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Codice a sbarre è una raccolta di racconti di cui è difficile trovare una definizione. Ci sono gusti per palati di diverso tipo ma se dovessi riassumerli con una sola parola, un aggettivo, li definirei ferrosi. Quel ferro reso friabile in superficie e corroso dalla ruggine.Il lettore che ama la scorrevolezza, le parole semplici, potrebbe essere tentato di segnare una tacca sul dorso della copertina e contare quanti gliene mancano alla conclusione, come fanno i reclusi sulle pareti delle celle.
Chi ama il virtuosismo della parola, le frasi ricercate, l’assenza di banalità, è capace di rileggere con piacere le stesse frasi e ritenere di trovarsi in una prigione dalle solide sbarre, confortevole in tutti i sensi.
Comunque la si veda, di questi 13 racconti rosso bruno colorati, come suggerisce il titolo è possibile trovare una codifica. Sono legati da un filo che talvolta presenta dei nodi, delle comunanze, dei richiami fra di loro. Una raccolta che rappresenta essa stessa una prigione nel quale, come dicevo, il lettore si trova disorientato e allo stesso tempo sicuro, protetto dalle quattro mura o dalle sbarre costituite da un lessico tortuoso, metallico, ruvido.
Talvolta pare quasi di sentire il tintinnare delle chiavi e il secondino percuotere la grata con il manganello,
«Reduce da tumulti interiori costretti a bramare la deflagrante esplosione sugli stessi scenari, finalmente posso avvalermi di quell’interruttore che, scattando, ha fatto tenue luce sulla routine ormai usurata». (Da Il miglio giallo)
Un fraseggio talvolta ipnotico, sinuoso, capace di stordire e distoglierti dalla storia:
«Vittima di un’insolente emicrania, conduco due dita, laccate di nero, alla tempia sinistra e improvviso un lento massaggio il cui reiterarsi si dilata nella desolazione di quest’abitacolo accogliente e luminoso. Accavallo le gambe ostentando agio nelle movenze, mi attanaglia la voglia di fumare». (da Sacramento)
E ancora, sempre dallo stesso racconto di Sacramento:
«È mia iniziale intenzione bere con calma ma poi ricordo che non mi interessa viziare le papille gustative e così trangugio selvatica. Sollevata dal fatto che nessuno può giudicare siffatta avventatezza, mi concedo persino quell’insostenibile rumore nel quale si esibisce la glottide nell’inghiottire».
Nel racconto più lungo, La farfalla del limone, (che si presta per essere sviluppato maggiormente), la patina di ruggine che copre le sbarre sembra sgretolarsi per lasciare posto al ferro nudo, lucido, cangiante come una spada o la lama di un rasoio. E strappare quasi una lacrima.
Racconti scomodi come la brandina di una cella, un letto di contenimento; confortevoli come il buio totale quando anche la più piccola luce dà fastidio.
Titolo: Codice a sbarre. Storie di assenti e di simbionti in cattività
Autore: Giulia Tubili
Genere: racconti
Casa editrice: Il ramo e la foglia Edizioni
Data di Pubblicazione: giugno 2022
Formato: cartaceo
Pagine: 123
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