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"Si chiama Andrea" è il primo lavoro di Gian Luca Favetto che mi passa tra le mani (nonostante lui sia un autore molto prolifico che ho scoperto con piacere; e infatti già tre giorni dopo aver cominciato questo romanzo già ne avevo comprato un altro).
Indagando la sua biografia noto che si tratta di un autore eclettico, che ha pubblicato con moltissime case editrici sperimentando diversi generi; è inevitabile quindi pensare come questo titolo possa essere stato immaginato appositamente per rientrare nella collana BookClub di 66th and 2nd, che ama i testi sperimentali e decisamente fuori dagli schemi.
Parto subito spoilerandovi il finale della recensione: il libro mi è piaciuto, e moltissimo. La scrittura di Favetto è precisa ma si abbandona in maniera totalmente naturale a momenti di lirismo e di bellezza unici, ha una delicatezza che non ammette però atteggiamenti melensi, non è mai a caso, mai gratuita. Salta molti piani temporali, cosa che a me non dispiace affatto, perché compone un puzzle della storia un po’ per volta, senza dire troppo tutto insieme.
La storia è lineare e relativamente semplice (ma ha dei risvolti davvero inaspettati sul finale). Potremmo dire che si tratti di uno pseudo romanzo di formazione della nostra protagonista, Andrea, una bambina che da piccola deve convivere con un nome da uomo, e crescendo esplorerà se stessa scoprendo soprattutto di non essere sola, ma abitata da molteplici personalità.
Da adulta Andrea diventa un’agente immobiliare appassionata del proprio lavoro; ci sono moltissime analogie tra il lavoro di Andrea e la sua ricerca di un’identità, e tutto il romanzo gioca su questo doppio significato, tra il trovare il proprio posto nel mondo in maniera letterale o metaforica:
“Le case sono sorelle delle poesie. Nelle poesie ci sono le stanze e le stanze ci sono nelle case. Là ci sono strofe, qui metri quadrati; là gli attacchi, qui le aperture; là rime e assonanze, qui mobili e balconi. Sono fatte di spazio e di pareti, le case e le poesie”.
Per ognuno di noi è difficile crescere fronteggiando le proprie paure, confrontandosi con gli altri, con le aspettative altrui; Andrea deve però combattere soprattutto contro se stessa, contro le personalità che la abitano e che prendono il controllo del suo corpo quando meno se lo aspetta. Forse proprio per questo vendere case le dona così tanta felicità, perché attraverso il suo lavoro ogni persona occupa lo spazio a cui è destinata; persone che abitano case, e non persone che sono case, com’è lei, anzi, condominio, struttura complessa ricca di pieni e di vuoti e di spazi oscuri.
“Ogni tanto pensava al suo nome, Andrea. Il mio nome sono io, pensava. Sono è la prima persona singolare del presente indicativo del verbo essere. È anche la terza persona plurale. E io è una parola ambigua: dentro, si nascondono in tanti. Se si nascondono bene, è difficile trovarli”.
La forza di Andrea ha un fascino inspiegabile: è allo stesso tempo forte fin da bambina, e fragile, risoluta ma piena di domande, è piena di persone attorno e dentro di lei, ma è sola.
“La solitudine, avrebbe capito anni dopo, non è un territorio che si attraversa, né che si abita. La solitudine sei tu che cammini e non hai orizzonti da condividere, non hai palpiti che ti accompagnino, non hai passi che ti affratellino e non sei ancora abbastanza lontana. Questa è la solitudine”.
Si chiama Andrea | Gian Luca Favetto
Copertina flessibile: 370 pagine
Editore: 66th and 2nd (2 maggio 2019)
Collana: Bookclub
© Christina Bassi