Due banditi assaltano un ufficio postale. Dei tre impiegati, due sopravvivranno ma, per l'opinione pubblica, uno da eroe e uno da codardo. Due vivi e un morto è un romanzo novecentesco sobrio, lucido e, nelle dinamiche sociali narrate, ancora inquietantemente attuale.
di Erika Casciello
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In quello che parrebbe un venerdì come tanti, due banditi assaltano l'ufficio postale di un tranquillo paesino delle parti di Oslo. Al momento della rapina, intenti nelle operazioni di chiusura delle casse, occupano l'ufficio postale tra impiegati sulla quarantina: Kvisthus, Lydersen e Berger. Kvisthus, il più giovane dei tre, viene apparentemente ucciso immediatamente, Lydersen stordito e, per ultimo, Berger, il protagonista del romanzo, che, trovandosi faccia a faccia con i due malviventi e conscio della sorte appena riservata ai colleghi, decide di consegnare la cassa senza opporre resistenza.È però al momento di ricostruire i fatti che qualcosa s'incrina: il contegno dei primi due impiegati, nonostante l'evidente irreversibilità delle conseguenze, viene letto in una chiave di coraggio e abnegazione; al contrario, la ragionevolezza di Berger, assume una connotazione vile e pavida. Nulla può il giovane per ingraziarsi il favore del pubblico, avido di emozioni forti e di eroi da consacrare, pronto a piangere il morto Kvisthus e osannare il ferito Lydersen. Anzi, passati i primi attimi di sgomento, tutti paiono considerare poco probabile il reale rischio corso da Berger e la sua credibilità, sia a livello personale, sia a livello lavorativo, subisce un forte contraccolpo.
Dopo aver realizzato di non avere nessuno dalla propria parte tranne il figlio cinquenne, ovviamente grato di avere a casa il papà sano e salvo, Berger elabora in solitaria il senso di ingiustizia e sconfitta, isolandosi sempre più e chiedendo un trasferimento a Oslo, nel tentativo di sottrarsi al quotidiano supplizio di sguardi giudicanti e malelingue e di un ambiente lavorativo che non gli riconosce più i meriti acquisiti in tanti anni di impeccabile operato per preferirgli il meno dotato ma più vanaglorioso Lydersen.
Ma è proprio nella grande città in cui cerca animato che il passato lo insegue, portandolo a confrontarsi nuovamente col rapinatore. Venuto così a conoscenza dei retroscena della vicenda, si riaccende in lui il desiderio di riscattare la propria persona dallo stigma infamante del vile.
Cosa resta degli eroi caduti? Una volta deposta la corona funebre e macerati i giornali con i necrologi pubblicati, cosa rimane di loro? Chi, loro malgrado, gli sopravvive, ovviamente. Ma non di gloria si sfama l'uomo, quindi chi consegnerebbe i propri cari alla miseria e alla solitudine se avesse possibilità di scelta? Sono questi gli interrogativi che tormentano Berger, amareggiato dal destino riservato all'amico Kvisthus e avvelenato dal rancore nei confronti del collega Lydersen, l'unico personaggio della vicenda ad aver tratto profitto dalla rapina con ogni espediente, mentre lui, colpevole di aver messo la propria incolumità al primo posto, si trova di fatto a vivere un'esistenza svuotata di ogni ambizione.
Di fatto l'opinione pubblica tende a biasimare maggiormente Berger di non aver colto l'occasione per agire irrazionalmente, di non essersi fatto accecare dalle tumultuose umane passioni, di quanto sia invece disposta a biasimare i criminali per il delitto di cui si sono macchiati.
Un altro tra i temi portanti del romanzo è infine il riscatto sociale; l'ambizione, l'eroismo, l'appropriazione criminale di denaro sono tutti espedienti per elevarsi socialmente e distinguersi dalla mediocrità dell'individuo comune. Che questa bramosia non sia in cima alla lista tra i bisogni di un individuo risulta di difficile comprensione ai più.
Due vivi e un morto è un romanzo sobrio, lucido e sempre attuale, un bell'esempio di letteratura scandinava novecentesca con tutte le caratteristiche di un vero classico.
Titolo: Due vivi e un morto
Autore: Sigurd Christiansen
Edizioni: Minimum Fax
Collana: Introvabili
Genere: Romanzo
Pagine: 185
Uscita: giugno 2022
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