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La Libia dista dall’Italia 355 chilometri. La Libia di Francesca Mannocchi ci ricorda di quanto questa distanza ci tocchi da vicino.
Libia, di Francesca Mannocchi - Gianluca Costantini
La Libia…se non ricordo male mio nonno paterno ci andò a combattere. Secondo i racconti di mia nonna, lui per sbaglio ammazzò una pecora. E tutto finì lì.
L’altro mio nonno lo chiamavano Tripoli ma in Libia non ci andò. Lo chiamavano così perché faceva il muratore ed era sempre “abbronzato” come un libico.
La Libia l’abbiamo conquistata, l’abbiamo violentata con le operazioni dei nostri criminali di guerra, mai processati. Secondo il progetto fascista, doveva essere parte della Grande Italia. Non andò così, siamo dovuti fuggire e ora la viviamo con insofferenza, come se fosse una ciste da estirpare, un callo da levigare, una cuticola da togliere.
Eppure, nonostante il nostro passato di colonizzatori, la conosciamo ben poco e quel nulla che sappiamo proviene da qualche notizia dei telegiornali.
Ma esiste un’altra Libia, drammatica e reale, e di questo ci parla e ci illustra il nuovo libro di Francesca Mannocchi e Gianluca Costantini: "LIBIA", una graphic novel della collana Oscar INK
Francesca Mannocchi ha lavorato in Libia, Tunisia, Iraq, Siria ed Egitto occupandosi dei temi della guerra e dei migranti; Gianluca Costantini è un attivista per i diritti umani ed ha messo il proprio talento artistico al servizio di importanti cause umanitarie.
Forti di questa loro esperienza ci offrono una graphic novel che per la purezza del tratto, la suggestione del bianco e nero e la drammaticità del racconto, ci ricorda i lavori di Joe Sacco.
Il primo racconto riporta la testimonianza di Hussein. Era uno dei detenuti di Abu Salim, un carcere di massima sicurezza e secondo Human Rights Watch, nel 1996 sono stati trucidati 1270 prigionieri.
“Quello che non dicono le parole lo dicono i silenzi, le omissioni. Spesso sono omissioni di sopravvivenza…”
Hussein ha rimosso per andare avanti ma la paura rimane perché la dittatura ti resta dentro, anche quando per gli altri è caduta. I sopravvissuti al regime si riconoscono subito perché si accertano sempre di non essere ascoltati, osservati o seguiti. Si guardano sospettosi alle spalle.
E poi ci sono i ragazzi che hanno combattuto il regime di Gheddafi e ora, quasi quasi lo rimpiangono, perché quando c’era lui (vi ricorda qualcosa?) si sentivano al sicuro e i beni essenziali non mancavano.
Ci sono le madri, che attendono il ritorno dei figli dal fronte, gli scafisti, che esistono soltanto nella nostra immaginazione, altre figure, tante, che strappano più di un pensiero.
Non so se la lettura di Libia farà cambiare idea, opinione, convinzione a coloro che parlano di porti chiusi, ONG taxisti del mare e che semplificano la questione ipotizzando affondamenti o addirittura deterrenti nucleari. Basterebbero i toccanti e drammatici reportage della stessa Mannocchi, non da ultimo quello andato in onda a "Propaganda Live" il 29 novembre scorso.
Forse la lettura delle pagine permette di prendere qualche pausa, riflettere, tornare indietro, rileggere una frase.
Alla fine mi rimane anche un dubbio, un timore, che è brutto da dire: questi scappano alla ricerca di un futuro migliore. Desiderano un paese dove stare meglio, realizzare i propri sogni. Noi invece, ho l’impressione che stiamo tornando indietro per diventare un po’ come loro.
Libia | Francesca Mannocchi - Gianluca Costantini
Copertina flessibile: 144 pagine
Editore: Mondadori (23 ottobre 2019)
Collana: Oscar Ink
Lingua: Italiano Pagine: 144 p., ill.
© Paolo Perlini