La follia della società raccontata dalla lucida voce di un bambino.
di Chiara Bianchi
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«Ramón salì sul cartello della Coca-Cola situato lungo il ciglio della strada un lunedì e quello stesso giorno, mentre il sole scompariva dietro i colli che circondano le palazzine, decise che sarebbe rimasto a vivere lì. Era tardi, ma faceva ancora caldo. Un caldo che sembrava più asciutto che mai in quell’angolo di città per cui non era bastato l’asfalto, e tanto meno gli alberi.»
Inizia così il romanzo di María José Ferrada, dal titolo La casa sul cartello, seconda opera tradotta in italiano – quest’ultima da Marta Rota Núñez – per Edicola Edizioni.
La voce narrante, affidata alla lucida analisi di un undicenne, racconta il risveglio brutale dall’infanzia che sta terminando, attraverso ciò che le persone attorno vivono.
Conosciamo quindi Miguel, il bambino, sua madre, Paulina, sorella di sua madre e Ramón, il compagno della zia. Mentre Miguel osserva e vive da vicino gli attacchi di pianto e il lancio di piatti di sua madre, instaura un rapporto speciale con sua zia Paulina, che tutti credono essere sua madre. Intanto, Ramón è salito sul cartello e ogni tanto i due gli fanno visita. La descrizione di quel piccolo spazio, in cui l’uomo è deciso a restare, assume – attraverso lo sguardo critico del bambino – l’aspetto di un luogo quasi magico, pieno di scintillii provenienti dalle luci del cartello pubblicitario, dalla città sottostante e dalle stelle che illuminano le notti dell’uomo. La scrittrice sfrutta la bontà e l’ingenuo sguardo di Miguel per raccontare la situazione precaria della periferia cilena, ma anche, e forse con maggiore accento, la precarietà degli affetti nella dimensione collettiva fatta di rancore più che di solidarietà.
Il dolore delle storie personali diviene collettivo e nel trasformarsi assume tratti violenti e crudeli messi in atto per la protezione di un gruppo.
Mentre assistiamo all’ascesa e alla caduta di Ramón, il racconto del bambino si sofferma sulle ferite domestiche di esistenze separate da muri sottilissimi, molto più sottili di quelli creati per difendere il proprio spazio dai Senza Casa.
«Andai a vedere se riuscivo a trovare la bambina e i suoi fratelli. Feci un paio di giri lì intorno ma non osai spingermi oltre, visto che, se i miei vicini avevano cacciato via loro, la cosa logica era che i loro vicini cacciassero via me. Sotto certi aspetti, la vita seguiva dei meccanismi perfetti.»
Questa storia, divisa per giorni della settimana, è una disarmante parabola realistica di un pezzo di mondo. Tutto è ammantato di crudele nostalgia, persino il guardare senza poesia la fine del giorno, come fosse finito l’ennesimo giorno di agonia.
Titolo: La casa sul cartello
Autrice: Maria Josè Ferrada
Traduzione: Marta Rota Núñez
Casa editrice: Edicola Ediciones
Pubblicazione: novembre 2022
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