Gli annegati – Lorenzo Monfregola
Una delirante esperienza di un personaggio “normale”
di Chiara Bianchi
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Lorenzo Monfregola firma il suo esordio letterario con la lungimirante casa editrice il Saggiatore scrivendo un romanzo ambientato a Berlino, capitale indiscussa della Techno e meta di richiamo per moltissimi stranieri, tra i quali anche italiani, che decidono di fermarsi come Arthur Cipriani, il protagonista e voce narrante e delirante di questa storia.
«Il fiume puzza del mondo intero e io ci sto affogando dentro.»
Le prime parole di Arthur sono intense. C’è il fiume, la Sprea, ci sono le persone e c’è lui che vive il disagio emotivo e fisico dell’affogarci dentro (nel fiume e nelle persone). L’acqua è l’elemento guida, essa è vita e morte, è la sostanza di cui sono fatti gli esseri umani.
Arthur si ritrova nel fiume, profondo e puzzolente, non sa come ci sia finito, non ricorda, annaspa nell’oscurità, nel buio dei ricordi. L’acqua scorre senza tempo, ma con ritmo continuo, mantenuto anche nelle parole. Tutto è in accelerazione, entriamo e usciamo dai suoi pensieri. Un tumulto di domande sul suo presente, sul suo passato e su ciò che verrà, ma in quei cinque giorno di luglio, l’estate berlinese, Arthur impara a nuotare tra le creature che ruotano attorno a lui. Esse sono caratterizzate da estremismi, creatività, realizzazione, motivazione, pentimenti. Queste creature giocano a dadi col proprio vissuto e a volte vincono, o almeno credono di vincere, falliscono, si rialzano e ricadono. Sembrano persi nella loro ricerca della felicità. Dispersi nelle vie di una Berlino descritta con lucidità traboccante (il che è paradossale per una persona che non ha memoria del suo passato più prossimo), senza filtri e con un linguaggio vivo, sporco, vero.
Arthur inciampa nella vita degli altri senza capirne il senso, in un continuo domandarsi il perché della sua presenza, in un qui e ora nel quale non si riconosce, ha perso la bussola, non sa dove gli eventi lo condurranno, ma guidato dalla curiosità, e da una sorta di ingenuità maldestra e un po’ bambina, non arresta e procede lungo quel fiume di esperienze che la vita gli presenta.
Arthur Cipriani rappresenta la gente che vive nel limbo degli sradicati, dei post-identitari – coloro che vivono senza alcun aggancio con le proprie origini culturali e sono restie nell’accettare il compromesso cosmopolita – i quali camminano tormentati dall’angoscia, demone che li accompagna per le strade della metropoli.
«Cazzo, quanto sta crollando il mondo? Sta crollando, tutto, lo sento: questo è un tempo che non ha più un nome: le cose ormai succedono e basta.»
Attraverso gli occhi di Arthur siamo in grado di guardare la metropoli berlinese con occhi nuovi, dove i contrasti e le mutazioni sono all’ordine del giorno, ma non per questo sono elette al male. Nella confusione dei ricordi, che riaffioreranno come egli stesso riaffiorerà dall’acqua, attraverserà le strade di Berlino e dal centro si muoverà verso la periferia dove la vita pare sfuggita al controllo della velocità e del cambiamento. E lì incontrerà Kimiko, lei metterà in moto un solo e unico desiderio in Arthur, la possibilità di essere amato e di amare.
«Kimiko e io continuiamo ad avanzare sullo scooter, sotto a un sole sempre più bianco, con le nostre due inettitudini ricamate in faccia: capitati qua per caso, sia al mondo che in questo stradone intransigente e lussuoso: né cittadini, né turisti, né rifugiati, né ospiti, né padroni: disgraziati tra i fortunati, fortunati tra i disgraziati: è un equivoco, è tutto un interminabile equivoco.»
Sì, Gli annegati è anche questo: riconoscere che un’esistenza senza amore è paralizzante. E allora Arthur si avventura in nuove acque, placide e inesplorate, si affida alla possibilità di amare, di trovare appiglio nelle persone per costruire qualcosa, insieme.
La densità dei temi che attraversano trasversalmente tutto il racconto come la droga, i club, gli eccessi sessuali, la geopolitica, il femminismo, il neonazismo, sono messi nelle parole dei personaggi che ruotano intorno al protagonista, il quale di tutta risposta esprime la sua inadeguatezza con il silenzio. Egli ascolta, assorbe i contrasti, non ribatte, affonda la mente nella ricerca dei suoi ricordi perduti. Quasi a dirci che senza una presa di coscienza individuale non possiamo neanche lontanamente scontrarci con la realtà collettiva.
In una metropoli in cui la multiculturalità ha dato vita a un vero e proprio dialetto, il Kiezdeutsch è un misto di tedesco, parole arabe e altre lingue, non è difficile immaginare una conversazione tra persone provenienti da diversi Paesi, nella quale di mescolano diverse lingue proprio come succede nei dialoghi di questo romanzo (sembra impossibile la comunicazione interpersonale, ma le facoltà del linguaggio sono infinite!). Monfregola raccoglie le sue percezioni sulla città di Berlino, nella quale vive, e le amalgama con la storia dei suoi personaggi in un intreccio narratologico interessante e senza dubbio innovativo, con uno sguardo al linguaggio cyber-punk e uno stretto abbraccio al ritmo della scrittura di Miller.
Cosa giace sul fondo del fiume Sprea, noi che guardiamo solo la superficie?
C’è l’inadeguatezza che fa a cazzotti con il concetto di normalità, ci sono i cadaveri di chi non ce la fa a tenere il passo con la velocità della società densa di contraddizioni, c’è il futuro che non vediamo perché siamo stati abituati al qui e ora. E allora, forse, ancora una volta la ricerca della felicità trova e ritrova le sue radici nell’amore, nel tenersi per mano. Nessuno annega da solo se è felice, questo è quello che pare dirci Arthur Cipriani e sembra chiederci di riscoprire il coraggio di rifuggire la superficie delle cose, addentrarci nella melma putrida e maleodorante per guardare oltre, anche se è difficile.
«Mi immergo per non sentire più niente, ma sott’acqua le urla sono ancora più forti, non c’è scampo.»
Editore : Il Saggiatore (1 aprile 2021)
Lingua : Italiano
Copertina rigida : 368 pagine
Peso articolo : 440 g
Dimensioni : 15.2 x 2.6 x 21.6 cm
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