ribellione anarchica alla leggi borghesi della fatica e della famiglia, che affonda le proprie radici nell'emarginazione e nel timore che incute. E questo modo di fare affascina George, che continua a cullare il proprio sogno di tirannia, il giorno della propria vendetta, della propria rivalsa.
La vita gli si intreccia davanti in un continuo gioco di luci salvifiche e ombre minacciose, come presagi di un futuro parimenti temibile, che siano le sagome dei fusti di birra proiettate sulle pareti nelle notti di bisboccia o le solenni e mistiche presenze che avvolgono i pulpiti. In varie occasioni sente il bisogno di redimersi, di non cedere alle lusinghe dell'alcool, di frequentare la chiesa con la madre, ma dopo poco lo assale nuovamente quell'urgenza di fuggire dalla quotidianità opprimente e gettarsi in strada.
La madre di George affronta, senza edulcoranti e senza romanticismi, quel passaggio dalla gioventù alla maturità, il senso di smarrimento che comporta, sempre bruciante, sempre attuale. Non suggerisce una risposta, non ci fornisce la soluzione: ogni fatto, ogni caduta, ogni avvenimento, viene riportato in modo neutro, senza moralismi o giudizi.
Nonostante il protagonista della vicenda sia George, tutto sembra ruotare attorno alla figura materna: il romanzo si apre con la sua energia vitale, il suo bisogno di ordine e pulizia, le sue giornate scandite da una routine operosa e si chiude col suo esaurimento. Al termine della lettura ci si ritrova affaticati, un po' sconfitti e abbandonati, come tardo-adolescenti di fronte alle grandi prove della maturità.
Titolo: La madre di George
Autore: Stephen Crane
Edizioni: Minimum fax
Collana: Introvabili
Genere: Romanzo
Pagine: 100
Uscita: Marzo 2023
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