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Antigone | Monologo per donna sola
Voi credete nel destino?
Lo so, è una domanda un po’ strana, ma se vivete anche voi di cinismo e falsa cattiveria a celare un morbidissimo cuore di panna (qualcuno un giorno mi spiegherà perché le similitudini più eloquenti che utilizzo siano legate al cibo), cederete a questa storia un po’ strana un po’ romantica e capirete il senso di questa domanda. Primavera 2018, Torino e dintorni.
Una necessità impellente di felicità e di bellezza, di quelle che si attaccano umide allo stomaco e vi consumano dall’interno se non soddisfatte, fredde, marcescenti.
Poi il calore, l’incendio dirompente che provoca un’improvvisa felicità inaspettata: il mio primo anno al Salone Internazionale del Libro di Torino non da spettatrice.
Tuttavia non è neppure questo il centro focale della storia, il cuore è un libro.
Un libro che ho rincorso per quasi un anno come un fantasma, una scia evanescente… La mia balena bianca personale.
Il nostro primo incontro avvenne per caso in giro per la fiera, su un bancone pieno di libricini di quella che allora era una casa editrice che non avevo mai sentito.
Ricordo la superficie ruvida di carta grezza della copertina bianca, manco a farlo apposta, in netto contrasto con il rosso acceso dei caratteri del titolo, ricordo un’immagine di donna rannicchiata su un fianco, a leggere, e la fascia rossa che portava tra i capelli.
Era un libro vivo, di quelli che un po’ ti cambiano dentro anche se sono semplicissima carta stampata.
L’amore fu profondo e improvviso, un colpo di fulmine.
Me lo lasciai scappare.
Complici la mia bassissima soglia dell’attenzione e la promessa di un caffè, mai mantenuta per altro (grazie Manfredi).
Naturalmente non mi appuntai il titolo del libro, né la casa editrice, né l’autore.
Naturalmente era l’ultimo giorno di Salone.
Naturalmente scordai anche i dettagli della copertina.
Mi rimasero in testa solo una vaga figura di donna rannicchiata e il bianco asettico che la circondava, nient’altro.
La ricerca iniziò, matta e disperatissima, chiesi aiuto a chiunque ma nessuno sapeva nulla, e cedendo al superpotere della mia generazione chiesi infine a mamma internet.
Avete mai provato a scrivere “donna rannicchiata” su Google? Ecco, non fatelo.
Il tutto risultò un frustrante, colossale e anche parecchio imbarazzante buco nell’acqua.
Finì per arrendermi mettendo da parte la dolcissima dama bianca e continuando a vivere la mia vita presa dalla banalità dell’esistenza, quel piccolo volumetto trovò pace in un angolino remoto della mia mente e lì rimase, inattivo per molto tempo.
Poi, successe.
Primavera 2019, quasi un anno dopo, ancora felicità dirompente ancora Torino.
Dopo un casualissimo pranzo post laurea mi ritrovai a boccheggiare per via Rossini, e finì per passare accanto a quello che mi sembrò un miraggio: una libreria.
Entrai in quel regno di legno e storie stampate con una strana eccitazione in corpo, pensai fosse ancora il vinello del pranzo.
La prima cosa che notai furono le pagine attaccate alle pareti e il sorriso smagliante di Mattia, il libraio.
Parlammo tanto, per lo più lui stette ad ascoltare i deliri partoriti dalla mia incontenibile diarrea verbale del momento, riuscì persino a strappargli un abbraccio, d’altronde i matti si assecondano, no?
Ecco, Mattia, se stai leggendo questo qualunque cosa esso sia, scusa il mio essere molesta e grazie per avermi ascoltata, ne avevo bisogno.
Innumerevoli ore di ciance dopo capì che era ora di lasciare un po’ di tregua a quel povero ragazzo, e nel pagare troppi libri che non avevo neanche preventivato di comprare mi tornò in mente la dama bianca, come un fulmine a ciel sereno.
“Non è che avresti un libricino bianco? Ci dovrebbe essere una donna in copertina… Sì mi rendo conto che sia un’impresa impossibile ma…”
Non finì neanche la frase, Mattia sparì in una stanzetta dietro la cassa e tornò un secondo dopo con un libricino in mano, un libricino bianco.
Quel giorno capì esattamente la differenza tra un libraio e il commesso di una libreria.
Era lui, non riuscivo a crederci, dopo quasi un anno il libricino era tra le mie mani tremanti.
Ecco, ora io ve lo richiedo, ci credete nel destino?
Dopo quel giorno, nonostante il mio animo estremamente cinico, un po’ iniziai a farlo.
Ciao, sono Nadia, e quello che sto per presentarvi è “Antigone – Monologo per donna sola” di Debora Benincasa.
A un libro del genere bisognerebbe essere naturalmente predisposti, come suggerisce la Benincasa stessa, la storia è quella dell’Antigone classica, la tragedia dell’eroe bambina che da sempre è considerata simbolo della lotta alle ingiustizie.
Parliamo di un libro che è prima di tutto uno spettacolo teatrale, con ciò che ne compete, dunque un coinvolgimento totale dello spettatore/lettore.
Se dovessi trovare una definizione a questo volume direi che è il libro delle cause perse, mi rendo conto che questa non sia la più lusinghiera delle descrizioni ma è, difatti, quella che gli calza meglio, se siete infatti il genere di persona che nella vita combatte solo battaglie che è certo di poter vincere bene, questo libro non fa per voi.
La nostra Antigone è destinata a fallire, ancora e ancora, eppure non cede di un millimetro, esibendo una fragilità una cocciutaggine e un’estrema fedeltà verso se stessa e i propri ideali che fanno commuovere, e tutto ciò solo per rincorrere un vaga speranza di felicità sempre più irraggiungibile, parliamo pur sempre di una tragedia.
Ma il bello di questo libro, oltre alla rilettura in chiave moderna nella quale sono presenti continui riferimenti alla cultura 90’s che mi hanno fatta letteralmente impazzire, è la facilità con cui l’autrice riesce ad altalenare tra momenti di estrema leggerezza e momenti di profondo pathos, congelando il lettore in un sorriso ebete subito prima di prenderlo a pugni nello stomaco con la delicatezza di un tir.
La vicenda si snoda velocemente, Antigone fa dapprima un rapido riassunto delle “puntate precedenti” con toni che variano dall’ironia al sarcasmo al comico a tratti, fino a giungere al vero e proprio monologo centrale.
Le illustrazioni, poche, in bianco e nero, quasi schizzate a matita sono perfette per sottolineare i punti principali della storia e la sua eleganza.
Menzione d’onore alla citazione presente tra le prime pagine, Balto resterà per sempre una parte fondamentale del cuore di noi giovani Millennial.
Insomma, bello il formato, belle le illustrazioni e le parole che ci stanno dentro, bellissimo il pathos e il coinvolgimento del lettore/spettatore...
Riderete con lei, piangerete con lei e con lei spererete, fino all’ultimo, fino a quel piccolissimo secondo finale in cui sarete consci che il lieto fine per Antigone non ci sarà, ma sarete comunque con lei fino alla fine e questo dovrà pur valere qualcosa.
Autore: Debora Benincasa
Progetto grafico: Andrea Spione
Illustrazioni: Antonio Amodio
Titolo: ANTIGONE – MONOLOGO PER DONNA SOLA
Editore: SuiGeneris editore
Anno di pubblicazione: Aprile 2017
Prezzo di copertina: 10,00 €
Pagine: 62
© Nadia Caruso