Nove racconti per scavare sotto strati di precarietà emotiva e lavorativa
di Chiara Bianchi
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Pubblicato negli Stati Uniti nel 2011, grazie alla cura di Racconti Edizioni e alla formidabile traduzione di Emanuele Giammarco, Orientamento di Daniel Orozco arriva nelle nostre librerie a riempire uno spazio speciale nella sezione short stories.
Una raccolta di nove racconti che viaggia tra la letteratura del lavoro e quella dei sentimenti, in una porzione di mondo, il continente americano, della quale si indagano strato dopo strato il mondo del lavoro, della precarietà – sociale, economica e psicologica – diversi livelli di solitudine.
Orozco ha una scrittura diretta, fluida, ricercata nel ritmo e nella scelta, interessante e assolutamente pertinente, dell’utilizzo dell’ironia, anche dove il dramma si sta consumando silenzioso.
Non ci serve sapere tutto – è qui che c’è la bravura e la maestria ereditate dai grandi raccontisti nordamericani, come Carver – ma quello che viene raccontato è sufficiente per ritrovarci, per esempio, accanto al neoassunto protagonista silenzioso di Orientamento, dalla cui voce sentiamo dire solo la domanda «In che senso?» mentre viene inondato da una serie di informazioni/vademecum strettamente lavorative e prettamente confidenziali; oppure sull’impalcatura sotto Il ponte, dove siamo spettatori increduli e talvolta divertiti, prima di assistere a un’amara verità.
La caratterizzazione dei personaggi è particolarmente legata alla scelta dei soprannomi, una costante, un marchio di riconoscibilità di ogni esistenza raccontata.
«Per un po’ sono stato l’ultimo arrivato, finché non hanno assunto Ruben. Mi chiamano ancora Quello Nuovo però. Una specie di battura, credo».
In Storie di fame, piccoli quadri ci permettono di entrare nella vite dei personaggi studiando l’effetto che la fame, vizio capitale e allo stesso tempo necessità primaria, nel divenire causa o conseguenza dell’evento-tema: l’obesità, i rapporti interpersonali, le ritualità (il rinfresco post-sepoltura, fare la spesa nelle ore più improbabili), la solitudine, anzi, le solitudini, poiché diversi sono i momenti, in queste storie, in cui strato dopo strato, indagando sempre più a fondo, queste solitudini corpose, insolenti, provocanti e necessarie, attraversano l’esistenza dei personaggi (lo leggiamo in Vado a correre ogni giorno, Semplici legami, Racconti interinali la cui protagonista, Clarissa Snow, ci fa vivere il suo stato disorientante di precarietà lavorativa che non le permette di dire di no).
Orozco omaggia anche la Storia del suo Paese natale, il Nicaragua, raccontando ne Il sogno di Somoza gli eventi che vedono protagonista il presidente-in-esilio in Paraguay.
La vitalità del linguaggio esplode nei due racconti L’agente è scontento in cui il report di ogni intervento di una squadra di agenti di polizia diviene una mini-storia a sé, tra le cui fila si dipana la storia più banale, e forse la più pericolosa; in Scosse partecipiamo a quarantatré secondi di terremoto californiano. Entriamo e usciamo nella vita di diversi personaggi, come scene di un film ad altissima tensione, viviamo in loop quei momenti di terrore o di semplice vita incrinata dall’evento naturale.
E quando apparentemente non sta succedendo nulla, queste storie ci dicono che, proprio allora, si sta realizzando qualcosa.
«Dove sei, ci arrivi da solo. C’è poco da rivangare. È così che vanno le cose».
Autore: Daniel Orozco
Traduzione: Emanuele Giammarco
Illustrazioni: Nemo’s
Pagine: 192
Formato: 12×18
Isbn: 978-88-99767-82-2
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